Transizione ecologica a Milano
Le prossime elezioni amministrative
dove il sindaco uscente Beppe Sala si è iscritto ai Verdi e viene sostenuto dalla
lista Europa Verde impone una riflessione sul significato di una politica
ecologica. Oggi in piena pandemia va di moda essere ecologici ma cosa voglia
dire questa affermazione riferendosi all’urbanistica di una città molti non
sanno, immaginano abbia a che fare con più parchi, più alberi e l’aria meno
inquinata. Questo si chiama riduzionismo ecologico o, usando un neologismo
inglese, grenwashing o verde di facciata. Applicare il paradigma ecologico a
una città non è cosa così semplice, non basta piantare alberi anche se questa è
sicuramente cosa buona. Ricordo che il paradigma ecologico è la non separatezza
dei fenomeni che si traduce in un pensiero sistemico. La città dunque viene
vista come un organismo e non un meccanismo come nella recente tradizione
modernista. In ogni organismo la parte è collegata al tutto e interagisce con
le altre parti. La città dunque diventa il luogo fisico delle interrelazioni come
in un ecosistema. Cosa vuol dire questo? Che se operiamo in un settore
coinvolgiamo tutto il sistema, il suo
equilibrio, e se massimizziamo un aspetto gli altri perdono la loro
ottimizzazione generando effetti negativi che prima venivano compensati
nell’equilibrio omeostatico generale. Questo vale anche per la città se la
consideriamo da un punto di vista ecologico, dunque non si può agire per
settori o per funzioni separate e soprattutto non si può operare con azioni che
non prevedano retroazioni, cioè le conseguenze sul sistema. Ora tornando a parlare di Milano con tutta la
buona volontà non la si può considerare una città ecologica. Come si diceva
tempo fa in uno dei nostri convegni, qui operano due urbanistiche: una legata ai poteri
finanziari che hanno costruito la città rendendola invivibile e tendono a
realizzare i loro profitti a scapito del bene comune, sono il frutto di una
politica neoliberista che esalta il mercato e vogliono disegnare un futuro
appariscente aumentando ancor più i problemi di sostenibilità, l‘altra che vi
si contrappone vorrebbe disegnare una città più umana. Questa seconda è
alternativa sia nelle idee sia nelle forze che la reggono. Le sue radici stanno
nei comitati, nelle comunità, nelle cooperative, nei consorzi, nei sindacati e
nelle associazioni democratiche della società civile che desiderano una
migliore qualità della vita. La prima
segue il metodo tradizionale dello zoning e tende a separare inseguendo il
dualismo classico centro periferia e pianifica per quartieri monofunzionali
provocando emarginazione e conflitti. Fino ad ora, in particolar modo dall’amministrazione
Albertini ma anche Moratti e finanche Pisapia, per non parlare dell’ultima
giunta, i grandi gruppi finanziari hanno avuto mano libera e hanno dettato le
regole del gioco incamerando i profitti e facendo pagare ai cittadini i
disagi. Una città ecologica inverte la
tendenza, non si sottomette al capitale ma indirizza le scelte verso il
benessere abitativo dei cittadini che non vengono più considerati consumatori
passivi ma partecipanti attivi alle scelte urbanistiche. Ora la pandemia ha
messo in luce alcune criticità, ha mostrato il grave problema degli emarginati
e dei senza tetto ed è a questi che deve essere data risposta da parte
dell’ente pubblico se si vuole rigenerare la città ricordando che non esiste
benessere ambientale senza giustizia sociale e che le periferie degradate
determinano uno squilibrio che arriva fino al centro enfatizzato. Ora Milano ha
diverse opportunità per invertire la tendenza e contribuire alla costruzione
della città ecologica che vuol diventare e le elenco qui di seguito.
La riprogettazione delle aree
dismesse e in particolare degli scali ferroviari con la finalità di un utilizzo
rigenerante e integrato. L’incremento delle aree a verde rinunciando alla
tentazione magniloquente di un secondo
stadio per il calcio con annesse speculazioni immobiliari. L’incentivazione
dell’edilizia sociale. Il disincentivo dell’uso dell’auto privata a
combustibile fossile. L’incentivo delle energie pulite e rinnovabili per i
riscaldamenti domestici. La valorizzazione delle periferie. L’incentivazione
della solidarietà e della partecipazione.
Questi sono i compiti per la nuova
giunta se vuole realmente andare verso una transizione ecologica che non sia
solo di facciata e fare di Milano una città bella che rispetta la vita vera.