Cerca nel blog

Visualizzazione post con etichetta libertà. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta libertà. Mostra tutti i post

giovedì 12 dicembre 2013

Viva Mandela

La morte di Nelson Mandela e tutti i commenti sulla sua vita che sono apparsi sui mass-media ci portano a riflettere sulla figura dell'eroe e del saggio, modelli di riferimento dell'antichità classica, sostituiti  poi, in epoca cristiana, dal cavaliere e dal santo. Lui era sia l'uno che l'altro, almeno così lo descrivono i suoi commentatori. Che cosa dà più senso alla vita di un uomo se non la sua perfetta adesione al destino che un disegno provvidenziale gli ha assegnato? Tutti noi abbiamo un compito, palese o nascosto, che contribuisce all'arricchimento, in senso etico-spirituale, della società di cui facciamo parte. Lui il suo compito lo ha individuato nella difesa della libertà e ne è stato talmente convinto che ha affrontato qualsiasi prova, anche le peggiori, pur di mantenersi fedele a questa sua convinzione che gli veniva dal di dentro. Non molto diversamente vengono descritte le vite dei primi cristiani che affrontavano il martirio pur di non abiurare la propria fede o dei filosofi che affrontavano la prigione o il patibolo per non tradire le proprie convinzioni. Come i modelli classici la sua figura è di natura etica ed estetica insieme. L'ammirazione che genera in noi Mandela dipende anche dal fatto che in lui vediamo anche l'uomo felice, perchè realizzato, che ha vissuto una vita lunga ed appagante. In fin dei conti Aristotele diceva che le virtù sono fatte per la felicità e Nelson lo ha dimostrato sia nel dolore che nella gioia, trattando entrambi con sereno distacco. Infatti potrebbe sembrare in questo tripudio di elogi per una vita esemplare che si sia dimenticato il dolore ma questo è ben presente nella realtà naturale della vita di ogni individuo. Ma l'uomo realizzato, quindi stupendamente creativo, sa che il dolore ha comunque la funzione di indicare il cammino di vita se viene accettato. Il dolore "è la rottura del guscio della nostra intelligenza", dice Kalil Gibran. La creatività consiste infatti anche nella capacità di accettare il dolore, accoglierlo e trasformarlo in esperienza rigenerante. Il piacere e il dolore sono due opposti che hanno bisogno l'uno dell'altro. Come diceva il saggio Eraclito, le cose nascono dalla lotta dei contrari e quello che oggi è piacere magari domani sarà dolore. Tutto è relativo. L'etica stoica del grande Marco Aurelio, cui il nostro Nelson potrebbe essersi riferito, insegna dunque che non bisogna disperarsi nel dolore e rallegrarsi troppo nella gioia.  Tutto è relativo al nostro modo di essere e alla nostra interpretazione della posizione che occupiamo nel mondo. Grazie Mandela per avercelo ricordato  con la tua vita in questa epoca povera di modelli.

sabato 7 dicembre 2013

La buona politica e la partecipazione



Il Vicesindaco di Milano mi ha catalogato fra quelli che non sanno  cosa sia la Partecipazione per cui questo post lo dedico a questo problema. Negli anni 60 e 70, durante i numerosi cortei della contestazione studentesca, si urlava: Libertà è partecipazione.Partiamo da qui per spiegare il concetto. Esistono infatti due libertà in democrazia, libertà da e libertà per. La prima è la libertà fondamentale da chi ti opprime e ti priva dei diritti fondamentali, la seconda è quella che ti  permette di partecipare come cittadino alla gestione del potere ed al suo controllo. Ad esempio,diceva Roberto Guiducci i cui libri sull'argomento li consiglierei ai politici attuali per una buona rilettura, "non si tratta solo di difendere il proprio diritto alla casa ma di lottare per il diritto a radunarsi autonomamente, di dissentire spontaneamente, di decidere sovranamente, d'essere insomma persone pubbliche, di creare una sfera pubblica, di costruire un corpo politico contro il potere e contro la sorveglianza burocratica".  Come avviene questo? Prima di tutto attraverso la trasparenza e soprattutto con la possibilità di farsi ascoltare da chi è delegato da noi a governarci attraverso l'assunzione transitoria del potere. Per farsi ascoltare esistono diverse strade quelle istituzionali e quelle non, come le associazioni, i comitati, i centri di cultura e così via. Queste sono le libertà dei cittadini ma, come giustamente ha fatto osservare Giorgio Galli in Arcipelagomilano, nella società globalizzata il nuovo capitalismo ci ha trasformati in consumatori , siamo passati dal ruolo di sudditi, attraverso le rivoluzioni borghesi, a quello di cittadini e poi ultimamente a quello di consumatori. Questa è l'attuale degenerazione delle democrazie che hanno mantenuto la prima libertà ma hanno rinunciato alla seconda. Si è passati così da un ruolo attivo ad uno passivo,  fino a quando, per farsi ascoltare, non esplodono le rivolte di piazza che potrebbero essere tranquillamente evitate se il sistema democratico funzionasse a dovere. Del resto è evidente se osserviamo le istituzioni che a fine ottocento erano state create con lo scopo di far partecipare al potere anche quelle fasce di diseredati che nella tradizione erano sempre stati esclusi, come ad esempio la Società Umanitaria che da centro di cultura e riscatto sociale è diventata un centro congressi che affitta le sale per ogni specie di eventi del consumismo generale. La buona politica ha il compito dunque di favorire questo ritorno da consumatori a cittadini e dunque di favorire queste espressioni non a parole ma nei fatti. Il buon politico ha il dovere di individuare le esigenze,di sciegliere il meglio della società che governa per metterlo al servizio di quest'ultima senza alcuna paura per il suo potere. Insomma nei suoi incarichi deve usare uno stretto metodo meritocratico palese e non quello clientelare o peggio familistico. Come in tutte le manifestazioni umane o vi è la paura o vi è l'amore, la paura di perdere il proprio potere è una delle peggiori in politica, che non permette  di aprirsi agli altri, di trasmettere simpatia e fiducia. La sensazione che inconsciamente passa è quella di una difensiva sospettosa, di una blindatura che non permette di comunicare, nel paese del familismo amorale questo è grave. E' l'impressione che lascia questa amministrazione milanese, non importa se poi le cose si fanno, magari anche meglio, ma non vi è partecipazione. Forse l'amministrazione Tognoli è stata amata proprio per questa sua apertura e l'aver chiamato la sua associazione Amaremilano mette l'accento sul discorso dell'amore che è appunto apertura.