Cerca nel blog

Visualizzazione post con etichetta Napoleone. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Napoleone. Mostra tutti i post

martedì 15 marzo 2022

La pace e la guerra in Ucraina



In questa guerra fra Russia e Ucraina, come in tutte le guerre, la complessità della vita si riduce al dualismo amici-nemici. Questo è il dramma della violenza, si arriva alla guerra quando la coscienza si restringe per focalizzarsi su un nemico da distruggere. E’ sempre stato così e già Eschilo affermava che in guerra la prima vittima è la verità: ciascuno si convince della propria ragione e la considera una verità assoluta per la quale è giusto sacrificare la propria vita e quella altrui. Passato il momento della follia riduttiva si torna alla comprensione ed alla complessità dei sentimenti e quello che prima era inaccettabile e per il quale era onorevole uccidere e morire diventa indifferente o addirittura attraente. In guerra perdono tutti vincitori e vinti perché la coscienza collettiva degli uni si riempie di sensi di colpa e quella degli altri di rancore e odio. Le morti degli uni e degli altri segnano la vita delle comunità che finiscono per esaltare le virtù belliche per dare un senso al morire della loro gioventù e inventano slogan famosi come: “chi per la patria muor vissuto è assai”. Si obietterà ma se mi aggrediscono o invadono il mio territorio è da vigliacchi non reagire né difendersi. Qui entriamo nei distinguo tra guerre giuste e ingiuste, abbiamo già detto che quando si usano le armi per uccidere è sempre ingiusto. Ho già citato in un altro punto il pensiero di Tolstoj, che tenne contatti anche con Gandhi, attraverso il suo personaggio Levin, un conto è la morale individuale che nel caso di un litigio fra due persone ti fa intervenire per difendere il più debole, anche arrivando ad uccidere, un conto è la morale degli Stati quando entrano in guerra che ti danno la licenza di uccidere chi non conosci perché porta un’altra divisa. Ogni società punisce l’assassinio in periodi di pace, quando scoppia una guerra allora non solo è permesso ma è anche encomiabile. Gandhi di fronte alla prepotenza delle forze occupanti, gli inglesi, aveva inventato un’azione non violenta, la satyagraha, cioè resistenza passiva. In che consiste? Di fronte ad un potere ingiusto e occupante ti rifiuti di collaborare, blocchi tutte le attività civili in modo che la vita diventi difficile se non impossibile per chi ha invaso. Questo è un modo non violento di reagire. Questo doveva essere praticato dagli ucraini verso una potenza schiacciante come quella dell’armata russa, del resto la storia insegna che eserciti potentissimi, come quello di Napoleone ad esempio, sono stati sconfitti, dopo aver invaso, dalla non collaborazione della popolazione e dall’astuzia dei generali che non hanno mai dato battaglia. Sarebbe stato un insegnamento al mondo e un messaggio di maggior levatura morale che avrebbe nuociuto a Putin più che una resistenza armata  comunque destinata a soccombere con migliaia di morti e il rischio di un allargamento del conflitto. Si sarebbero risparmiate molte vite umane ed il coinvolgimento dei civili.    


 

venerdì 29 novembre 2013

Il tramonto di Berlusconi

L'uscita di scena di Berlusconi genera alcune domande. Come è stato possibile che per vent'anni questo personaggio abbia potuto monopolizzare la vita politica italiana tanto da dare agli anni che vanno dal 1993 al 2013 il nome di berlusconismo e come ha fatto a raggiungere il potere? Leone Tolstoj, in Guerra e Pace, tentava di spiegare il periodo napoleonico, che poi è durato meno di quello berlusconiano, con una affascinante teoria. Secondo lui il personaggio del capo carismatico non è che una sorta di campione che lo spirito dell'epoca chiama ad interpretarlo. Non  sarebbe quindi per meriti speciali che queste persone salgono al potere ma solo perchè sono nel posto giusto al momento giusto per un destino provvidenziale, sorta di marionette i cui fili sono mossi dalla loro divorante ambizione e dalle esigenze di un popolo di incarnare le proprie aspettative. Questa definizione si attaglia ovviamente a tutti i cosidetti "uomini della provvidenza", dittatori e non, che si sono succeduti nella storia. Le doti personali sono secondarie rispetto alla loro funzione di rappresentanza della cultura dell'epoca. Nel caso di Berlusconi possiamo dire che la cultura del marketing televisivo e del potere bancario degli anni ottanta non poteva che produrre questo e lui è stato bravo a interpretare le aspirazioni qualunquiste, anarcoidi, arlecchinesche e individualiste della maggior parte degli italiani. Certi commentatori hanno paragonato il ventennio di Berlusconi al ventennio fascista ma, a parte la durata, non mi sembra vi siano molte affinità, mentre l'uno era la proiezione delle aspettative militariste e nazionaliste l'altro non è che la proiezione della caduta dei valori tradizionali e l'assenza di sostituti validi. Vale a dire che l'Italia del bum economico e delle canzonette, nonostante i conclamati slogan sessantottini, non poteva produrre un interprete migliore ai suoi sogni di sesso, soldi e successo. Non si voleva forse la fantasia al potere? Abbiamo  avuto invece un grande fantasista.