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domenica 12 gennaio 2020

Gli alberi di via Bassini a Milano




Ho partecipato alla protesta per il taglio degli alberi in via Bassini a Milano per i motivi seguenti. Milano è una città fortemente urbanizzata, risulta essere, in Lombardia e in Italia, una delle ultime in classifica per mq di verde per abitante (12,7 mq/ab contro 500/ab Sondrio). I pochi parchi centrali, come in tutte le città storiche europee, sono i giardini delle dimore nobiliari aperti al pubblico, il resto del verde si trova intorno alle periferie, ma non dentro le periferie, grazie all’urbanistica dello zoning, sono aree faticosamente sottratte alla speculazione edilizia. Questi parchi esterni ben vengano per la CO2 ma a volte, se non vissuti, diventano anch’essi dei non luoghi dove in certe ore vi è il deserto che attira chi pratica attività illegali, vedi il bosco di Rogoredo per la droga. Dunque il fazzoletto verde di via Bassini è tanto più prezioso in quanto si inserisce in un’area semicentrale fortemente cementificata e viene fruito costantemente. Bisogna inoltre ricordare che la funzione dell’albero non è solo quella di fare da filtro agli inquinanti, ora certa architettura vorrebbe fare altrettanto con le superfici di nuovi edifici, questa è una giustificazione scientifica che corrisponde solo in parte alla necessità dell’albero in città, esso infatti ha anche valenze simboliche ed estetiche che lo rendono un elemento assolutamente integrato e coerente con la funzione dell’ abitare. Per Mircea Eliade, grande storico delle religioni, “l’albero è arrivato al punto di esprimere tutto ciò che l’uomo religioso considera reale e sacro per eccellenza”, anche i miti sulla ricerca dell’immortalità mostrano un albero dai frutti d’oro. E’ un organismo vivente che simboleggia la vita stessa, non si può abbatterlo senza dare l’impressione del non rispetto per la vita, soprattutto poi in spregio all’opinione degli abitanti, e dunque se accettiamo la definizione di bellezza=rispetto per la vita, come affermo nel mio saggio del 2004 Ecologia e Bellezza (Alinea editore) l’abbattimento denota scarsa attenzione alla qualità urbana, quindi alla bellezza. Ho già scritto sul mio L’altro architetto (Casagrande editore) che nelle aree urbane sarebbe meglio avere piccoli parchi sotto casa che grandi esterni alla città perché la presenza di terreni non impermeabilizzati oltre a permettere l’assorbimento della pioggia in estate costituisce garanzia di temperature più miti e maggior circolazione d’aria. Ad un mio articolo sulla Pietà di Michelangelo un lettore ha risposto: “Meglio un albero”. Sono d’accordo solo in parte ma questo dimostra il valore che alcuni gli danno. Non si può quindi tagliarli di soppiatto senza il consenso dei cittadini. L’ambientalismo non è una moda ma una necessità e l’Istituto Uomo e Ambiente se ne è fatto carico fin dal lontano 1984.    
 
 

sabato 5 agosto 2017

La Pietà di Michelangelo


Ho condiviso il video di L’arte di guardare l’arte sulla Pietà di Michelangelo, quella che sta in S. Pietro a Roma. Questo video ha avuto più di 150.000 visualizzazioni ed è stato condiviso più di 100 volte. Credo che sia un segnale da non sottovalutare. Hilmann affermava che il  Novecento ha effettuata una rimozione : il bisogno di bellezza. Sono d’accordo ma questo concetto richiede sempre una ridefinizione ogni volta che se ne parla, purtuttavia una scultura come questa, capace di emozionare e di condurre al trascendente non ha bisogno di tante parole, parla da sola, è una meditazione marmorea. Florenski, che non amava molto il rinascimento, affermava che vi sono due modi di rapportarsi al mondo: quello contemplativo creativo e quello rapace meccanico.  In tutto il Novecento, soprattutto la seconda metà, ha prevalso il secondo. Questo successo della Pietà è la compensazione, esso ha due sorgenti intreriori alla nostra umanità. La prima viene dalla natura di cui facciamo parte, siamo orientati alla ricerca della bellezza come  nocciolo di verità che sta in noi di natura estetica e sacra. La seconda dalla religiosità che anch’essa, essendo nella sua essenza una  tendenza naturale all’armonia e all’unità, il latino religo da cui deriva significa  lego insieme, ci porta a guardare la natura nel suo lato benedetto, cioè creativo e unificante. Questo connubio dunque di arte, natura e religiosità conduce al capolavoro ammirato da tutti.  E’ vero che il Rinascimento, con il suo Umanesimo, tende a dare più che altro una visione antropocentrica e scenografica del mondo ma pur sempre denota attenzione e rispetto ad una Natura Naturans concepita come creazione che continua a creare. Michelangelo per la cultura dell’epoca è il punto di arrivo di una ricerca che parte dalla Grecia per trovare nella natura il bello ideale. Quest’ultimo si realizza con la venuta del Salvatore che condensa i tre attributi  divini: bonum, verum et pulcrum. Non a caso il nostro artista, faceva parte, soprattutto in gioventù, tempo al quale si fa risalire la realizzazione di questa Pietà, del circolo neoplatonico fiorentino fondato da Cosimo De Medici con i principali filosofi e artisti dell’epoca come Poliziano, Pico della Mirandola, Botticelli, Lorenzo De Medici e altri. La teoria neoplatonica,  che andava bene alla classe dirigente dell’epoca,  da una parte esaltava la natura nelle doti naturali del potente signore dall’altra ne  provocava un certo svilimento  in quanto decretava  che essa, benchè unico mezzo per il raggiungimento del mondo delle idee, era intrisa di imperfezioni (accidenti) che l’artista aveva il compito di cancellare. Questo idealismo faceva anche della scienza, al suo sorgere, uno strumento per comprendere la bellezza del creato  rendendola funzionale a questa ricerca. Comunque fu il Cattolicesimo innestato di pensiero greco  a ispirare questo capolavoro e la convinzione di poter raggiungere la bellezza universale. Si potrebbe dire che la presenza  in Italia di una tradizione pagana che vedeva nella dea Venere il culmine della bellezza femminile permise ai nostri artisti di trasferirla sulla madre di Cristo, Basti pensare a quanta devozione riscuoteva la Madonna  anche dai massimi poeti Dante e Petrarca. Dunque questo naturalismo rinascimentale in qualche misura fu sostenuto anche dalla presenza di questo elemento femminile impresso nella teologia.  Tutto cambio’ con la Riforma che lo annullo’ per concepire un’idea di Dio solo al maschile che non aveva certo bisogno  di arte ed emozioni per svelarsi ma semmai di successi commerciali e militari.  Questa scelta di genere anche a livello spirituale porto’ al res cogitans e res extensa di cartesiana memoria che completo’ la svalutazione della natura e diede l’avvio al suo sfruttamento. Si potrebbe dire quindi che il culto della Madonna  ha protetto il rispetto per la vita e il naturalismo artistico permettendo la realizzazione di capolavori che ancora ci emozionano.  Questo per dire cosa, direte voi.  Per dire che oggi necessita una nuova estetica che valorizzi più che mai la natura facendo tesoro anche della nostra tradizione religiosa che è stata in grado di influenzare l’arte di artisti eccelsi come Michelangelo. Un commentatore su Facebook mi ha messo come commento alla Pietà: Meglio un albero. Rispondo che ho il massimo rispetto per gli alberi e sono d’accordo sul fatto che l’albero sia un essere vivente ma  la bellezza è figlia della creatività e quanto a questo natura e arte sono sullo stesso piano, la prima perchè produce vita e la seconda perchè ne fa intravedere il trascendente se sa interpretarla senza allontanarsene presuntuosamente.