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giovedì 18 luglio 2019

Lettera ai Verdi sul clima


Siamo sconcertati dalle voci allarmistiche sui cambiamenti climatici. Addirittura alcune derive dei Verdi, che spero non siano condivise dalla dirigenza, sconsiglierebbero di fare figli per non esporli alle possibili catastrofi ambientali del 2050, data fatidica del non ritorno se l’inquinamento da CO2 continuasse ai livelli attuali. Questo mi fa venire in mente l’Alto Medioevo, prima del 1000 ci fu infatti un calo demografico eccezionale in ragione del fatto che ci si aspettava la fine del mondo, l’apocalisse profetato dalle sacre scritture. Personalmente non ho molto approfondito la tematica, immagino vi siano molti studi e dati statistici che sostengono questa funesta previsione ma io difendo il diritto al dubbio, anche perchè vi sono altrettanti studi che negano la relazione fra emissioni e cambiamenti climatici. Come al solito le opinioni variano tra catastrofisti e negazionisti nel solito gioco dualistico sostenuto dalla presunzione della scienza di prevedere e controllare il futuro. Il fatto poi che si sia usata l’ingenuità di una ragazzina autistica per rendere più drammatica la faccenda mi fa sospettare che ci sia sotto qualcosa di poco nobile. Sostengo infatti, e non da oggi, che la politica ambientalista dovrebbe fondarsi su nuove prospettive di speranza e non sulla paura. Tutti i regimi più degenerati sono nati dalla paura sparsa a larghe mani da demagoghi interessati al potere, compreso il nazifascismo. Una dirigente verde mi ha dato del decerebrato per questa mia opinione. Attenzione perchè già da molto nel movimento si annida una profonda aggressività,  non vorrei che  si prendesse una brutta piega. Come ho più volte scritto non si tratta di dimenticare gli effetti negativi della modernità, dell’industria e del consumismo ma nemmeno di tralasciarne le ricadute positive che fanno accorrere migliaia di migranti alle nostre sponde. Non possiamo diventare misantropi, nemici dell’uomo in favore della natura : esemplari di questo atteggiamento erano l’amore per le piante di alcuni gerarchi nazisti che mandavano a morte migliaia di ebrei. Uomo e natura sono una cosa sola ed è averli separati,da Cartesio in poi, che ha generato grandi guasti. E’ necessario se mai un neoumanesimo che sia consapevole di questa unità e riconosca come suo fine l’aspirazione alla creatività e alla bellezza naturale. Perchè è da una caduta estetica che nasce la crisi ecologica. Edgard Morin diceva in Il pensiero ecologico : seguire la natura e guidarla. Del resto se accettiamo che il sistema Terra è assimilabile ad un sistema vivente, come ormai sembra che tutti gli ambientalisti accettino, come è possibile applicare formule matematiche ? Gli organismi viventi sono creativi per antonomasia e sanno generare  meccanismi correttivi a situazioni critiche per tornare ad un equilibrio omeostatico. Questo non vuol dire che non si debba fare nulla e si debbano lasciare le cose come stanno ma nemmeno dipingere oscuri orizzonti apocalittici per catturare consensi. Bisogna invece capovolgere il pensiero dominante per arrivare ad una ecosofia che aiuti a vivere oggi in accordo con la natura, vivere bene oggi rende il futuro un sogno di speranza. Occorre infine  migliorare gli effetti positivi della modernità estendendoli alle parti sociali più deboli.   

 

lunedì 8 luglio 2019

Proposta di rigenerazione urbana presentata al Comune di Milano




 



Progetto Ortica


Ogni territorio ha una sua vocazione, ogni territorio ha caratteri e ritmi propri. L’Ortica è un quartiere popolare, poco attraente, quindi ci siamo concentrati sull’idea che la gente possa usare gli spazi pubblici in modo intelligente e democratico dimostrando che da un ciuffo di ortiche si può tirar fuori la ricetta per il riscatto delle periferie a rischio. Infatti i  maggiori contenitori di biodiversità non sono i boschi o le aree protette ma le aiuole spartitraffico, le scarpate ferroviarie, i terreni industriali dove la vegetazione può tornare a svilupparsi. Ed è per questo che, dopo aver visitato il quartiere, ed averlo frequentato più anni, abbiamo valutato che il miglioramento della vita, in un processo di rigenerazione urbana che privilegi l’elemento naturale come mezzo di arricchimento qualitativo,  può avvenire tenendo presente le necessità insite,  per storia, tradizione e vocazionalità del luogo, soprattutto delle persone  che volessero imparare un mestiere a contatto con la natura fatto di lavoro e raccolto. Del resto il nome stesso di Ortica deriverebbe da orto o ortaglia, prendersi cura di un orto e produrre una parte del cibo che si consuma è  un modo  per ridare significato alla filiera alimentare e l’aula all’aperto in cui comprendere tutta insieme la rete della vita nelle sue infinite ramificazioni e connessioni. Esso infatti mette a frutto abilità manuali, sviluppo del pensiero sistemico interdipendente, capacità revisionali,  le conoscenze botaniche, la ricerca delle sementi e non ultimi il senso e il gusto dell’attesa.  Per questo  abbiamo considerato che gli interessati  si potrebbero dedicare all’apprendimento  di nozioni erboristiche al fine di creare in loco una spezieria che realizzi i suoi preparati attraverso la coltivazione di erbe. All’interno del quartiere potrebbe sorgere una struttura, nella quale sarebbero venduti i preparati ottenuti attraverso la coltivazione delle erbe e delle piante nei campi di proprietà comunale o in un edificio ad hoc.  Nelle aule disponibili o realizzabili saranno inoltre previsti corsi per tecnici degli orti botanici, per apicoltori, per coloro che vogliono apprendere nozioni di cucina naturale.  L’ informazione, affinchè sia anche una esperienza formativa, avverrà  creando una fornita biblioteca di food con testi che riguardano la tradizione della cucina lombarda di ieri e di oggi . Verrà, al contempo, svolta una sensibilizzazione al fine di creare un’agricoltura che sia anche arricchimento spirituale per chi la pratica. Saranno attivati stages per rispettare la natura e la tradizione partendo da quel che si è senza dimenticare le origini, insegnando l’utilizzo di erbe aromatiche e varietà floreali che richiamano insetti utili e impollinatori, come il fiordaliso, le calendule officinali, l’issopo, la senape bianca, la melissa, l’origano, il timo e la santoreggia. Seguendo la presenza locale si potrà creare una scuola di arte bianca con l’utilizzo delle farine alternative ricavate dagli antichi grani coltivati in loco.

Qualora la disponibilità di aree ad uso agricolo non fosse sufficiente si costruirà una struttura semipermanente in legno e vetro per colture sovrapposte a più piani, che potrebbe arrivare anche ad altezza considerevole, biotorre o vertical farm, cosi da dare l’impressione che la città restituisca il terreno sottratto per produrre cibo. Questo edificio, con una forma piramidale o a spirale per le note proprietà energetiche, al contempo utilizzerà e produrrà energie alternative, derivanti da geotermia, pompe di calore, sistemi solari, eolici e di reimpiego del vapore acqueo.  Qui saranno coltivati i prodotti ad uso alimentare.  Nell’edificio  alla base si posizionerà  la biblioteca di food internazionale  e un centro di accoglienza.  Si ipotizza inoltre di destinare uno spazio alla Spezieria . Il tipo di utenza dovrà aggregare, disoccupati, giovani  animati da uno spirito naturalistico, immigrati con permesso di soggiorno, studenti interessati all’utilizzo terapeutico e alimentare delle erbe che potranno abitare nei locali della struttura per brevi periodi seguendo una graduatoria con l’obiettivo di imparare un mestiere e  di recuperare il ruolo naturale del mondo agricolo come punto di partenza di una educazione ecologica al fine di conoscere la natura in un’ottica di conforto personale e di ritrovamento di se stessi.    


Questa scheda è stata presentata all'assessore Maran su sua sollecitazione.