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lunedì 18 maggio 2015

Della pena di morte

                                                    Fico d'India, acquarello su carta.

Il tribunale di Boston ha condannato alla pena di morte il giovane terrorista ceceno che durante la maratona di due anni fa, insieme al fratello, fece esplodere  due bombe procurando la morte di tre persone. Questa condanna verrà eseguita mediante iniezione letale. Lo stato del Massachusetts ha abolito da anni la pena di morte ma quel delitto viene considerato federale ed è prevista quella condanna. Gli Stati Uniti dunque non vogliono allinearsi con la maggior parte  dei paesi occidentali il cui sistema giudiziario ha soppresso tale pena. Ogni tanto la legge del taglione viene applicata nonostante ogni volta susciti riprovazione nel mondo civile e scateni campagne mediatiche contrarie.  Già nel 1859 Victor Hugo scrisse una lettera, pubblicata su tutti i giornali liberi d’Europa, rivolta all’America per scongiurare l’ esecuzione della condanna all’impiccagione di John Brown sostenitore della liberazione degli schiavi. Ma invano. Tale fatto contribui  a scattenare poi la guerra civile. Non si vuole intendere insomma che la vita di un uomo non appartiene allo Stato e che affermare questo significa avallare un pensiero riduttivo e consumistico della vita  che giustifica un assassinio, sia pure legale.Non mi capacito come in un paese civile ci possano essere ancora delle persone che di professione fanno il boia, come non si comprenda che un atto cosi violento non faccia che elevare il livello di violenza insito in quella società. Tant’è che gli omicidi avvengono con più frequenza. In sostanza la violenza di Stato scatena la violenza privata, non è vero che la paura di una tale condanna fa da deterrente al manifestarsi di azioni analoghe. L’ahimsa di Gandhi, non capisco come l’India non abbia compreso il messaggio, la non violenza, è una condizione prima mentale e poi fisica. Dunque una popolazione che accetta la pena di morte è già in un atteggiamento di violenza mentale che la rende corresponsabile di quell’assassinio e se è questa la situazione come è possibile che esca dalla condizione riduttiva di un pensiero dicotomico e paranoico che vede nella distruzione di un nemico la propria salvezza ? E’ questa legge dell’occhio per occhio e dente per dente, che spesso ipocritamente viene  rimproverata a popolazioni considerate meno civili, che vale la pena di mettere in discussione perchè finchè sarà la caratteristica della giustizia di un paese non si puo’ sperare di migliorarne la convivenza civile. Gli assassini e i delinquenti non nascono sotto i cavoli ma da un substrato di coscienza collettiva che contiene in se il germe della violenza che si manifesta in personalità poco evolute. Ordunque non si puo’ pensare di guarire la violenza con altra violenza, non si fa che incrementarne la densità. L’odio viene guarito dall’amore ma la paura lo allontana. Del resto già il nostro Cesare Beccaria aveva spiegato che non vi è paragone fra un omicidio privato ed uno pubblico, l’uno nascosto nell’ombra con tutte le conseguenze di rimorsi e sensi di colpa, vedi Delitto e Castigo di Dostoevskij, e l’altro reso spettacolare ed esaltato come atto di giustizia che viene decretato e sadicamente procrastinato nei bracci della morte dove per anni il detenuto soggiorna in attesa del giorno fatale. Spero, come già affermava Hugo, che il paese della Libertà si renda conto finalmente della sua incongruenza.  


giovedì 19 febbraio 2015

Ancora della pace e della guerra

                                        Infinito, olio su tela, cm 50x70

Gandhi predicava l'ahimsa, la non violenza. Quasi tutti i pacifisti contemporanei in qualche misura si rifanno a lui che ha portato l'India all'indipendenza senza guerre civili. Invece noi oggi assistiamo continuamente alla violenza esercitata per conquistare il potere da parte di popolazioni che si affacciano ora alla modernità, intendendo con ciò la democrazia e il mercato. La crisi dell'Ucraina con le due fazioni in lotta, quella filorussa e quella filoeuropea sono un emblema. In Libia abbiamo una situazione analoga: quella dei ribelli filoislamici che attaccano il governo legittimo appoggiato dagli occidentali. La cifra degli ambiti di crisi che impensieriscono il mondo è la violenza e stupisce la facilità con cui intere popolazioni trovino organizzazione ed armi per esercitarla. Non siamo così ingenui da non sapere che questi ordigni bellici vengono forniti dallo stesso mondo occidentale che ipocritamente condanna le guerre. E' chiaro che se non si producessero armi da guerra e non si facessero affari notevoli sulla loro vendita in zone calde quanto meno si avrebbero situazioni più chiare e la fine dei conflitti per mancanza di strumenti. Invece abbiamo paesi, compreso il nostro, che producono e forniscono armi in cambio di denaro. Dove trovino poi i ribelli tutti questi soldi non è chiaro ma è evidente che li raccolgono da chi ha grossi interessi che la guerra continui. Possiamo di conseguenza affermare che è questo tipo di economia che scatena e sostiene le guerre e dunque è definibile come un'economia di guerra che si appoggia sulla violenza. Tornando a Gandhi egli aveva insegnato agli inglesi  e al mondo che non è necessaria la violenza se i tempi sono maturi per un cambiamento e le ragioni sono giuste. Purtroppo si continua invece a praticarla come mezzo di raggiungimento del potere. A coloro che affermano che l'Italia deve armarsi per difendersi si può dunque rispondere che si è vero in un mondo violento e fondato sull'ingiustizia e sull'interesse ma bisogna congiuntamente lavorare perchè questa situazione migliori, diminuisca la forbice tra ricchi e poveri e cessi il mercato delle armi e soprattutto l'Italia pensi ad investire quei fondi alla valorizzazione della bellezza che è nemica della guerra, nei sui paesaggi, nelle opere d'arte e nei suoi musei.  Si deve fare attenzione a non cadere nella trappola della emotività generata dai fautori dei conflitti che hanno interesse a risvegliare "l'occhio per ochio e dente per dente", antico codice d'onore che porta in sè i semi della vendetta. La pace la si conquista con un sano equilibrio che considera la risoluzione militare come l'ultima risorsa quando effettivamente tutte le altre sono fallite, senza fretta di arrivare alla conquista di una sicurezza che in questo mondo non esiste. Gandhi infatti affermava che anche la fretta indebita è violenza.  Come del resto lo è la pena di morte anche se comminata dai tribunali di paesi democratici. Essa porta in sè il messaggio che la vita di ognuno appartiene allo Stato che punirà togliendola a chi commette azioni gravi contrarie alle sue leggi. Ma la vita non appartiene all'organizzazione statale ed ha in sè un mistero irrisolvibile anche dalla scienza più avanzata. Fintanto che ci saranno paesi "sviluppati" che la praticano è chiaro che non si può ipocritamente denunciare  i fondamementalisti islamici che condannano a morte i prigionieri. In Cina lo scorso anno sono state eseguite 2400 sentenze di morte  e il codice penale prevede tale pena per 55 reati, tra cui ad esempio anche lo spaccio di droga. E'chiaro che tale situazione non viene propagandata perchè ne avrebbe danno l'immagine di un paese in grande sviluppo economico ma questa realtà viene comunemente accettata come del resto viene accettata anche negli Stati Uniti, grandi paladini della democrazia.   "Occhio per occhio dente per dente" è il codice di base anhe nei paesi cristiani. Del resto la stessa Chiesa cattolica ha accolto le logiche statali e con l'editto di Costantino ha fatto da supporto allo Stato di diritto romano dove era prevista le pena di morte e la tortura ed invece di influenzarne le leggi le ha adottate e praticate. Nello Stato del Vaticano infatti fino al 1969 era prevista la pena di morte e fu comminata l'ultima volta nel 1870 con l'uso della ghigliottina, per non parlare della Santa Inquisizione nei secoli precedenti . Ora l'ISIS condanna a morte per altri motivi e spettacolarizza l'esecuzione attraverso il potere dei media occidentali. Sta dunque all'Occidente "razionale e illuminato" non cadere nel tranello dell'emotività e dare l'esempio abolendo ovunque la pena di morte. Non è anche quello dei condannati dai tribunali occidentali uno spettacolo violento e raccapricciante?