Ecologia
e bellezza 1
Il
precedente articolo ha suscitato numerosi interrogativi sulla bellezza in
architettura e in generale sul concetto stesso. Ci chiediamo che cosa
significhi oggi e perchè quello che ci sembrava bello, ad esempio, negli anni
cinquanta oggi ci appare sempre più brutto.
Il pensiero ecologico ci viene in soccorso e ci dà nuove certezze anche
nei giudizi estetici, tanto aleatori. E' la crisi dei concetti di sviluppo e
progresso che ci soccorre.
Almeno
dalla fine del XVIII secolo la fiducia nel progresso umano ha sempre sostenuto
le ideologie che si sono succedute in Occidente, l'idea di progresso si è poi
legata agli sviluppi straordinari della scienza e della tecnica per cui si è
insediata nella cultura occidentale la convinzione che da una generazione all'altra
ci sarebbe sempre stato un miglioramento delle condizioni di vita. Questo credo
nel futuro ha avuto il suo acme nel periodo immediatamente precedente la prima
Guerra Mondiale anche nell'arte con il Movimento Futurista che esaltava
l'industria, la velocità e la tecnica, i suoi mezzi meccanici e vedeva la
guerra come "igiene del mondo".
Ma anche dopo, nonostante le due tragiche esperienze delle guerre
mondiali, non ha mai cessato di sostenere le due principali ideologie politiche
del 900, quella comunista e quella liberale. Solo a partire dagli anni settanta
si è fatto strada, anche a livello degli economisti il concetto di sviluppo
sostenibile e contemporaneamente il timore che le risorse potevano esaurirsi
nel breve periodo di due generazioni. Questa è la sostenibilità di cui si parla
oggi. Naturalmente come la fiducia illimitata nelle tecnoscienze ha prodotto
un’estetica anche questa ecosofia produce una sua estetica. Si rimette in
discussione il rapporto tra artificio e natura. Che nel caso dell’architettura
significa rivedere il rapporto con il luogo: si va da una topofobia ad una
topofilia. Voglio dire che nasce cosi una rinnovata attenzione a quello che si
rischia di perdere per sempre e cioè il paesaggio. Si rinnova anche un certo
interesse ai valori umani e questo cambia anche il nostro giudizio estetico:
quello che prima appariva bello perchè generava ammirazione per la volontà di
potenza e le possibilità della tecnica ora ci appare incombente e pericoloso
per la nostra salute e per quella del pianeta. La bellezza di un edificio
risulta essere quindi una delicata alchimia tra la capacità professionale di
chi lo ha progettato e costruito, con cura e attenzione al contesto ambientale
e umano, e la capacità di chi fruisce di mettersi in uno stato contemplativo
che permette di percepire questa attenzione alla vita. Ma questa condizione dei
soggetti non puo generarsi che in condizioni particolari di pienezza del vivere
e soprattutto di gioia, emozione che passa attraverso l’individuazione e
l’appartenenza ed è messa in fuga dal titanismo incombente imposto dal di
fuori. Nel mondo globalizzato abbiamo internazionalizzato un modo di fare
architettura che vuole fare soltanto marketing al potere del denaro e questo a
una sensibilità ecologica non puo apparire bello. L’internazionalismo in
architettura vi è sempre stato. Si puo notare che nella storia si alternano
momenti di chiusura e momenti di apertura, durante questi ultimi l’architettura
regionale arriva a confrontarsi con una tendenza internazionale che la
influenza in un dialogo che arricchisce. L’attuale globalismo architettonico
senza qualità, provocatorio e sterile, con la potenza dei media e dei tempi
ridotti dalla tecnologia non vuole dialogare con un contesto tradizionale e una
cultura locale ma vuole dominare e sovrapporsi. Cosi abbiamo il fenomeno di
grandi studi che progettano al di là dell’oceano o in paesi lontani senza aver
mai visitato fisicamante il luogo ed averne respirato il genius loci. In questo
modo non nasce uno stile, che é appunto l’espressione di una cultura che
necessita di tempo per essere assorbita, ma si ha solo un fenomeno di
colonialismo culturale mediatico che determina impoverimento e omologazione.
Infatti si progetta e si costruisce allo stesso modo a Koala Lampur come a
Milano o a New York. Se andiamo avanti cosi avremo gli stessi non luoghi in
tutto il globo.