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lunedì 3 luglio 2017

Le virtù di un politico


Che cosa noi chiediamo a un politico di professione, cioè colui che si candida a rappresentare gli interessi dei concittadini ai quali chiede il voto per accedere al potere? Credo che sia importante specificarlo in questo momento di grande disaffezione alla politica, crisi dei partiti e populismo dilagante. Naturalmente non si può fare di ogni erba un fascio o buttare l'acqua sporca con il bambino. Dicevo già in altri scritti che la nostra cultura dell'apparire e del consumo ha trasformato i cittadini in consumatori grazie all'azione persuasiva dei media, e in particolare della televisione, tuttavia non possiamo dimenticare che la democrazia, sia pure molto imperfetta, permette di cambiare i detentori del potere senza spargimento di sangue. Ora credo che il difetto semmai sta nel modo in cui questi personaggi vengono scelti e soprattutto nei valori che sottendono alle selezioni e dunque nel definire le virtù pubbliche che vengono pubblicizzate. Posto che le virtù non sono un optional, cioè non sono un di più ma fanno parte del carattere di un uomo e anche secondo Aristotele conducono alla felicità, cosa chiediamo ad un uomo politico? Non chiediamo forse che dimentichi i suoi propri interessi e si occupi dei nostri? Ovvero del bene di tutti o perlomeno del minor male? Dunque questo si chiama in parole povere altruismo ovvero spirito di dedizione a una causa comune con onestà. Questo vuol dire rinunciare alle pretese del proprio ego che si riempie di vanità per accedere a uno stato di modestia e umiltà di fronte alla complessità dei problemi da affrontare. Dunque queste due virtù non sono da dimenticare nelle specifiche qualità di un capo ma il sistema dei media e la natura stessa del potere che si alimenta di propaganda sembra negarle. Non sono certo appannaggio dei populisti, demagoghi che intercettano le emozioni negative della gente per raccogliere consensi. Quindi equità d'animo è un'altra virtù che si richiede al politico, anzi forse la più importante. Significa distacco dalle passioni, tutti i grandi della storia ne sono stati provvisti: Marco Aurelio, l'imperatore filosofo, morente sul far dell'ultima sera ordina alla guardia equità d'animo. La tolleranza e la pazienza sono anch'esse necessarie a chi detiene qualche potere, direi che sono la conseguenza di un animo equilibrato. E' bene che un politico si legga Voltaire. Infine noi chiediamo ad un leader il senso di responsabilità ed il coraggio. Il primo nel significato di assumersi la responsabilità delle proprie scelte e accettarne le conseguenze con il coraggio di sostenerle nonostante tutto. Anche la flessibilità è una virtù auspicabile, a patto che non diventi trasformismo. Insomma noi chiediamo ad un uomo politico che si metta al servizio della comunità e che non mostri troppo attaccamento al ruolo e al potere che ne consegue. Nel panorama europeo, per non dire mondiale, voi vedete qualche personaggio che riassume in se le virtù che abbiamo elencato? Personalmente vedo in questo momento per la maggior parte solo piccoli arrampicatori ingigantiti dai media con il consenso dei poteri finanziari, questa è la ragione della crisi della politica e della rabbia strisciante che fomenta i populismi.

giovedì 15 gennaio 2015

I fatti di Parigi

                                      Image, hommage a Monet, acquerello su carta 25x35

Non si possono passare sotto silenzio i fatti di Parigi e anche noi abbiamo fatto le nostre considerazioni in seguito anche al post del primo dell'anno. Dopo la massiccia manifestazione di solidarietà a Charlie Hebdo siamo tutti più sicuri che l'Occidente reagirà con la necessaria determinazione agli attacchi dei terroristi ma viene da chiedersi: il messaggio forte che ha rappresentato con l'aiuto dei media a chi era diretto? Se era diretto ai fondamentalisti credo che non li spaventi certo anzi ritengo che era quello che volevano, cioè dare il massimo di pubblicità al fatto di sangue che beninteso era una vendetta verso chi, in un certo senso, prendeva in giro la loro cultura, relegata in Francia come in Italia o in Germania alle periferie e quindi a uno stato di subalternità. In queste condizioni sociali, in cui chi si sente escluso guarda con rabbia e disperazione gli inclusi, senza speranza del proprio riscatto, dove la forbice tra chi ha troppo e chi non ha a sufficienza non sembra diminuire, la religione diventa il manifesto della propria identità che non può essere messa in discussione nè tanto meno farne oggetto di satira perchè ciò diventa profanazione. L'etimologia del termine ci aiuta a comprendere: profano significa fuori dal tempio dove vive la dimensione del sacro, come realtà profonda, atemporale. Quel nocciolo di verità che è in noi e che non subisce gli influssi del tempo profano. Una volta anche da noi esisteva un proverbio che recitava: "Scherza coi fanti e lascia stare i santi", ed il motivo era ben questo, i diseredati alla fine non hanno che la loro identità religiosa e considerano oltremodo svilente fare dell'ironia sul loro credo. In una situazione di disagio sociale e di ignoranza ci si ammazza anche per il tifo sportivo figuriamoci per una fede. Del resto l'Islamismo quando gli arabi erano conquistatori e quindi dominavano da noi in Sicilia o in Spagna era molto tollerante, molto più che le varie sette cristiane tra di loro che uccidevano e torturavano per questioni dottrinarie. L'Islam era allora la religione dei dominatori e poteva permettersi la tolleranza anche perchè nessuno si permetteva di fare dell'ironia. Quando si è ridotto alle popolazioni più povere dominate dal colonialismo occidentale è diventato intollerante proprio per le ragioni esposte sopra. Quindi a parer mio non si tratta di guerra di religioni ma di conflitto tra chi non ha e chi ha troppo, tra il sud e il nord del mondo, tra le periferie e i centri decisionali. La religione, in questo caso come in altri, è la divisa di appartenenza in un pensiero dualistico tipico tra l'altro della nostra cultura, o incultura, del cosidetto benessere e della competizione permanente. Nel mondo globalizzato dunque è il dio denaro ed il potere connesso che provoca questi conflitti. Oltretutto oggi si è aggiunta la tecnica che si è asservita al nuovo capitalismo di cui subiamo le scelte per ridurci consumatori passivi anzicchè cittadini democratoci. Quando dunque si parla di islamismo e di fondamentalismo si dovrebbe aggiungere che questa intolleranza proviene sì da un mondo che non ha conosciuto l'epoca dei Lumi ma che tale situazione è anche generata dalla grande disparità tra chi domina e chi subisce, tra chi ha molto e chi troppo poco. In sostanza si è costituito in Europa un nuovo quarto stato formato prevalentemente da soggetti di questa cultura. La religione, vissuta in superfice, è la loro distinzione. Ma del resto non dimentichiamo che anche in nome della Dea Ragione si è ammazzato molto. E' l'assolutismo dogmatico che è di per se intollerante, di qualunque natura esso sia, condito con la superficialità di un pensiero dicotomico e paranoico fomentato dalle ingiustizie sociali. L'illuminista Voltaire affermava nel suo saggio sulla tolleranza: "Siamo abbastanza religiosi per odiare e perseguitare ma non lo siamo abbastanza per amare e soccorrere". L'esortazione del mio post precedente su una maggior religiosità per la pace era in questo senso. Ecco perchè credo che a Milano la Moschea debba essere costruita e che debba essere la più bella possibile a dimostrazione della attenzione e del rispetto che ogni religiosità merita anche se si manifesta in un credo che appartiene, in Europa, alle nuove povertà, la ricerca della bellezza si sa è anche un antidoto all'amore per la guerra. Per questo ritengo che la manifestazione di Parigi con questa esibizione di capi di stato sia stata inutile e forse dannosa, perchè il messaggio presuppone un destinatario che in questo caso non è chiaro, quando si annida nelle ingiustizie della nostra stessa società.