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lunedì 24 ottobre 2022
mercoledì 28 ottobre 2020
Le ville di Delizia
Le ville di delizia
“L’autunno è una seconda primavera,
quando ogni foglia è un fiore.”
(Albert Camus)
La pandemia ci ha portati verso
nuovi stili di vita, fra questi anche quello della vacanza che, nelle diverse
stagioni dell’anno, ha preso un nuovo passo. Si rivalutano luoghi a portata di
regione o addirittura di provincia e in questo la Lombardia apre il suo copioso
patrimonio ricordando le vacanze nelle ville di delizia dove la nobiltà e la
borghesia milanese vi accedeva trasportata dall’andare lento delle carrozze.
L’Italia ha una lunga tradizione di senso della vicinanza e della collettività
ristretta. La pandemia ha accelerato un processo già in corso, il desiderio
diffuso di decentrarsi verso zone rurali, collinari o periferiche ed anche ora
che è autunno si programmano evasioni lampo in luoghi a portata di memoria che
non sapevamo neppure di avere. Non si parte più in carrozza, ma in bici, in
tandem, in macchine elettriche o in treno per scoprire quanto possa essere
affascinante il foliage che adorna ville storiche come Villa Arconati a Bollate definita la
“Versailles” d’Italia grazie al gusto tipicamente barocco con giardini
all’italiana elegantemente curati e con giochi d’acqua.
Le Ville di Delizia, nome coniato
dall’incisore settecentesco Marc’Antonio dal Re, trovarono una sviluppo
organico specie in Brianza il cui territorio nel settecento ne ha vissuto la
grande stagione. Una magnificenza di architetture di giardini commissionati
dalle grandi famiglie nobiliari dell’epoca fra cui i Borromeo, i Durini, i
Trivulzio, gli Arese, i Taverna, i Morando. Sono residenze monumentali con
vasti parchi e ricche di opere d’arte. Derivano queste loro caratteristiche
peculiari dal fatto di essere state concepite come residenze di campagna in cui
i nobili si ritiravano nei periodi di villeggiatura, dedicandosi allo svago e
diletto nel pieno godimento della natura, della conversazione cortese,
dell’arte, della musica, della poesia all’insegna della raffinatezza e del buon
gusto. Spesso costituivano la residenza di rappresentanza del casato a cui
appartenevano e di cui erano destinate a narrare gesta e fasti. Nel
Rinascimento, in un periodo di generale benessere, nacque il fenomeno della
villeggiatura inteso come periodo da dedicare al riposo preferibilmente in località
esterne alla città, lungo i fiumi e in zone collinari che offrisse un ambiente
salubre e una presenza umana estremamente ridotta. La scelta ricadeva in modo
particolare sulle zone bagnate dal Naviglio Grande e dalla Martesana, in una
zona che da Milano si espandeva verso il Varesotto guardando verso il lago
maggiore e verso il lago di Como. Tuttavia oggi altri esempi ci giungono più a
nord con villa Monastero a Varenna, sul lato lecchese del lago di Como o villa
Bertarelli a Galbiate, poco distante da Lecco. Omate di Agrate Brianza ospita
un gioiello senza tempo dell’architettura lombarda, Villa Trivulzio. Costruita
nel sedicesimo secolo per i principi Trivulzio fu per lungo tempo una dimora
prestigiosa e frequentata dalla crème della società europea e le sue delizie
architettoniche furono anche narrate da Montesqieu nel 1728.
Le Ville di delizia, così chiamate
da anni, sono una delle cose più affascinanti di Monza e di tutta la Brianza.
Quanto è bello passeggiare, a piedi o in bicicletta, osservando le
meravigliose ville di delizia che popolano il Parco e la città?
Ma cosa sono le ville di delizia?
Il loro mito nacque grazie ad un trattato di Bartolomeo Taegio del 1559
che rese le ville di delizia uno status symbol della nobilta’
milanese e brianzola.
Sono delle residenze suburbane, lontane dalla città, nelle quali i
nobili abitavano nei periodi di villeggiatura, soprattutto nel tratto fra i
Navigli e verso la Brianza.
I nobili milanesi si allontanarono dalla metropoli a causa delle varie
epidemie causate dalle carenze igieniche, dell’edilizia degradata e dall’inurbamento
dalle campagne. E dove fuggire se non verso Monza ed i territori brianzoli?
La Brianza divenne
così un paesaggio da paradiso campestre, grazie anche al clima più mite rispetto a Milano: ai tempi si vedevano
continuamente carrozze di cavalli che andavano e venivano, artisti e celebrità
ospiti da tutte le parti d’Europa.
Ci si ispirava alla vita campestre, all’amore per il bucolico tipico dei
grandi poeti classici come Ovidio e Virgilio, ma anche dei grandi classici
italiani come Petrarca, o rinascimentali, come Pico della Mirandola.
Nel trattato di Bartolomeo Taegio c’era un lungo esempio di ville di
delizia che ancora oggi possiamo visitare ed ammirare: il conte Taverna, cancelliere del Re di
Spagna, aveva la sua villa di delizia in Canonica; il cardinale Carlo Borromeo scelse invece Arona come residenza di campagna; Antonello
Arcimboldi ne costrui’ una sulla via che
collegava Milano a Monza; Donna Violante Sforza la volle sul lago di Como a Bellaggio.
Anche gli ecclesiastici si interessarono al mito delle ville di delizia,
infatti il Cardinale Federigo Borromeo scrisse un trattatello dove invitava gli
uomini di Chiesa ad un uso moderato delle residenze, per non lasciarsi troppo
andare alla ricerca del piacere. Il cardinale sosteneva che a quel tempo il
popolo viveva un momento difficile a causa della miseria e delle malattie,
quindi non si doveva dare il cattivo esempio, anche se comunque la vita a
contatto con la natura era ben voluta da Dio.
Le ville di delizia, oltre ad essere residenze di villeggiatura, furono
anche teatri di grandi feste, balli, battute di caccia, sedi di grandi
raccolte d’arte e salotti letterari, tipici svaghi
dell’aristocrazia milanese.
A Monza la prima grande villa di delizia fu
quella di Mirabello, voluta dai Signori di Monza, i conti Durini, o meglio, da Giuseppe
Durini.
Egli scelse un’area a nord est del centro abitato, lungo il Lambro, zona
favorevole per il clima, per la caccia, l’equitazione e le passeggiate nei
campi.
I lavori furono diretti dal famoso architetto Gerolamo Quadrio che aveva
già lavorato per il Duomo di Milano e quello di Como: egli scelse di costruire
una villa a pianta a U con un corpo centrale dotato di portici e ali
simmetriche laterali, tipiche delle residenze lombarde.
La villa venne chiamata Mirabello, ovvero belvedere, perchè si affacciava su
un terrezzamento sopra il Lambro da cui si godeva di una bellissima vista.
Ora nella Villa Mirabello vengono spesso organizzati mostre ed eventi,
che danno la possibilità di ammirare la sua grande bellezza.
Non dimenticate che c’è sempre la possibilità in Brianza di visitare le
varie ville di delizia, per potersi così immergere in un piccolo mondo antico,
fatto di dame e nobili, di balli sfarzosi, di magnifiche carrozze, di intrighi,
di amori lontani e di cultura…tutto arricchito da una magnifica vita
campestre…non sarebbe un po’ il sogno di tutti noi?
Villa Camperio a Villasanta, Villa Trivulzio ad Agrate Brianza, Villa Sottocasa a Vimercate, Villa Cusani Tittoni Traversi a Desio, Palazzo Arese Borromeo a Cesano Maderno... Sono solo alcune delle splendide Ville di Delizia che potrai scoprire girando in bici per la Brianza monzese. Pronto a partire?
Le
ville brianzole sono definite di “delizia” perché le antiche famiglie
aristocratiche, proprietarie di queste terre, vi trascorrevano il loro tempo
per oziare e godersi una bucolica serenità lontano dalla città. Se vuoi
scoprire le più belle Ville di Delizia della Brianza monzese, puoi scegliere di
farlo in bici, seguendo il percorso che parte da Villasanta, alle porte di
Monza, e arriva a Cesano Maderno, nel Parco delle Groane. Il tracciato, adatto
a tutti, si sviluppa per 41.8 km su asfalto e sterrato, con un dislivello positivo
di 273m e negativo di 247m (pendenza max: 6.1%, -7.6%; pendio medio: 0.9%,
-0.8%). La durata? Circa 4 ore.
ITINERARIO
Da
Villa Camperio a Villasanta, punto di partenza del percorso, procedi su strada
fino al centro di Concorezzo. Dal retro del Municipio segui via Volta,
direzione Agrate. Passato il centro vai verso Omate proseguendo per il centro
di Burago. Da via Villa ti immetti su una strada serrata e passati i campi e un
parco arrivi nel centro di Vimercate. Continua in direzione di Oreno, lascia la
piazza e arrivi alla villa. Costeggia il parco in direzione di Arcore.
Dall’abitato raggiungia la SP 7 e prendi per Peregallo. Immettiti nel percorso
del Parco Lambro sino al centro di Albiate e prosegui fino a Seregno.
Attraversa la periferia di Desio e raggiungi il centro di Cesano Maderno.
L’itinerario si concluderà nel Parco delle Groane dove potrai immergerti nei
boschi e nelle brughiere che caratterizzavano in antichità l’intero territorio
brianzolo.
PUNTI
DI INTERESSE
Villa
Camperio di Villasanta
Oggi sede della biblioteca civica fu costruita a fine ‘600 e dotata di un
grande parco.
Info utili: Biblioteca Civica di Villasanta
Telefono: 039.23754258
Geolocalizzazione su mappa: 45.6044, 9.30009
Villa
Trivulzio ad Agrate Brianza
L’edificio, proprietà dei principi Trivulzio già dal ‘500, nel ‘700 venne
trasformata in villa di delizia. A fine ‘800 il complesso fu rimaneggiato
dall’architetto Majnoni e nel 2000 restauri ed interventi furono finalizzati al
ripristino del monumentale giardino all’italiana e del parco.
Info utili: http://www.villatrivulzio.it/
Geolocalizzazione su mappa: 45.57921, 9.37762
Villa
Mylius Oggioni a Burago di Molgora
La villa, edificata nel ‘700 in stile neoclassico, fu acquistata nel secolo
successivo da Enrico Myilius (1769-1854), ricco uomo d’affari, mecenate e
filantropo, di origini germaniche.
Info utili: http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MI100-01342/
Geolocalizzazione su mappa: 45.59473, 9.37961
Villa
Sottocasa a Vimercate
L’edificio tardo settecentesco è una rivisitazione neoclassica della villa di
delizia rinascimentale. Il prospetto principale, sobrio e severo, si distingue
dalla facciata posteriore più decorativa.
Info utili: Telefono: 0396659488
E-mail: turismo@comune.vimercate.mb.it
Geolocalizzazione su mappa: 45.61231, 9.3705
Villa
Gallarati Scotti Vimercate (frazione Oreno)
Il monumentale complesso barocco venne profondamente trasformato con forme
neoclassiche tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 dall’architetto Cantoni.
La villa di delizia è caratterizzata da un parco monumentale.
Info utili: http://www.museomust.it/drupal/itinerari/luoghi/villa-gallarati-scotti
Geolocalizzazione su mappa: 45.61738, 9.35432
Casino
di Caccia Borromeo a Vimercate
L’edificio, appartenuto ai Borromeo dal XVII sec., è caratterizzato da muri
realizzati con ciottoli posti a spina di pesce divisi da filari di mattoni.
All’interno vi sono affreschi datati al 1460 in stile gotico internazionale.
Info utili: http://www.museomust.it/drupal/itinerari/luoghi/casino-di-caccia-borromeo
Telefono: 0396659488
E-mail:turismo@comune.vimercate.mb.it
Geolocalizzazione su mappa: 45.6179, 9.35334
Villa
Borromeo d’Adda ad Arcore
Posizionata su un’altura, la villa di delizia è articolata in tre blocchi ed è
datata alla metà del ‘700. Nella porzione centrale sono conservati gli ambienti
di maggiore pregio e ampiezza tra cui l’antica libreria. Nel parco è presente
un giardino all’italiana e la scuderia.
Info utili: http://www.villaborromeoarcore.it/
Geolocalizzazione su mappa: 45.62675, 9.32146
Villa
Taverna a Triguggio (frazione Canonica)
Il nucleo originario del complesso, un castelliere risalente al tardo
cinquecento, venne trasformato in palazzo nel’700. L’area è decorata da statue
roccocò e sul retro spicca un bel giardino all’italiana di gusto
rinascimentale.
Info utili: http://www.villataverna-canonica.it/
Telefono: 334 1656 718; E-mail: info@villataverna-canonica.it
Geolocalizzazione su mappa: 45.64857, 9.28246
Villa
Cusani Tittoni Traversi a Desio
L’edificio conserva il tipico impianto a U delle ville di delizia del’700 ed è
caratterizzato all’interno dell’abitato da decorazioni in stile eclettico. Nel
corso dell’800 il complesso fu ristrutturato dall’architetto Palagi.
Info utili: http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MI100-02959/
Telefono: 0362 392240
Geolocalizzazione su mappa: 45.61794, 9.21494
Palazzo Arese Borromeo a
Cesano Maderno
Nel ‘600 la preesistente costruzione medievale fu trasformata in una villa di
delizia riccamente impreziosita da stupende opere d’arte. Il cortile centrale è
caratterizzato da una loggia alla genovese affacciata sul parco.
Info utili: http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MI100-02219/
Geolocalizzazione su mappa: 45.62842, 9.14721
Si ringraziano:
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giovedì 16 luglio 2020
venerdì 23 novembre 2018
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La Pietà di Michelangelo
giovedì 2 febbraio 2017
L'artista oggi
sabato 27 febbraio 2016
Moda e arte
lunedì 25 gennaio 2016
Poetica del paesaggio agricolo storico
Oggi il naturale (nel senso di evoluzione senza intervento dell’uomo) non prevale più, è anzi in strettissima minoranza sulla crosta terrestre e in specie da noi in Europa, e in Italia in particolare, per cui quello che rimane è ormai cosi poco che è sempre bello interessante e necessario. Il concetto di bellezza insomma appare spostato dall’arte alla natura, mentre prima bella era solo l’arte e la natura era bella dove il concetto estetico dominante trovava la propria conferma. Per dirla con Kant “ La natura era bella quando aveva l’apparenza dell’arte. A dire il vero l’ambientalismo più serio oggi si accorge che non vi è contraddizione tra naturale e artificiale qualora l’uomo abbia interpretato le sue esigenze più profonde e non abbia dato libero sfogo al suoi impulsi distruttivi, infatti Kant aggiunge:”E l’arte non puo’essere bella se non quando noi, pur essendo coscienti che è arte la consideriamo come natura”. L’artificiale è il naturale trasformato e se è la creatività che ha prevalso (come profonda natura genuina dell’homo faber) dà altrettanto benessere che il naturale autentico, anzi lo stesso naturale autentico, come si diceva, risulta in questa logica prodotto di una scelta creativa dell’uomo che individua come necessario e bello lasciare le cose come stanno. In sostanza questo concetto è assimilabile al fare di coloro che creano opere d’arte raccogliendo e scegliendo elementi naturali per lasciarli cosi come sono. La creatività dell’uomo sta nella selezione, nella cernita, nel riconoscere la superiorità delle forze creatrici della natura, nell’essere umile e scoprire che in determinate circostanze è meglio non intervenire. Questo non significa disprezzare la propria opera modificatrice, anzi significa valorizzarla individuando dove questa è necessaria e quindi “bella” e dove no e quindi brutta. Passando dunque a considerare il paesaggio agricolo storico possiamo dire che esso è il risultato della modificazione del selvaggio mediante elementi naturali, o meglio, mediante elementi organici viventi. L’uomo è stato guidato nella trasformazione agricola da preoccupazioni ben lontane da intenti estetici coscienti, pero’ nel paesaggio storico si nota un aspetto caratteristico dell’attività umana: quando prevale la creatività, sia pure inconsapevole e determinata da necessità contingenti, si ha benessere psichico. L’attività agricola tradizionale, in effetti, costituiva l’incontro creativo tra l’uomo e la natura: essa viene conosciuta e incanalata verso una maggiore capacità di vita, ecco perchè il mondo rurale ha sempre destato sensazioni di benessere. L’agricoltura tradizionale ha si modificato l’ambiente naturale ma plasmandolo con le proprie mani nello sforzo umile e generoso di adattare il naturale ai bisogni fondamentali di vita e quindi a uno scopo creativo, non distruttivo.Le mani dell’uomo e la terra hanno costituito una sintesi che, mossa da questo fondamentale intento creativo di dare più vita, più fiori, più frutti, il più delle volte ha prodotto un risultato anche estetico. Spesso il paesaggio che ne deriva è il risultato di uno sforzo collettivo che inconsciamente è artistico se per arte con Carl G. Jung si intende la capacità di esprimere le forze primigenie del nostro inconscio collettivo che sono tensione tra materia e spirito, tra profano e religioso sempre alla ricerca di nuove sintesi al fine di una esperienza del tutto. O anche se, con William Morris, si afferma che l’arte è il prodotto della gioia del proprio lavoro a un fine creativo. Se ancora, per godimento estetico si intende la capacità , attraverso l’arte , di raggiungere l’intuizione del tutto e il sentimento dell’appartenenza quale visione, quale panorama più di quello di un paesaggio agricolo storico dona questa sensazione? Non per nulla un personaggio come Francesco d’Assisi, che è uno dei pochi esempi occidentali del sentimento dell’appartenenza, cresce in un ambiente antropico-naturale come l’Umbria che esprime ad altissimo livello la sintesi cui si è accennato. Tutto cambia con l’introduzione delle tecnoscienze in campo agricolo alimentare in epoca moderna.
mercoledì 3 giugno 2015
Dell'arte e degli artisti
Vedo che ultimamente su fb si discute molto sull'arte e gli artisti anche in ragione del prezzi stratosferici pagati dai collezionisti nelle aste per accaparrarsi delle opere di dubbia reputazione, dedicherò quindi questo post all'argomento che ho già trattato sui miei ultimi due libri Ecologia e Bellezza, ed. Alinea e L'altro architetto, ed. Casagrande. L'argomento sul quale spesso si dibatte è cosa sia arte e se questo giudizio sia soggettivo, legato al gusto, oppure no. All'Expo è stata esposta una statua dal titolo L'esibizionista che rappresenta un uomo in posa inequivocabile che con l'impermeabile aperto mostra i genitali. Da lì ne è nato un lungo dibattito a più voci se questa sia arte e dove quast'ultima voglia andare a parare. A mio parere sta avanzando un nuovo interesse perchè sotto si nasconde uno scontento generale per la produzione artistica contemporanea, una ricerca di senso e fame di bellezza. Ho già avuto modo di osservare che la grande rimozione del 900 è stata il bisogno di bellezza e che questa alienazione sta anche alla base della crisi ecologica. Nel mio libro L'altro architetto ho sottolineato il fatto che l'arte nel corso del secolo scorso ha abbandonato il suo fine classico, la bellezza, un sogno etico ed estetico che rifletteva una tensione verso il trascendente da individuare nella interpretazione della natura attraverso l'opera dell' artista-profeta che proprio per questo aveva un ruolo importante nella società antica. Del resto in Grecia sono i poeti e gli artisti che tramandano i miti della religione, l'artista è un sacerdote della bellezza cosmica. Cosmos infatti è ben diverso da universo con cui lo si traduce, è un ordine che segue norme di natura estetica, ogni cosa al posto giusto. Quando la cultura occidentale ha abbandonato il fine della bellezza, e questo è accaduto a partire dal 600 ad opera della filosofia e della scienza, specialmente con Cartesio, allora abbiamo avuto la perdita del ruolo degli artisti e la nascita del gusto. Si è passati da un'arte che aveva il compito di trovare l'universale ad una soggettiva, individuale, che il romanticismo ha ulteriormente esaltato nella libertà e originalità dell'artista. Da lì nascono tutte le storture che oggi riscontriamo nelle degenerazioni espressive contemporanee, manifestazioni di disagi interiori e rappresentazioni di stati patologici dell'animo umano, e chi più ne ha pìù ne metta, in una corsa alla provocazione tout court per sentirsi all'avanguardia. A questo si è aggiunto il mercato del collezionismo che da una parte ha liberato l'artista dalla dipendenza dai committenti tradizionali, aristocrazia e clero, ma dall'altra ha trasformato il fine della bellezza in avidità di denaro. Questa è la situazione attuale dove non vi sono più regole se non quelle del mercato, anche in ragione della trasformazione in economia del valore di un oggetto, dal quello d'uso a quello di scambio. Rimane tuttavia nell'inconscio collettivo la nostalgia per la natura antica dell'arte che è quella originaria degli sciamani di Lascaux, cioè della ricerca del trascendente e dell'unione cosmica ed è questo che noi andiamo cercando. Florenskij diceva che il vero artista sale nudo al mondo ultrasensibile e ne discende con verità ineffabili, l'impostore invece sale presuntuso pieno di preconcetti e ne discende con i suoi fantasmi. Questa rimane la differenza tra arte e non arte ma è difficile riconoscerla perchè anche l'osservatore deve saper guardare e andare nel profondo, da qui il coinvolgimento soggettivo e interpretativo. Insomma l'arte dovrebbe toccare le corde emotive più intime che sono di natura estetica e sacra ma bisogna vedere se noi siamo in grado di ascoltarle, questo richiede educazone e sensibilità, il contrario di interesse mercantile.
lunedì 14 luglio 2014
Paesaggi
Tempo di vacanze, tempo di paesaggi inconsueti. Paesaggi rurali della nostra bella Italia sintesi armoniica di natura e cultura. Oggi il naturale risulta sempre bello perché natura primigenia in se, mentre l'artificiale qualche volta è bello ma spesso è brutto, contrariamente alla concezione greca, oggi spesso si vede l'intervento dell'uomo come deturpazione. D'altra parte in una situazione in cui lo sviluppo tecnologico ha messo l'uomo d'oggi nelle condizioni di avere la possibilità di distruggere completamente la vita, e quindi gli dà la responsabilità di mantenerla, il naturale appare come un ambiente artificialmente tenuto cosi, come memoria della natura primigenia e appare bello pur nelle contrastanti tendenze estetiche. Oggi si puo notare che non vi è contraddizione tra naturale e artificiale qualora l'uomo abbia interpretato le sue esigenze più profonde e non abbia dato libero sfogo alla sua distruttività. Il naturale autentico risulta anzi come prodotto di una scelta creativa dell'uomo che individua come necessario e bello lasciare le cose come stanno. La creatività dell'uomo sta nella selezione, nella cernita, nel riconoscere la superiorità delle forze creatrici della natura, nell'essere umile e scoprire che in determinate circostanze é meglio non intervenire. Il paesaggio storico agricolo é il risultato della modificazione del selvaggio mediante elementi naturali o meglio mediante elementi organici viventi. L'uomo nella trasformazione agricola tradizionale é stato guidato da preoccupazioni ben lontane da intenti estetici coscienti, pero nel paesaggio storico si nota un aspetto caratteristico delle attività umane: quando prevale la creatività, sia pure inconsapevole e determinata da necessità contingenti, si ha benessere psichico, cioé bellezza. L'attività agricola ha in effetti tradizionalmente costituito l'incontro creativo tra l'uomo e la natura: questa viene conosciuta e incanalata verso una maggiore capacità di vita, ecco perchè il mondo agricolo ha da sempre destato sensazioni di benessere. Nell'agricoltura tradizionale l'uomo ha si modificato l'ambiente naturale ma plasmandolo con le proprie mani nello sforzo umile e generoso di adattare il naturale ai bisogni fondamentali di vita. Spesso il paesaggio che ne deriva è il risultato di uno sforzo collettivo che inconsciamente è artistico, se per arte con Jung si intende la capacità di esprimere le forze primigenie del nostro inconscio collettivo che sono tensione tra l'istintuale e il trascendente, tra materia e spirito, tra profano e religioso, alla ricerca di nuove sintesi al fine di una esperienza del tutto.