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martedì 7 ottobre 2014

Francesco d'Assisi


                                           Autunno, acquarello su carta cm. 26x32



L'altro giorno era la festa di San Francesco e indugiavo in alcune riflessioni poichè questo santo cristiano viene considerato il più ecumenico ed ecosofico di tutti i numerosi mistici saliti all'onore degli altari. Il suo messaggio assomiglia molto a quello dei maestri di yoga indiani. Il suo riferirsi al passo evangelico in cui si esorta il credente a non preoccuparsi del futuro ma di affidarsi alla Provvidenza è sempre piaciuto, soprattutto ai giovani che vi hanno sempre visto la gioia di vivere, fuori dagli schemi di potere e dai drammi del possesso. "Dolce è sentire che non sei più solo ma che fai parte di una immensa vita", come recita il suo cantico, è un liberarsi dall'ego per approdare alla vera pace del cuore, i maestri indiani direbbero  consapevolezza dell'essere o  coscienza universale. Ma che cosa ci dicono oggi questi messaggi?  Il mondo è dominato da un' economia dilapidatoria  di guerra e ovviamente è dilaniato da continui conflitti generati dall'avidità e dalla ricerca del potere. Se non fosse per paura sarebbe già scoppiata la terza guerra mondiale, il pontefice afferma giustamente che è già in atto a episodi staccati. La stessa Chiesa però, solo dopo settecento anni dalla sua scomparsa, ha prodotto un papa che ha adottato il suo nome per il suo pontificato, eppure questo santo è il patrono d'Italia. In un mondo dominato dal dio denaro come è possibile che Francesco d'Assisi possa comunicarci ancora qualcosa? Notiamo tuttavia che quando si parla di Lui tutto il mondo si inchina. Una delle più ricche e popolose città degli USA ha preso il suo nome. E' ipocrisia oppure è la coscienza di una strada da percorrere che però fatichiamo a seguire? 
L'ambientalismo attuale dice che se non la imbocchiamo rischiamo la catastrofe. Siamo dunque consapevoli che la cultura dell'Occidente non porta da nessuna parte e guardiamo al santo poverello come ad un esempio di un modo più rispettoso di relazionarsi con la natura, vista come emanazione del divino, Gandhi chiamava questo "ahimsa", non violenza. "Deus meus et omnia" invocava Francesco e il "Tutto" è l'intero universo materiale visto come il cosmos dei Greci, ovvero ogni cosa al posto giusto in un' armonia perfetta che è sigillo della bellezza. 
Il franco-algerino Pierre Rabhi ha scritto "Sobrietà felice" dove mostra, anche con una certa ironia, l'assurdità di una vita motivata dal denaro e dalla dilapidazione delle risorse. Non so se egli si sia ispirato anche al santo di Assisi, certo è che lui, nato nel mondo islamico più povero, è cresciuto in Francia e Francesco, il cui nome gli fu imposto dal padre mercante per onorare i suoi traffici in questo paese, tentò una conciliazione fra l'Islam e i crociati cristiani. Sincronicità? Speriamo. Mio padre, come il genitore di Rabhi, era un artigiano, o meglio ancora era permeato di spirito artigianale, il che presuppone la saggezza di non consumare per lo spreco ma riparare, conservare e riciclare, dobbiamo tornare a questa mentalità, a un nuovo modello di sviluppo,  come mi sforzo di esporre nel mio ultimo libro "L'altro architetto", ed. Casagrande. I giovani ci seguiranno come dimostra questa lettera inviatami da un giovane architetto che mi conforta più di ogni critica colta. http://mauriziospada.jimdo.com/

Salve, mi chiamo Andrea Jacopucci, sono un giovane architetto.
ho letto alcuni dei Suoi libri ed articoli, in particolare ho trovato molto interessante e formativo "L'altro Architetto".
L'ho cercata per complimentarmi con Lei di un testo cosi sensibile e coinvolgente, inoltre colgo l'occasione per ringraziarla del contributo che questo testo ha dato alla mia formazione.
Grazie ancora e complimenti.
un lettore

4 commenti:

  1. Nel 1982 scrissi un articolo dal titolo "San Francesco, religione e fantasia", pubblicato sulla Rivista "L'Osservatore Politico Letterario" diretto da Giuseppe Longo, già direttore del Vittoriale. Sottolineavo le (sciolte) contraddizioni di questa eccezionale personalità sincronicamente legata a profonda crisi della Chiesa (la crociata contro gli Albigesi di Innocenzo III, ad esempio). Personalità mistica ma nondimeno profonda conoscitrice del mondo, lui, Francesco, agiato figlio del ricco Bernardone. La Chiesa fa passi millenari, diceva Montanelli, e magari questo novello Francesco qualche passo inizia a farlo, ma non ci vuole solo la parola, il verbum, ci vuole anche fantasia col suo etimo greco da "phaino", che vuol dire anche immaginare, risplendere, come risplende ancora con la sua immaginazione Francesco il "mistico", stesso etimo di "mistero".
    Concedendomi a una egotica ipertrofia, voglio chiudere con una poesia che può sembrare agnostica sui problemi della realtà, ma in fondo non lo è:

    "perché cambiare il mondo
    "lascialo rovinare lungo la china
    "alla fine resterà soltanto polvere
    "e allora sarà più facile
    "trovare l'oro".

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  2. Concedici il tuo egotismo che ci conforta in "questo mondo di ladri", come dice la canzone. A proposito di Francesco credo che effettivamente sia stato un regalo dello Spirito Santo per la Chiesa, nonostante fosse un mistico che predicava la povertà, come molti movimenti ereticali di allora, è stato così abile e diplomatico di riuscire ad essere accettato.

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  3. Caro Maurizio,
    molto stimolanti codeste tue riflessioni su Francesco d’Assisi, ma non c’è da meravigliarsi se ci siano voluti più di sette secoli perché un papa ne adottasse il nome. Infatti la Chiesa ha sempre esaltato la povertà, ma solo a parole, e almeno nelle sue alte gerarchie è stata sempre alquanto lontana da un vero spirito francescano. Non vorrei scandalizzarti, ma mi sembra che anche papa Francesco privilegi più l’apparire che l’essere: la modestia, quando è ostentata, diventa falsa modestia. All’inizio del suo pontificato ha detto: “La Chiesa deve essere povera, San Pietro non aveva una banca”. Tuttavia, dopo qualche sostituzione nei vertici dello IOR, la banca vaticana è rimasta, e non sono ancora del tutto chiari i motivi del brusco allontanamento, dalla presidenza di tale istituto, del prof. Gotti Tedeschi che era stato nominato da papa Benedetto XVI.
    Quanto a San Pietro è vero che non aveva una banca, tuttavia sembra che anche lui avesse problemi di cassa: ricorderai l’episodio dei coniugi Anania e Saffira che Pietro fece stramazzare a terra stecchiti per aver detto una bugia in merito al ricavato della vendita di un loro podere: essi infatti avevano mentito per poter trattenere per sé, come era loro diritto, una parte del denaro ricavato, senza depositare l’intero ammontare ai piedi degli Apostoli (Atti degli Apostoli, 5, 1 – 11). Punizione comunque sproporzionata rispetto al presunto peccato commesso.
    Non sarei tanto d’accordo sul tuo giudizio in merito alla cultura dell’Occidente, anche se ne riconosco alcuni aspetti negativi, ma qui il discorso sarebbe troppo lungo.

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  4. Vedo che sei molto informato in merito alla ricchezza della Chiesa. C'è da dire che in questo mondo non si può tenere in piedi un'organizzazione senza usare denaro e dove c'è questo cominciano i guai. Ne so qualcosa a proposito dell'Istituto. Il problema è come si usa questo "sterco del demonio", come veniva definito ipocritamente nel medioevo. Il suo potere fa parte delle famose tentazioni del deserto,.che non vogliono demonizzarne l'uso ma l'attaccamento e l'identificazione con esso a scapito dello sviluppo della coscienza. Anche il messaggio di Francesco va visto in questo senso e per l'economia attuale bsterebbe, per ora, che rinunciasse all'accumolo di quello derivante, ad esempio, dalla vendita di armi. Ma come dici tu il discorso si farebbe complesso.

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