Degli scali ferroviari a Milano
A Milano si dibatte sulla destinazione degli
ex scali ferroviari e vengono proposte varie ipotesi di utilizzo con indici di
edificabilità piuttosto alti in relazione alle richieste del prezzo di vendita
da parte delle FS. Il solito ragionamento è questo: siccome il valore delle
aree edificabili limitrofe è tot anche le FS è giusto che pretendano un
corrispettivo adeguato da parte del Comune. E’ assurdo che questo accada tra
due enti che avrebbero come scopo il servizio ai cittadini e il bene comune. Pare infatti che, forti di questo ragionamento
e sostenute dalla proposta della giunta Pisapia, bocciata in consiglio
comunale, di un alto indice di edificabilità le FS abbiano pensato bene di
affidarsi ad una agenzia che le mettesse sul mercato.
Sarebbe opportuno ricordare alla proprietà che il valore delle aree non
viene generato da loro azioni sul territorio ma dallo sviluppo che il Comune ha
programmato. E’ lunga la storia della regolamentazione del valore aggiunto in
urbanistica e non siamo ancora giunti alla fine in assenza di una chiara legge
dei suoli. Negli anni 60 e 70 il CIMEP espropriava a prezzi agricoli i terreni
per costruire edilizia convenzionata e popolare perchè la cultura dell’epoca
indicava il valore aggiunto dei terreni edificabili non un diritto della
proprietà ma un di più generato dalle scelte del Comune che in qualche modo
attraverso gli oneri di ubanizzazione doveva tornare a lui. Non stiamo a
sottolineare le storture e le deroghe a tale prassi. Ricordo per inciso il
dibattito che genero’ l’istitutzione dei PPA, ovvero piani pluriennali di
attuazione, che temporalizzavano la realizzazione del piano regolatore in
ragione proprio del fatto che non era un
diritto del privato il valore aggiunto. In seguito ovviamente sono stati aboliti. La giurisprudenza infatti
é riuscita ad avvallare il diritto dei proprietari di essere rimborsati, in
caso di esproprio, al prezzo di mercato che é quello di scambio anche se il
valore dipende dalle scelte del PGT. Cosi la gran parte dei proprietari
espropriati ha fatto causa al Cimep e sono stati rimborsati. Siamo arrivati
dunque all’uso in urbanistica della compensazione per mettere tutti sullo stesso
piano, in sostanza l’esproprio è diventato una contrattazione fra il privato e
il Comune, un baratto: io ti do una cosa a te tu dai una cosa a me . Questo in
teoria per non generare disuguaglianze fra i vari proprietari quando la legge
stabilisce che in caso di esproprio per pubblica utilità vanno rimborsati al
prezzo di mercato delle aree. Tutto cio’ a livello dei privati ma qui
trattandosi di enti pubblici la cosa è diversa, in buona sostanza ambedue gli
enti dovrebbero avere come scopo il bene pubblico e quindi rispondere
adeguatamente ai bisogni dei cittadini. Questi ultimi vanno indagati con
serietà, fuori dalle diatribe dei partiti e, una volta individuati, dovrebbero
fare da base alle scelte urbanistiche. Uno di sicura notorità é il bisogno di
bellezza. Ora é evidente che in una città cosi densamente edificata con
periferie trascurate, spesso disagiate e cosparse di non luoghi, questo bisogno
si traduce in necessità di natura e
risulta pregnante anche in relazione alle sondabili richieste dei cittadini e
dei comitati. Un’altra domanda palese é
quella di case a bassi costi e prevalentmente in affitto. Le cifre mostrano
chiaramente la situazione, basta guardale: il numero di sfratti per morosità
sempre più alto, i senza fissa dimora, il pendolarismo e i giovani obbligati a
vivere nella casa dei genitori ecc. Una cosa invece di cui non si sente proprio
il bisogno sono nuovi interventi speculativi in un momento in cui l’invenduto
del mercato immobiliare è a livelli piuttosto consistenti. E’ inevitabile
quindi suggerire, come è già stato fatto da diversi autori, la destinazione a
parchi con una modesta quota di edificabile all’intorno, prevalentemente in
housing sociale, inframmezzato da poca edilizia di libero mercato che
servirebbe ad incamerare gli oneri di urbanizzazione e a creare quel mix sociale
tanto auspicato dalla letteratura urbanistica. E’ importante sottolineare pero’,
come dicevo in altro scritto, che questi parchi vengano progettati e
realizzati con cura in contemporanea con
le costruzioni ai margini puntando sulla qualità altrimenti si rischia il
degrado. Questa dovrebbe essere la
proposta dell'amministrazione comunale
alle FS che essendo un’azienda statale non dovrebbe comportarsi come un privato
e tendere al proprio guadagno e non al benessere dei cittadini, ricordando che il plus valore è generato dalle scelte
comunali.
PIENAMENTE CONDIVISIBILE
RispondiEliminaMA DI DIFFICILE REALIZZAZIONE
Caro Rolando la politica é l'arte del possibile dunque dovrebbe tendere al meglio per il bene comune. La difficoltà della realizzazione non dovrebbe spaventare ma caso mai stimolare. Il problema è che in Italia oggi la Politica ha abdicato in favore dell'economia e dei poteri forti che la reggono. Bisogna tornare alla politica.
RispondiEliminapienamente condivisibile ma purtropo l'ideologia delle privatizzazioni degli enti pubblici portata aventi dalla pseudosinistra di Bersani ha trasformato quelli che erano beni e società pubbliche in soggetti privati che ragionano con logiche specuative. Renzi sta portando alle estreme conseguenze questo processo e prosegue l'azione di Monti e Letta di svendere L'italia ai poteri finanziari globali.
RispondiEliminaInvito tutti ad andare a votare NO al referendum per cercare di ostacolare questo processo in quanto la riforma metterebbe nelle mani di un futuro primo ministro il potere di controllare senza contrappesi tutta la vita politica italiana e chiunque esso possa essere questo è un rischio che non possiamo correre. Proprio l'incertezza e aleatorietà dei regolamenti previsti tra le due camere sarebbe il pretesto perfetto per ulteriori derive autoritarie che Renzi ha dimostrato nei fatti di gradire.
Hai ragione Walter le logiche speculative non sono accettabili in enti che hanno come scopo un servizio ai cittadini.E' la politica che latita.
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