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mercoledì 3 giugno 2015

Dell'arte e degli artisti

                                               Omaggio a Monet, acquarello su carta

Vedo che ultimamente su fb si discute molto sull'arte e gli artisti anche in ragione del prezzi stratosferici pagati dai collezionisti nelle aste per accaparrarsi delle opere di dubbia reputazione, dedicherò quindi questo post all'argomento che ho già trattato sui miei ultimi due libri Ecologia e Bellezza, ed. Alinea e L'altro architetto, ed. Casagrande. L'argomento sul quale spesso si dibatte è cosa sia arte e se questo giudizio sia soggettivo, legato al gusto, oppure no.  All'Expo è stata esposta una statua dal titolo L'esibizionista che rappresenta un uomo  in posa inequivocabile che con l'impermeabile aperto mostra i  genitali. Da lì ne è nato un lungo dibattito a più voci se questa sia arte e dove quast'ultima voglia andare a parare. A mio parere sta avanzando un nuovo interesse perchè sotto si nasconde uno scontento generale per la produzione artistica contemporanea, una ricerca di senso e fame di bellezza. Ho già avuto modo di osservare che la grande rimozione del 900 è stata il bisogno di bellezza e che questa alienazione sta anche alla base della crisi ecologica. Nel mio libro L'altro architetto ho sottolineato il fatto che l'arte nel corso del secolo scorso ha abbandonato il suo fine classico, la bellezza, un sogno etico ed estetico che rifletteva una tensione verso il trascendente da individuare nella interpretazione della natura attraverso l'opera dell' artista-profeta che proprio per questo aveva un ruolo importante nella società antica. Del resto in Grecia sono  i poeti e gli artisti che tramandano i miti della religione, l'artista è un sacerdote della bellezza cosmica. Cosmos infatti è ben diverso da universo con cui lo si traduce, è un ordine che segue norme di natura estetica, ogni cosa al  posto giusto. Quando la cultura occidentale ha abbandonato il fine della bellezza, e questo è accaduto a partire dal 600 ad opera della filosofia e della scienza, specialmente con Cartesio, allora abbiamo avuto la perdita del ruolo degli artisti e la nascita del gusto. Si è passati da un'arte che aveva il  compito di trovare l'universale ad una soggettiva, individuale, che il romanticismo ha ulteriormente esaltato nella libertà e originalità dell'artista. Da lì nascono tutte le storture che oggi riscontriamo nelle degenerazioni espressive contemporanee, manifestazioni di disagi interiori e rappresentazioni di stati patologici dell'animo umano, e chi più ne ha pìù ne metta, in una corsa alla provocazione tout court per sentirsi all'avanguardia. A questo si è aggiunto il mercato del collezionismo che da una parte ha liberato l'artista dalla dipendenza dai committenti tradizionali, aristocrazia e clero, ma dall'altra ha trasformato il fine della bellezza in avidità di denaro. Questa è la situazione attuale dove non vi sono più regole se non quelle del mercato, anche in ragione della trasformazione in economia del valore di un oggetto, dal quello d'uso a quello di scambio.  Rimane tuttavia nell'inconscio collettivo la nostalgia per la natura antica dell'arte che è quella originaria degli sciamani di Lascaux, cioè della ricerca del trascendente e dell'unione cosmica ed è questo che noi andiamo cercando. Florenskij diceva che il vero artista sale nudo al mondo ultrasensibile e ne discende con verità ineffabili, l'impostore invece sale presuntuso pieno di preconcetti e ne discende con i suoi fantasmi. Questa rimane la differenza tra arte e non arte ma è difficile riconoscerla perchè anche l'osservatore deve saper guardare e andare nel profondo, da qui il coinvolgimento soggettivo e interpretativo. Insomma l'arte dovrebbe toccare le corde emotive più intime che sono di natura estetica e sacra ma bisogna vedere se noi siamo in grado di ascoltarle, questo richiede educazone e sensibilità, il contrario di interesse mercantile.

13 commenti:

  1. Barnett Newman, espressionista astratto, viene aggiudicato da Sotheby nel 2013 a un italiano con la sua tela "Onement 6" (1953) a circa € 34.000.000= (è un enorme quadrato blu tagliato a metà da una riga bianca longitudinale).
    Ci siamo già intrattenuti su questo blog a proposito dell'arte, che cosa sia, se sia, se sia stata, se sarà.
    E' una questione di "cultura", dice taluno.
    Io, della cultura, apprezzo la definizione di Clifford Geertz (antropologo, "The interpretation of Cultures", 1973): "...In ogni caso, il concetto di cultura a cui aderisco
    non ha né una molteplicità di referenti né, per quanto posso vedere, alcuna insolita ambiguità: denota un modello di significati trasmesso storicamente, significati incarnati in simboli, un sistema di concezioni ereditate espresse in forme simboliche per mezzo di cui gli uomini comunicano, perpetuano e sviluppano la loro conoscenza e i loro atteggiamenti verso la vita...".
    Domenica scorsa errabondavo nell'oltrepò piacentino e mi sono imbattuto nella parrocchiale di Vicobarone (frazione del comune di Ziano piacentino), che il parroco don Sergio, ottimo cicerone, stava lustrando, unica chiesa del primo ottocento a croce greca della zona, l'altare di destra impreziosito da una grande tela raffigurante l'Immacolata, lieve, aerea, quasi tiepolesca, che recentemente Sgarbi ha attribuito all'llustre pittore parmense Francesco Scaramuzza.
    Poi ho completato il "piacere" con un ottimo pranzo alla trattoria "Il Centro" della vicina Rovescala.
    Ecco, io, francamente, non so quale sia la mia "cultura", non so quale sia il mio "sistema di concezioni ereditate espresse in forme simboliche", ma dubito fortemente sia quello stesso di Barnett Newman.

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    1. Condivido pienamente; tuttavia rispetto le altrui opinioni e gusti. A questo proposito mi sovviene d'essere in possesso di una tela di Lucio Fontana di cospicue dimensioni, autografata in modo esteso ed inequivocabile, ma rinnegata dall'omonima Fondazione soltanto perché di natura impressionista (panorama fluviale argentino, antropizzato), e non astratto/concettual/futurista (degustibus!). Si tratta evidentemente, di un'opera sacrificata all'altare della favola metropolitana, secondo cui l'Artista non aveva mai impugnato pennelli se non per il genere (aureo), dei tagli e buchi. Bisogna ammettere che la balla ha funzionato, eccome!

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    2. E' proprio cosi. In effetti Fontana era un buon pittore tra l'altro amico del nonno di mia moglie Marius Ledda, novecentista, poi ha inventato i tagli spinto dalla cultura eccessiva dell'epoca, vedi anche merda d'artista, ma per il mio bambino interiore sono semplicemente tagli, benchè siano sostenuti dai collezionisti potenti e dal mercato.

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    3. L'avidità umana è senza limiti. Possedere un unicum il cui valore è stellare unicamente per questo, è il sogno di ogni paperone. E' il caso dei francobolli. Non fosse che di Lucio Fontana ce n'è un bordello e che i fendenti (prescindendo dal raccapricciante colpo di macete), sono difficilmente imputabili.

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  2. Caro Fede io non sono cosi sofisticato come te e il concetto di cultura l'ho espresso nel mio ultimo libro L'altro architetto: risalgo sempre all'etimologia e cultura deriva da colere che significa coltivare, infatti all'inizio era proprio questo saper ricavare dalla natura il miglio benessere per l'uomo. Ogni epoca ha la sua ed ha a che fare con l'ambiente.Ritengo che oggi più che di cultura dobbiamo parlare di incultutra determinata dall'avidità di guadagno ecc..Di fronte alla produzione artistica mi pongo come il bambino della favola del Re nudo, i tagli di Fontana sono semplicemente tagli e più che darmi una emozione artistica mi fanno semplicemente ridere

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  3. Maurizio Spada condivido naturalmente. Mi ha colpito anche : "Florenskij diceva che il vero artista sale nudo al mondo ultrasensibile e ne discende con verità ineffabili, l'impostore invece sale presuntuso pieno di preconcetti e ne discende con i suoi fantasmi".

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  4. Caro Alzek perchè vuoi restare anonimo? Mi fa piacere che tu condivida le mie riflessioni ed ero convinto di toccare la tua sensibilità di vero artista.

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  5. Sono ovviamente d’accordo con le tue osservazioni in merito alle degenerazioni espressive contemporanee spacciate per opere d’arte da parte di coloro che ci guadagnano e che detengono il monopolio del mercato. Semmai sorprende che molti in buona fede abbiano finito con l’accodarsi e considerino arte alcuni manufatti esposti nei musei, che meglio starebbero nel deposito dell’immondizia.
    Mi viene in mente l’orinatoio di Marcel Duchamp: egli lo acquistò, gli mise la firma R. Mutt e lo intitolò Fontana (ma guarda le coicidenze). Secondo Wikipedia da alcuni storici dell’arte viene considerata una delle maggiori opere d’arte del ventesimo secolo. L’orinatoio non fu mai esposto e andò perduto forse in un trasloco, perché probabilmente gli operai lo scambiarono per qualcosa da buttare nella spazzatura. Ne furono poi fatte diverse repliche che sono esposte in alcuni importanti musei. Secondo alcuni critici questa sarebbe arte in quanto Duchamp è stato il primo ad avere l’idea di traformare un orinatoio in un oggetto artistico. L’argomento non mi sembra convincente: tutti allora potremmo diventare artisti realizzando la prima idea strampalata che ci venga in mente.
    Un’altra “opera d’arte” di Duchamp è in questi giorni esposta a Palazzo Reale, nella mostra dedicata a Leonardo: consiste in una piccola foto della Gioconda alla quale Duchamp mise dei baffi e aggiunse la scritta: L.H.O.O.Q. (che leggendo in francese le lettere dovrebbe significare: Elle a chaud au cul).
    Non sarei però d’accordo sulla tua opinione secondo la quale la cultura occidentale avrebbe abbandonato il fine della bellezza soprattutto a opera della scienza. Nella vera scienza c’è secondo me anche un’intrinseca bellezza. Anche Leonardo affermava che tra arte e scienza c’è coincidenza. La teoria della relatività di Einstein oltre che geniale è anche bella. La formula di Eulero
    eiπ + 1 = 0 secondo l’americano Richard Feynman, premio Nobel per la fisica, è la più bella formula della matematica. Gustave Flaubert scrive: la géométrie est belle (Bouvard et Pécuchet). Secondo Bertrand Russel “La matematica, vista nella giusta luce, possiede non soltanto verità, ma anche suprema bellezza”.
    Mi fermo qui perché mi accorgo di essermi dilungato troppo.
    Giuseppe Federico

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  6. Purtroppo la formula di Eulero è stata pubblicata da Google con la formattazione sbagliata. Si deve intendere e elevato a iπ.
    G: Federico

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  7. Grazie Pino per il tuo contributo nel mio post pero non voglio affermare che la scienza sia priva di bellezza. Anzi se accettiamo la definizione che ne da Gibran, essendo la vita stessa quando mostra il suo lato benedetto, anche la scienza ci rientra tuttavia a partire da Cartesio, e quindi dopo Leonardo, la scienza perde la bellezza come fine della sua ricerca per via che la natura diventa res extensa, cioè cosa inanimata e quindi verità e bellezza si separano. L'esempio dell'orinatoio di Duchamp é poi emblematico di un pensiero sull'arte che ormai ha perso la bussola anche per questa scissione tra scienza e arte avvenuta a partire dal diciassettesimo secolo. Sta a noi ora attraverso il pensiero ecologico riunirlle.

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  8. Valentina Chiarini4 marzo 2016 alle ore 11:24

    La ringrazio per questo articolo così interessante, dà voce a molti miei pensieri e sensazioni.

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    1. Grazie a lei naturalmente vorrei che questo blog avesse più contributi di persone interessate agli argomenti trattati.

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