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giovedì 18 settembre 2014

La poesia di Chagall

                                          Il riposo dello Stannik, disegno su carta di M. Ledda

Leggendo i commenti alla mostra di Chagall mi riaggancio ad un paragrafo del libro Ecologia e Bellezza, ed. Alinea, da me scritto nel 2004, dove definivo vera arte quella permeata di spirito religioso e l'artista un mistico. Qui affermavo inoltre  che questa non poteva essere etichettata secondo le classiche categorie della critica: figuratva, non figurativa, impressionista,espressionista, concreta, astratta, d'avanguardia o no, perchè la vera arte contiene la totalità e quindi anche gli opposti, coincidentia oppositorum è infatti una caratteristica divina. Quella di Chagall si attaglia bene a questa descrizione. Il filosofo russo Pavel Florenskij in una sua opera sulle icone affermava che l'arte occidentale seguiva una strada sbagliata e che  sarebbe stato utile rivederne il concetto stesso. Egli morì nel 1941 e quindi non aveva potuto vedere le degenerazioni succedutesi nella seconda metà del secolo. La tradizione russa, con il suo misticismo, indubbiamente ha invece salvato Chagall influenzando la sua opera e permettendogli di rimanere nel campo dell'arte pura. Abbiamo già detto in altre parti che l'artista è assimilabile ad uno sciamano che sa trasportare dal quotidiano al trascendente, fin dalle origini prendendo spunto dalle grotte di Lascaux. Seguendo questa convinzione si può affermare che tutta la buona arte del novecento desacralizzato è un tentativo di ricondursi al sacro, come realtà profonda, negli oggetti di vita del quotidiano filtrati attraverso l'attenzione artistica. La riflessione ecobiologica in atto conduce inevitabilmente a rivedere anche i canoni estetici e la stessa filosofia dell'arte. Il nuovo valore di "rispetto per la vita"in generale porta a riconsiderarne la funzione. E' una interpretazione di natura "sacrale", il contrario delle provocazioni sterili e ottuse di certa cosidetta avanguardia degli anni sessanta e settanta. Del resto, come dicevamo, la natura stessa della manifestazione artistica di per sè non è mai stata lontana da questo rispetto per la vita  se si accettano le ipotesi  sull'arte primitiva come capacità magica di evocare il potere delle immagini per ricondursi alla comunione originaria con il cosmo, nel significato dell'antico cosmos greco. Tutto questo per dire che accanto ad un'arte deviata verso risoluzioni autodistruttive il novecento ha visto anche personaggi e movimenti che si sono mantenuti fedeli e coerenti con il suo fine. Chagall ne è un esempio e la sua produzione lo dimostra, dove il mito, il sacro ed il magico si mescolano per condurre alla forza  unificante dell'amore, come colla creativa della vita. Mi piace qui citare Herman Hesse che affermava: "L'inizio di ogni arte è l'amore. Il valore e la portata di ogni arte saranno decisi innnanzitutto dalla capacità d'amore dell'artista."
Dobbiamo qui fare alcune considerazioni sulle scelte culturali di questa amministrazione comunale: prima la Merda d'artista e poi Chagall e Segantini. Evviva la libertà, ma ritengo che la coerenza sia una virtù preziosa che permette di riconoscere un orientamento impegnato al bene comune e magari anche educativo, visto che è di "sinistra". A questo proposito ricordo ancora un artista da me menzionato nei precedenti post e negligentemente lasciato nel dimenticatoio degli assessori alla cultura, benchè sollecitati da circa venti anni. Parlo del pittore Marius Ledda che ha un percorso artistico simile a quello di Chagall,  benchè non perseguitato in quanto ebreo: ha soggiornato infatti molti anni all'Est, Russia e Romania, e poi a Parigi ed in Costa Azzurra. Ha dedicato la sua vita all'arte ed il Comune possiede una ventina di opere che tiene nei sotterranei. Sarebbe ora che decidesse di premiare il merito, non credete?

2 commenti:

  1. Potrei essere d'accordo sull'affermazione circa la necessità di una rivisitazione dei canoni estetici, e della stessa filosofia dell'arte, al cospetto di quella riflessione ecobiologica divenuta ormai patrimonio comune. Uso il condizionale perché a mio avviso questa rivisitazione è già attuale, in un'"arte" contemporanea che si distacca dagli "universali" per acconciarsi sugli "effimeri", quasi sovvertendo il lavoro psicanalitico di Jung, che appunto (ri)scoprì gli archetipi greci di contro all'effimero dei cosiddetti barbari, che poi erano i persiani di civiltà millenaria.
    E' già in atto una reinterpretazione di natura sacrale, che sappiamo dove comincia ma non dove finisce, o per meglio dire dove finirà per storicizzarsi, sicuramente in territori sconosciuti al chiamiamolo passato.
    Anche l'"arte" è in perenne movimento, proteiforme, come le attuali civiltà (ma anche quelle di una volta), e non solo la occidentale, civiltà che a me paiono oggi più che mai connotate da diffuso meticciato, aspetto - questo - che considero positivo.

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    1. Mi piace il tuo commento, come al solito molto dotto, tuttavia mi trovo in disaccrdo con la tua affermazione che l'arte contemporanea sia già un prodotto della riflessione ecobiologica, che non conduce all'effimero ma proprio al fondamento dellarte, contrariamente al mercato. Quello che tu chiami effimero in effetti sono i prodotti di scarto passati per sostanziali da un mercato fittizio. Non a caso dicevo che bisogna risalire ai dipinti di Lascaux.per comprendere il significato e la finalità dell'arte. Anche se poi le sue applicazioni sono proteiformi tuttavia la riflessione ecobiologica porta a riscoprirne le radici come fonti archetipiche.

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