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sabato 25 gennaio 2014
Scienza e conoscenza
Lontano da noi l'idea di demonizzare la scienza. A quest'ultima si debbono infatti innumerevoli benefici in vari campi: quello medico ad esempio o quello delle comunicazioni, tanto per citare due settori in cui la ricerca scientifica ha fatto passi da gigante e continua a farli. In ambedue vi è stato un indubbio beneficio per le persone. Basti pensare agli antibiotici che hanno debellato malattie tradizionalmente mortali, come la tisi ad esempio, personalmente sono un beneficiato della pennicillina che a tre anni mi ha salvato dalla broncopolmonite. Nella comunicazione hanno reso possibili contatti diretti e liberi, in tempo reale anche a grande distanza, con internet e la telefonia mobile. Vi immaginate i fanti della prima guerra mondiale con il telefnino: "Ciao mamma vado all'assalto". Fuori dallo scherzo si potrebbe dire che non sarebbero stati possibili i segreti militari o gli effetti delle battaglie manipolabili dalla propaganda. La ipercomunicazione che oggi lamentiamo in questo senso è benefica. Ma come tutti gli strumenti può essere usata male. Marc Augè sentenzia che la contemporaneità genera tre eccessi, di tempo, di spazio e di individualità, diventano storia fatti relativamente vicini nel tempo, arrivano a noi fatti che accadono lontano e questi incidono sulla coscienza della persona che è troppo isolata e sola. Nel nostro tempo dobbiamo distinguere dunque scienza da scientismo. Quest'ultimo è l'idolatria della prima nonchè della tecnica sua applicazione e come tutte le idolatrie frutto di un pensiero assolutista che presume di possedere la Verità e quindi impermeabile a qualsiasi dubbio. Lo scientismo impedisce la conoscenza come coscienza della totalità. Il rischio di questo atteggiamento è che ogni cosa venga giustificata a priori come prodotto della scienza, la quale nel mondo attuale si è fortemente specializzata e parcellizzata. Ogni sapere abbraccia un settore specifico senza più contatti con il tutto. Ogni ricercatore si specializza solo nel suo campo perdendo la capacità di contestualizzare il suo sapere ma giustificandolo solo in relazione al metodo scientifico e non al suo fine, che dovrebbe essere quello di essere utile. Si perde così la coscienza della responsabilità globale. Se uno è ad esempio competente in un qualunque settore della chimica non gli importa sapere che fine faranno le sue ricerche. Non si può negare che oggi queste vengano spinte dagli interessi delle multinazionali del denaro, lontane da aspirazioni umanistiche, che lucrano sui nostri bisogni, anche fittizi, tramutandoli in affari e trasformandoci così in consumatori passivi.
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Condivido le osservazioni di Maurizio sulla prevalente mancanza di una visione olistica (Capra, Marcuse) e sulla verità che, per dirla con l'esistenzialista Jaspers, è la ricerca stessa, irragiungibile, della verità, al cui termine, appunto irragiungibile, è Dio.
RispondiEliminaMi viene anche in mente il verbo rivelato da Ahura Mazda a Zarathustra, l'Avesta, degli antichi Persiani, i grandi achemenidi, Dario, Serse, Artaserse, una civiltà che già conosceva il "p greco", l'Avesta che in più passi ringrazia per il dono della conoscenza e menziona ripetutamente "la grande tonda terra" (parliamo di tradizioni che risalgono a qualche millennio a.C.).
Ma non voglio parlare di questa religione che pure ha influito sul cristianesimo (la "solarità" del Cristo viene ricondotta da Emile Bock, teosofo steineriano, appunto ad essa), quanto meditare che anche la più risalente religione monoteista coniuga fede e scienza.
Lo scientismo è figlio del positivismo, che ebbe i suoi limiti, fra i quali, a mio avviso, la pretesa di "scientivizzare" persino le società, con i drammatici effetti che abbiamo vissuto nel secolo scorso.
E' vero. Dante sintetizza bene questo pensiero;"Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". Il positivismo ha fatto perdere le basi etiche della scienza e ne ha aumentata la supponenza di giungere alle ultime verità.
EliminaScientismo
EliminaSono d’accordo che occorra distinguere la scienza dallo scientismo, quella corrente filosofica che considera il sapere delle scienze sperimentali l’unico sapere valido; nello stesso tempo bisogna evitare di attribuire alla scienza colpe non sue. Come tu ricordi citando Dante, nella specie umana è innato il desiderio di conoscenza: infatti non capisco perché il Creatore avrebbe fatto l’uomo desideroso di conoscenza e poi l’abbia punito per averne fatto uso; poi le scoperte scientifiche, come tu stesso affermi, possono essere anche usate male, ma questo non è colpa della scienza. Nel Medioevo sezionare i cadaveri era considerato un sacrilegio, ma è con lo studio dei cadaveri che la medicina ha poi potuto fare importanti progressi.
E’ però invalso l’uso, a mio parere improprio, di definire “scienze” certe discipline che scienze non sono. Come dice Giovanni Sartori una scienza dovrebbe essere in grado di formulare previsioni verificabili, e per esempio l’economia come scienza ha dimostrato di non saperlo fare. Nessun economista aveva previsto le disastrose conseguenze dei crediti sub-prime e di altre diavolerie simili. Abbiamo professori universitari di economia e perfino premi Nobel, che sostengono tesi opposte, per esempio, sul modo di far crescere l’occupazione.
La parcellizzazione del sapere scientifico è la conseguenza dell’enorme sviluppo della conoscenza che difficilmente può essere abbracciata da un singolo individuo: oggi un genio multiforme come Leonardo sarebbe impensabile.
Caro Pino hai ragione quando difendi la scienza e nessuno vuole attribuirle colpe non sue, già infatti avevo detto nel mio post che bisogna distinguere scienza da scientismo e Federico aveva aggiunto che lo scientismo è il frutto del positivismo filosofico. La scienza a differenza dell'arte segue regole necessarie e determinate che permettono una riproduzione e una verifica ma lo spirito dello scientismo ha fatto diventare scienza anche discipline che in realtà non lo sono affatto come ad esempio le scienze sociali e l'economia. Per quanto riguarda la medicina occidentale è meglio che riflettiamo sul suo approccio al corpo come meccanismo, proprio perchè gli anatomisti sezionavano corpi morti con uno spirito sostanzialmente lontano dalla vita ed hanno contribuito a spezzettare le funzioni e gli organi paragonandoli a pezzi meccanici. E' il meccanicismo che si scontra con una visione olistica della vita, non è necessario che tutti sappiano tutto ma che ciascuno conosca il suo particolare in relazione con il tutto.
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