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martedì 3 settembre 2013

Pacifismo ai tempi della guerra in Siria


Appena finita la guerra la mia famiglia era ancora sfollata in montagna, nella bergamasca. Avevo 3 o 4 anni e abitavamo una villa con un grande giardino. Una notte, nel campo di fronte al nostro cancello, al di la del viale di tigli, si sentirono delle urla, così mi dissero perché a quell'etá il sonno è profondo e non ricordo di averle sentite. Era inverno e c'era la neve che si stava scogliendo sul prato. Il mattino dopo mio padre mi portò con se a vedere cosa era successo. Attraversammo il campo in direzione di un gruppetto di persone che sostavano guardando a terra. Quando arrivammo ci accorgemmo di una grande macchia rossa nella neve. Avevano nella notte ucciso un uomo, pare un "fascista" che andava a trovare la moglie nel vicino sanatorio. Una vendetta di qualche presunto "partigiano" che non aveva deposto le armi. L'avevano ammazzato a calci e per terra, dopo che lo avevano portato via con un carretto, erano rimasti i denti rotti e il sangue. Perché raccontare questo aneddoto, vi chiederete? Perché credo che questo episiodio sia stato il mio primo contatto con un delitto assurdo, la banalitá del male e abbia segnato indelebilmente la mia sensibilitá. Da li è sorto il mio rifiuto della violenza e della guerra. Ma essere pacifista non è un problema da poco, i mass media ci rimandano in tempo reale le immagini di questi bambini siriani che assistono quotidianamente ai massacri della guerra civile. Diventaranno pacifisti? Non credo. Solo se saranno capaci di dominare la rabbia e la paura. Non è un compito facile e quindi la maggior parte saranno dominati dallo spirito di vendetta che fará di loro i fautori di altri conflitti. Questa è la turpe ereditá della guerra: creare i presuposti psicologici per altre guerre. Hilmann affermava che vi è "un terribile amore per la guerra", diventato poi il titolo di uno dei suoi ultimi libri. Estirpare questo archetipo è pressoché impossibile se non lo riconosciamo come tale. Ma noi viviamo in una societá organizzata su modelli che esaltano il conflitto. I valori che respiriamo fin dall'infanzia esaltano le virtu belliche che ritroviamo anche nella vita civile. Fino a non molto tempo fa, ancora oggi in provincia, il maschio si identificava con la divisa che in gioventù aveva indossato da militare. L'economia esalta la competitivitá con un linguaggio da guerra, conquiste di mercati, vittorie, sconfitte, combattimenti e il dio denaro regna sovrano. Le guerre hanno sempre dei risvolti economici, chi lucra sulla rabbia e la paura? L'opinione pubblica viene manipolata usando ad arte i mezzi di comunicazione di massa per provocare lo sdegno necessario per giustificare la guerra. Si parla infatti di guerra di immagini e della propaganda ma è su questo fondamento di aggressivitá, generato dalla paura e dalla rabbia, che poggia la morale publica che la promuove. Come per il dilemma siriano, Tolstoj si interrogava sulla moralitá di intervenire in un conflitto attraverso il suo personaggio Levin in Anna Karenina: "se tu vedi uno che assale una donna o un bambino che fai? Non intervieni?" Risposta: " Si ma questa è una mia scelta persoale per difendere il più debole e non per uccidere." Gli stati invece quando decidono di entrare in una guerra, da una parte o dall'altra, sanno che rilasciano licenza di uccidere come del resto lo sanno i produttori di armi che vendono ai contendenti. Bisognebbe denunciare e punire le banche che si prestano a questi trasferimenti di denaro come per il riciclo di origine mafiosa. Colpisci chi specula e guadagna con la guerra e toglierai di mezzo molte fonti che la alimentano. Veniamo ora al punto dolente della guerra siriana, dell'uso dei gas e dei bambini uccisi o resi orfani. La comunitá internazionale deve intervenire o no? A parere mio non si migliora la situazione aggiungendo della violenza alla violenza e aumentendo il substrato di paura e di rabbia. La guerra è un fuoco che si alimenta con le rivendicazioni, le vendette e le punizioni. Gli esempi della storia, anche recente, sono li a dimostrarlo. La follia si disarma con la pacatezza, la saggezza e la calma. Con il passaggio da un pensiero dicotomico ad un pensiero sistemico. Kant indicava due strade per la pace perpetua. Una è quella di un organismo di diritto internazionale riconosciuto che giudichi le cause fra stati, ed ora c'è l'ONU. La seconda è l'abolizione degli eserciti permanenti, ovvero la smilitarizazzione della societá e della cultura. Questa è ancora di là da venire e riguarda tutti, è una nuova cultura che coinvolge anche l'economia: altro che missili per operazioni chirurgiche. "La bellezza salverá il mondo" diceva il principe Miskin nell'Idiota di Dostoevskj, Hillmann diceva la stessa cosa in modo diverso, ma quale bellezza vi è nei missili che esplodendo producono altre macerie e morti oltre a quelli che giá ci sono? Diamo il mondo ai poeti e salveremo la terra. 

2 commenti:

  1. La guerra è bella anche se fa male diceva una nota canzone di un cantautore italiano.
    Dietro ogni azione bellicosa si nascondono ambigui interessi. Primo fra tutti gli interessi politico-economici.
    Il potere di alcuni stati deve essere sempre dimostrato con ogni mezzo.
    Storicamente lo sbarco degli americani è stato giustamente salutato come segno di libertà verso l’oppressore. L’Italia nel 1945 è stata salvata dagli americani, così come il resto d’Europa.
    Gli americani liberandoci ci hanno trasmesso però anche il loro sistema economico. Possiamo quindi ritenerci ora più liberi?
    In anni recenti, gli Stati Uniti hanno salvato l’Iraq e il mondo da Saddam Hussein.
    Dubbi sulla motivazione di questo intervento ne abbiamo avuti tanti. Chi si nasconde davvero dietro queste guerre moderne? E’ davvero necessario fare la guerra per portare la pace? Quanti interessi economici si nascondono dietro la parola PACE e LIBERTA’?
    La guerra è bella, solo per chi traffica con le armi, per chi ne trae profitto.
    Ma la guerra fa male, a tutti quei popoli sottomessi agli interessi economici delle super potenze. La guerra fa male alle città che vengono distrutte, alla storia di quel paese che viene raso al suolo.
    Oggi non ha più senso fare le guerre con le armi.
    Occorre combattere le nuove guerre con le parole, con la democrazia e con lo sviluppo economico.
    Fabrizio Patriarca

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    1. Non conosco questa canzone ma secondo me la guerra non è mai bella. Forse quelle di un tempo, quando gli eserciti si schieravano uno di fronte all'altro prima di azzuffarsi, potevano affascinare ma poi vi era la macelleria e il campo di battaglia diventava il luogo degli orrori. La ricerca della bellezza può essere invece un buon antidoto alla guerra. Secondo Hillmann Venere disarma Marte, un esteta non può che odiare la guerra.

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