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mercoledì 28 ottobre 2020

Le ville di Delizia

 




                                           Le ville di delizia

 

            “L’autunno è una seconda primavera,

            quando ogni foglia è un fiore.”

                                                     (Albert Camus)

 

La pandemia ci ha portati verso nuovi stili di vita, fra questi anche quello della vacanza che, nelle diverse stagioni dell’anno, ha preso un nuovo passo. Si rivalutano luoghi a portata di regione o addirittura di provincia e in questo la Lombardia apre il suo copioso patrimonio ricordando le vacanze nelle ville di delizia dove la nobiltà e la borghesia milanese vi accedeva trasportata dall’andare lento delle carrozze. L’Italia ha una lunga tradizione di senso della vicinanza e della collettività ristretta. La pandemia ha accelerato un processo già in corso, il desiderio diffuso di decentrarsi verso zone rurali, collinari o periferiche ed anche ora che è autunno si programmano evasioni lampo in luoghi a portata di memoria che non sapevamo neppure di avere. Non si parte più in carrozza, ma in bici, in tandem, in macchine elettriche o in treno per scoprire quanto possa essere affascinante il foliage che adorna ville storiche come  Villa Arconati a Bollate definita la “Versailles” d’Italia grazie al gusto tipicamente barocco con giardini all’italiana elegantemente curati e con giochi d’acqua.

Le Ville di Delizia, nome coniato dall’incisore settecentesco Marc’Antonio dal Re, trovarono una sviluppo organico specie in Brianza il cui territorio nel settecento ne ha vissuto la grande stagione. Una magnificenza di architetture di giardini commissionati dalle grandi famiglie nobiliari dell’epoca fra cui i Borromeo, i Durini, i Trivulzio, gli Arese, i Taverna, i Morando. Sono residenze monumentali con vasti parchi e ricche di opere d’arte. Derivano queste loro caratteristiche peculiari dal fatto di essere state concepite come residenze di campagna in cui i nobili si ritiravano nei periodi di villeggiatura, dedicandosi allo svago e diletto nel pieno godimento della natura, della conversazione cortese, dell’arte, della musica, della poesia all’insegna della raffinatezza e del buon gusto. Spesso costituivano la residenza di rappresentanza del casato a cui appartenevano e di cui erano destinate a narrare gesta e fasti. Nel Rinascimento, in un periodo di generale benessere, nacque il fenomeno della villeggiatura inteso come periodo da dedicare al riposo preferibilmente in località esterne alla città, lungo i fiumi e in zone collinari che offrisse un ambiente salubre e una presenza umana estremamente ridotta. La scelta ricadeva in modo particolare sulle zone bagnate dal Naviglio Grande e dalla Martesana, in una zona che da Milano si espandeva verso il Varesotto guardando verso il lago maggiore e verso il lago di Como. Tuttavia oggi altri esempi ci giungono più a nord con villa Monastero a Varenna, sul lato lecchese del lago di Como o villa Bertarelli a Galbiate, poco distante da Lecco. Omate di Agrate Brianza ospita un gioiello senza tempo dell’architettura lombarda, Villa Trivulzio. Costruita nel sedicesimo secolo per i principi Trivulzio fu per lungo tempo una dimora prestigiosa e frequentata dalla crème della società europea e le sue delizie architettoniche furono anche narrate da Montesqieu nel 1728.  

 

 

 Le Ville di delizia, così chiamate da anni, sono una delle cose più affascinanti di Monza e di tutta la Brianza.

Quanto è bello passeggiare, a piedi o in bicicletta, osservando le meravigliose ville di delizia che popolano il Parco e la città?

Ma cosa sono le ville di delizia?

Il loro mito nacque grazie ad un trattato di Bartolomeo Taegio del 1559 che rese le ville di delizia uno status symbol della nobilta’ milanese e brianzola.

Sono delle residenze suburbane, lontane dalla città, nelle quali i nobili abitavano nei periodi di villeggiatura, soprattutto nel tratto fra i Navigli e verso la Brianza.

I nobili milanesi si allontanarono dalla metropoli a causa delle varie epidemie causate dalle carenze igieniche, dell’edilizia degradata e dall’inurbamento dalle campagne. E dove fuggire se non verso Monza ed i territori brianzoli?

La Brianza divenne così un paesaggio da paradiso campestre, grazie anche al clima più mite rispetto a Milano: ai tempi si vedevano continuamente carrozze di cavalli che andavano e venivano, artisti e celebrità ospiti da tutte le parti d’Europa.

Ci si ispirava alla vita campestre, all’amore per il bucolico tipico dei grandi poeti classici come Ovidio e Virgilio, ma anche dei grandi classici italiani come Petrarca, o rinascimentali, come Pico della Mirandola.

Nel trattato di Bartolomeo Taegio c’era un lungo esempio di ville di delizia che ancora oggi possiamo visitare ed ammirare: il conte Taverna, cancelliere del Re di Spagna, aveva la sua villa di delizia in Canonica; il cardinale Carlo Borromeo scelse invece Arona come residenza di campagna; Antonello Arcimboldi ne costrui’ una sulla via che collegava Milano a Monza; Donna Violante Sforza la volle sul lago di Como a Bellaggio.

Anche gli ecclesiastici si interessarono al mito delle ville di delizia, infatti il Cardinale Federigo Borromeo scrisse un trattatello dove invitava gli uomini di Chiesa ad un uso moderato delle residenze, per non lasciarsi troppo andare alla ricerca del piacere. Il cardinale sosteneva che a quel tempo il popolo viveva un momento difficile a causa della miseria e delle malattie, quindi non si doveva dare il cattivo esempio, anche se comunque la vita a contatto con la natura era ben voluta da Dio.

Le ville di delizia, oltre ad essere residenze di villeggiatura, furono anche teatri di grandi festeballi, battute di caccia, sedi di grandi raccolte d’arte e salotti letterari, tipici svaghi dell’aristocrazia milanese.

Monza la prima grande villa di delizia fu quella di Mirabello, voluta dai Signori di Monza, i conti Durini, o meglio, da Giuseppe Durini.

Egli scelse un’area a nord est del centro abitato, lungo il Lambro, zona favorevole per il clima, per la caccia, l’equitazione e le passeggiate nei campi.

I lavori furono diretti dal famoso architetto Gerolamo Quadrio che aveva già lavorato per il Duomo di Milano e quello di Como: egli scelse di costruire una villa a pianta a U con un corpo centrale dotato di portici e ali simmetriche laterali, tipiche delle residenze lombarde.

La villa venne chiamata Mirabello, ovvero belvedere, perchè si affacciava su un terrezzamento sopra il Lambro da cui si godeva di una bellissima vista.

Ora nella Villa Mirabello vengono spesso organizzati mostre ed eventi, che danno la possibilità di ammirare la sua grande bellezza.

Non dimenticate che c’è sempre la possibilità in Brianza di visitare le varie ville di delizia, per potersi così immergere in un piccolo mondo antico, fatto di dame e nobili, di balli sfarzosi, di magnifiche carrozze, di intrighi, di amori lontani e di cultura…tutto arricchito da una magnifica vita campestre…non sarebbe un po’ il sogno di tutti noi?





 

Villa Camperio a Villasanta, Villa Trivulzio ad Agrate Brianza, Villa Sottocasa a Vimercate, Villa Cusani Tittoni Traversi a Desio, Palazzo Arese Borromeo a Cesano Maderno... Sono solo alcune delle splendide Ville di Delizia che potrai scoprire girando in bici per la Brianza monzese. Pronto a partire?

Le ville brianzole sono definite di “delizia” perché le antiche famiglie aristocratiche, proprietarie di queste terre, vi trascorrevano il loro tempo per oziare e godersi una bucolica serenità lontano dalla città. Se vuoi scoprire le più belle Ville di Delizia della Brianza monzese, puoi scegliere di farlo in bici, seguendo il percorso che parte da Villasanta, alle porte di Monza, e arriva a Cesano Maderno, nel Parco delle Groane. Il tracciato, adatto a tutti, si sviluppa per 41.8 km su asfalto e sterrato, con un dislivello positivo di 273m e negativo di 247m (pendenza max: 6.1%, -7.6%; pendio medio: 0.9%, -0.8%). La durata? Circa 4 ore.

ITINERARIO

Da Villa Camperio a Villasanta, punto di partenza del percorso, procedi su strada fino al centro di Concorezzo. Dal retro del Municipio segui via Volta, direzione Agrate. Passato il centro vai verso Omate proseguendo per il centro di Burago. Da via Villa ti immetti su una strada serrata e passati i campi e un parco arrivi nel centro di Vimercate. Continua in direzione di Oreno, lascia la piazza e arrivi alla villa. Costeggia il parco in direzione di Arcore. Dall’abitato raggiungia la SP 7 e prendi per Peregallo. Immettiti nel percorso del Parco Lambro sino al centro di Albiate e prosegui fino a Seregno. Attraversa la periferia di Desio e raggiungi il centro di Cesano Maderno. L’itinerario si concluderà nel Parco delle Groane dove potrai immergerti nei boschi e nelle brughiere che caratterizzavano in antichità l’intero territorio brianzolo.

PUNTI DI INTERESSE

Villa Camperio di Villasanta
Oggi sede della biblioteca civica fu costruita a fine ‘600 e dotata di un grande parco.
Info utili: Biblioteca Civica di Villasanta 
Telefono: 039.23754258
Geolocalizzazione su mappa: 45.6044, 9.30009

Villa Trivulzio ad Agrate Brianza
L’edificio, proprietà dei principi Trivulzio già dal ‘500, nel ‘700 venne trasformata in villa di delizia. A fine ‘800 il complesso fu rimaneggiato dall’architetto Majnoni e nel 2000 restauri ed interventi furono finalizzati al ripristino del monumentale giardino all’italiana e del parco.
Info utili: http://www.villatrivulzio.it/ 
Geolocalizzazione su mappa: 45.57921, 9.37762

Villa Mylius Oggioni a Burago di Molgora
La villa, edificata nel ‘700 in stile neoclassico, fu acquistata nel secolo successivo da Enrico Myilius (1769-1854), ricco uomo d’affari, mecenate e filantropo, di origini germaniche.
Info utili: http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MI100-01342/ 
Geolocalizzazione su mappa: 45.59473, 9.37961

Villa Sottocasa a Vimercate
L’edificio tardo settecentesco è una rivisitazione neoclassica della villa di delizia rinascimentale. Il prospetto principale, sobrio e severo, si distingue dalla facciata posteriore più decorativa.
Info utili: Telefono: 0396659488
E-mail: turismo@comune.vimercate.mb.it 
Geolocalizzazione su mappa: 45.61231, 9.3705

Villa Gallarati Scotti Vimercate (frazione Oreno)
Il monumentale complesso barocco venne profondamente trasformato con forme neoclassiche tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 dall’architetto Cantoni. La villa di delizia è caratterizzata da un parco monumentale.
Info utili: http://www.museomust.it/drupal/itinerari/luoghi/villa-gallarati-scotti 
Geolocalizzazione su mappa: 45.61738, 9.35432

Casino di Caccia Borromeo a Vimercate
L’edificio, appartenuto ai Borromeo dal XVII sec., è caratterizzato da muri realizzati con ciottoli posti a spina di pesce divisi da filari di mattoni. All’interno vi sono affreschi datati al 1460 in stile gotico internazionale.
Info utili: http://www.museomust.it/drupal/itinerari/luoghi/casino-di-caccia-borromeo 
Telefono: 0396659488 
E-mail:turismo@comune.vimercate.mb.it 
Geolocalizzazione su mappa: 45.6179, 9.35334

Villa Borromeo d’Adda ad Arcore
Posizionata su un’altura, la villa di delizia è articolata in tre blocchi ed è datata alla metà del ‘700. Nella porzione centrale sono conservati gli ambienti di maggiore pregio e ampiezza tra cui l’antica libreria. Nel parco è presente un giardino all’italiana e la scuderia.
Info utili: http://www.villaborromeoarcore.it/ 
Geolocalizzazione su mappa: 45.62675, 9.32146

Villa Taverna a Triguggio (frazione Canonica)
Il nucleo originario del complesso, un castelliere risalente al tardo cinquecento, venne trasformato in palazzo nel’700. L’area è decorata da statue roccocò e sul retro spicca un bel giardino all’italiana di gusto rinascimentale.
Info utili: http://www.villataverna-canonica.it/ 
Telefono: 334 1656 718; E-mail: info@villataverna-canonica.it 
Geolocalizzazione su mappa: 45.64857, 9.28246

Villa Cusani Tittoni Traversi a Desio
L’edificio conserva il tipico impianto a U delle ville di delizia del’700 ed è caratterizzato all’interno dell’abitato da decorazioni in stile eclettico. Nel corso dell’800 il complesso fu ristrutturato dall’architetto Palagi.
Info utili: http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MI100-02959/ 
Telefono: 0362 392240
Geolocalizzazione su mappa: 45.61794, 9.21494

Palazzo Arese Borromeo a Cesano Maderno
Nel ‘600 la preesistente costruzione medievale fu trasformata in una villa di delizia riccamente impreziosita da stupende opere d’arte. Il cortile centrale è caratterizzato da una loggia alla genovese affacciata sul parco.
Info utili: http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MI100-02219/ 
Geolocalizzazione su mappa: 45.62842, 9.14721


Si ringraziano:






                                 



                                                           








 


   



 

 

 

 

 

 

 

 

 


domenica 4 ottobre 2020

Nuovo corso in streaming sulla bellezza



 

sabato 5 agosto 2017

La Pietà di Michelangelo


Ho condiviso il video di L’arte di guardare l’arte sulla Pietà di Michelangelo, quella che sta in S. Pietro a Roma. Questo video ha avuto più di 150.000 visualizzazioni ed è stato condiviso più di 100 volte. Credo che sia un segnale da non sottovalutare. Hilmann affermava che il  Novecento ha effettuata una rimozione : il bisogno di bellezza. Sono d’accordo ma questo concetto richiede sempre una ridefinizione ogni volta che se ne parla, purtuttavia una scultura come questa, capace di emozionare e di condurre al trascendente non ha bisogno di tante parole, parla da sola, è una meditazione marmorea. Florenski, che non amava molto il rinascimento, affermava che vi sono due modi di rapportarsi al mondo: quello contemplativo creativo e quello rapace meccanico.  In tutto il Novecento, soprattutto la seconda metà, ha prevalso il secondo. Questo successo della Pietà è la compensazione, esso ha due sorgenti intreriori alla nostra umanità. La prima viene dalla natura di cui facciamo parte, siamo orientati alla ricerca della bellezza come  nocciolo di verità che sta in noi di natura estetica e sacra. La seconda dalla religiosità che anch’essa, essendo nella sua essenza una  tendenza naturale all’armonia e all’unità, il latino religo da cui deriva significa  lego insieme, ci porta a guardare la natura nel suo lato benedetto, cioè creativo e unificante. Questo connubio dunque di arte, natura e religiosità conduce al capolavoro ammirato da tutti.  E’ vero che il Rinascimento, con il suo Umanesimo, tende a dare più che altro una visione antropocentrica e scenografica del mondo ma pur sempre denota attenzione e rispetto ad una Natura Naturans concepita come creazione che continua a creare. Michelangelo per la cultura dell’epoca è il punto di arrivo di una ricerca che parte dalla Grecia per trovare nella natura il bello ideale. Quest’ultimo si realizza con la venuta del Salvatore che condensa i tre attributi  divini: bonum, verum et pulcrum. Non a caso il nostro artista, faceva parte, soprattutto in gioventù, tempo al quale si fa risalire la realizzazione di questa Pietà, del circolo neoplatonico fiorentino fondato da Cosimo De Medici con i principali filosofi e artisti dell’epoca come Poliziano, Pico della Mirandola, Botticelli, Lorenzo De Medici e altri. La teoria neoplatonica,  che andava bene alla classe dirigente dell’epoca,  da una parte esaltava la natura nelle doti naturali del potente signore dall’altra ne  provocava un certo svilimento  in quanto decretava  che essa, benchè unico mezzo per il raggiungimento del mondo delle idee, era intrisa di imperfezioni (accidenti) che l’artista aveva il compito di cancellare. Questo idealismo faceva anche della scienza, al suo sorgere, uno strumento per comprendere la bellezza del creato  rendendola funzionale a questa ricerca. Comunque fu il Cattolicesimo innestato di pensiero greco  a ispirare questo capolavoro e la convinzione di poter raggiungere la bellezza universale. Si potrebbe dire che la presenza  in Italia di una tradizione pagana che vedeva nella dea Venere il culmine della bellezza femminile permise ai nostri artisti di trasferirla sulla madre di Cristo, Basti pensare a quanta devozione riscuoteva la Madonna  anche dai massimi poeti Dante e Petrarca. Dunque questo naturalismo rinascimentale in qualche misura fu sostenuto anche dalla presenza di questo elemento femminile impresso nella teologia.  Tutto cambio’ con la Riforma che lo annullo’ per concepire un’idea di Dio solo al maschile che non aveva certo bisogno  di arte ed emozioni per svelarsi ma semmai di successi commerciali e militari.  Questa scelta di genere anche a livello spirituale porto’ al res cogitans e res extensa di cartesiana memoria che completo’ la svalutazione della natura e diede l’avvio al suo sfruttamento. Si potrebbe dire quindi che il culto della Madonna  ha protetto il rispetto per la vita e il naturalismo artistico permettendo la realizzazione di capolavori che ancora ci emozionano.  Questo per dire cosa, direte voi.  Per dire che oggi necessita una nuova estetica che valorizzi più che mai la natura facendo tesoro anche della nostra tradizione religiosa che è stata in grado di influenzare l’arte di artisti eccelsi come Michelangelo. Un commentatore su Facebook mi ha messo come commento alla Pietà: Meglio un albero. Rispondo che ho il massimo rispetto per gli alberi e sono d’accordo sul fatto che l’albero sia un essere vivente ma  la bellezza è figlia della creatività e quanto a questo natura e arte sono sullo stesso piano, la prima perchè produce vita e la seconda perchè ne fa intravedere il trascendente se sa interpretarla senza allontanarsene presuntuosamente.   

giovedì 2 febbraio 2017

L'artista oggi


Nell’antica Grecia l’artista aveva una funzione sociale, era colui in grado di rappresentare i miti fondativi ed era una figura sacra con il compito di unire la terra al cielo. Questa missione sciamanica era già presente negli anonimi artisti di Lescaux o di altre pitture rupestri  dell’età della pietra, quindi molto tempo prima della civiltà greca. E’ da supporre che questa capacità ierofanica sia all’origine della natura stessa dell’estro artistico in generale in qualsiasi cultura.L’artista o è un mistico o non è artista. Per Mircea Eliade, grande storico delle religioni che scrisse un ponderoso testo sullo sciamanesimo, lo sciamano nelle antiche tribù aveva una funzione fondamentale  che si concretizzava nella ricerca dell’albero sacro che univa la terra al cielo, l’axis mundi, che serviva a dare identità alla comunità perché la collegava ad un luogo sacro. Assume cosi una particolare importanza la forma come possiamo constatare anche oggi nel Feng Shui cinese, elaborata dottrina derivante dagli antichi sciamani, che si basa sulla forma dei luoghi. Il candidato a questo scopo veniva scelto fra i ragazzi della comunità per delle sue caratteristiche psicologiche che oggi gli psichiatri occidentali definirebbero segni di isteria. Doveva dunque avere una sensibilità superiore per stabilire contatti con il sovrannaturale.  L’ultraterreno, ovvero il mondo degli spiriti,  lo poteva  raggiungere grazie al suo particolare rapporto con la natura indagata con il suo terzo occhio, cioé la sua capacità intuitiva, simbolica e poetica. L’artista greco  si collocava sulla scia dello sciamanismo antico ed a maggior ragione il poeta che poi era all’origine un cantastorie che narrava delle origini del mondo. Lungo l’arco della storia l’artista é sempre stato ammirato e riverito proprio per queste sue ascendenze.Attraverso le forme della natura risaliva allo spirito universale. E’di conseguenza sempre stato un personaggio importante molto spesso invidiato ed emulato. Ma finché la sua arte si confrontava con la capacità di trattare la materia sua propria, il pittore i colori, lo scultore il marmo o il bronzo, il poeta la parola e la scrittura, il musico le note, era impossibile a un mistificatore spacciarsi per artista. Di questi ve ne erano di mediocri o di più bravi ma era difficile che uno qualunque dichiarasse di essere un artista quando non lo fosse per davvero. A livello psicologico un vero artista é sempre stato, se vogliamo, un boderline vicino al folle, Ronald Laing infatti affermava che ambedue sono immersi nel mare dell’essere ma mentre il folle affoga l’artista mistico sa nuotare. Pavel Floreskij invece diceva che sia l’uno che l’altro salgono al mondo ultraterreno ma il primo sale presuntuoso con le sue credenze e ne ridiscende con i suoi fantasmi credendosi un ispirato mentre il secondo vi sale con umiltà e ne ridiscende con verità ineffabili. In epoca moderna quando la funzione sociale dell’artista si é annullata  nel mercato, dopo il periodo romantico che ha esasperato le emozioni forti e si é perduto l’aggancio con la natura e la tradizione rinunciando ad aspirare alla bellezza, ogni psicopatico è diventato un artista e un mercato pervertito ne ha esaltata la produzione di oscenità provocatorie. Ma il peggio è venuto quando l’ arte è diventata concettuale perchè si è staccata dall’esperienza e dall’abilità manuale per essere solo espressione di disagi psichici. Personalmente per valutare un artista, la sua autenticità e ispirazione guardo anche alla sua vita. Se la sua filosofia di vita o la sua arte non gli hanno procurato gioia, che è alla base dell’essere e della manifestazione del suo talento, avrò qualche dubbio. 

sabato 27 febbraio 2016

Moda e arte

                                     La Santa, acquarello su carta, cm 30x40

Leggo sui giornali che la moda ha adottato l’arte ma esiste una sostanziale differenza tra le due benchè spesso la moda si definisca appannaggio dei creativi. Le mode infatti (con questo intendo tutto cio’ che fa tendenza) enfatizzano le aspirazioni collettive del momento e siccome questo è sempre intrecciato con il potere e con l’invidia di esso, e dei suoi simboli,  mettono in scena  quanto è status symbol del momento. Che poi cambia per generare nuovi consumi, a volte visti con assolutismo perchè si aspira ad un proprio potere. La moda quindi semplifica e falsa, dando malessere e frustrazione se si trasferiscono su di essa i valori della vita. La bellezza, che dovrebbe essere alla base della ricerca artistica, sta nella diversità e nella complessità perchè funzionali alla vita. La moda dunque , se viene  investita delle nostre esigenze di assoluto e la si trasforma in culto, allora diventa una droga per anestetizzare i veri bisogni di unificazione.  Alla domanda quindi in che cosa consista la differenza tra moda ed arte si puo’ rispondere che la moda è una parodia dell’arte. Mentre la vera arte pesca nella bellezza cosmica la moda cerca di costruire modelli cui aderire. Qualche volta si serve dell’arte ma mentre quest’ultima  scava in profondità e trova la natura estetica dell’essere che dà libertà ed armonia, la prima utilizza il più delle volte il fascino del potere per creare falsi modelli di perfezione e provoca asservimento se non la si prende come un futile gioco. I giovani sono esposti a questo in quanto sentono più forte il bisogno di appartenere a qualcosa di esteriore: una comunità, un paese, una squadra  ecc. Il bisogno religioso di bellezza, e quindi cioè di unità interiore, negato si degrada dunque in bisogno di aderire a modelli esteriori imposti.  Tanto più uno è diviso dentro e tanto più si attacca a modelli esterni che sono dei sostituti di unità e quindi di amore. Si potrebbe dire che la moda è inerente allo stato di coscienza ordinario, quello causale funzionale, l’arte invece è tipica dello stato di coscienza acausale, simbolico e quindi straordinario.L’arte cerca e trova, la moda cerca e, non trovando, imita. Il fenomeno della moda è più eclatante nel campo dell’abbigliamento perchè vestirsi è comune a tutti gli uomini, che bene o male soggiacciono alle mode, ma esiste anche in tutti gli altri campi tipici dell’arte e soprattutto è presente in quello che riguarda l’abitare, altra funzione connessa all’essere uomini. Di per sè imitare non è assolutamente negativo, anzi. Anche un grande poeta come Goethe difendeva l’imitazione purchè subordinata alla verità. Per cui seguire mode non è  in sè un  male, a meno che non siano palesemente distruttive o autolesive, ma come al solito tutto si complica quando viene introdotto l’elemento potere.  Se uno pensa di acquisire più potere,  quindi prestigio, e si investe il fatto esteriore di un valore assoluto la moda allora diventa competizione vitale: se riesci a seguirla sei qualcuno se no non sei nessuno. In questo caso è un fattore alienante perchè impedisce la vera crescita che è trovare il Sè, ovvero quella parte che ci mette in sintonia con il mondo e con la natura, che è essenzialmente artistica e ci dà benessere ed energia. L’arte vera infatti è sempre un’ operazione di risacralizzazione  e quindi trasfigura i mezzi materiali di cui si serve. La moda ha un fine economicistico e utilitaristico che si scontra con le esigenze ecoantropologiche di equilibrio creativo. Nell’arte i mezzi materiali diventano oggetti di culto, nelle mode vengono consumati, buttati e finiscono nelle discariche.  

lunedì 25 gennaio 2016

Poetica del paesaggio agricolo storico

                                      Papillon, acquarello su carta

 Oggi il naturale (nel senso di evoluzione senza intervento dell’uomo) non prevale più, è anzi in strettissima minoranza sulla crosta terrestre e in specie da noi in Europa, e in Italia in particolare,  per cui quello che rimane è ormai cosi poco che è sempre bello interessante e necessario. Il concetto di bellezza insomma appare spostato dall’arte alla natura, mentre prima bella era solo l’arte e la natura era bella dove il concetto estetico dominante trovava la propria conferma. Per dirla con Kant “ La natura era bella quando aveva l’apparenza dell’arte. A dire il vero l’ambientalismo più serio oggi si accorge che non vi è contraddizione tra naturale e artificiale qualora l’uomo abbia interpretato le sue esigenze più profonde e non abbia dato libero sfogo al suoi impulsi distruttivi, infatti Kant aggiunge:”E l’arte non puo’essere bella se non quando noi, pur essendo coscienti che è arte la consideriamo come natura”. L’artificiale è il naturale trasformato e se è la creatività che ha prevalso (come profonda natura genuina dell’homo faber) dà altrettanto benessere che il naturale autentico, anzi lo stesso naturale autentico, come si diceva, risulta in questa logica prodotto di una scelta creativa dell’uomo che individua come necessario e bello lasciare le cose come stanno. In sostanza questo concetto è assimilabile  al fare di coloro che creano opere d’arte raccogliendo e scegliendo elementi naturali per lasciarli cosi come sono.  La creatività dell’uomo sta nella selezione, nella cernita, nel riconoscere la superiorità delle forze creatrici della natura, nell’essere umile e scoprire che in determinate circostanze è meglio non intervenire. Questo non significa disprezzare la propria opera modificatrice, anzi significa valorizzarla individuando dove questa è necessaria e quindi “bella” e dove  no e quindi brutta.  Passando dunque a considerare il paesaggio agricolo storico possiamo dire che esso è il risultato della modificazione del selvaggio mediante elementi naturali, o meglio, mediante elementi organici viventi. L’uomo è stato guidato nella trasformazione agricola da preoccupazioni ben lontane da intenti estetici coscienti, pero’ nel paesaggio storico si nota un aspetto caratteristico dell’attività umana: quando prevale la creatività, sia pure inconsapevole e determinata da necessità contingenti, si ha benessere psichico. L’attività agricola tradizionale, in effetti, costituiva l’incontro creativo tra l’uomo e la natura: essa viene conosciuta e incanalata verso una maggiore capacità di vita, ecco perchè il mondo rurale ha sempre destato sensazioni di benessere. L’agricoltura tradizionale ha si  modificato l’ambiente naturale ma plasmandolo con le proprie mani nello sforzo umile e generoso di adattare il naturale ai bisogni fondamentali di vita e quindi a uno scopo creativo, non distruttivo.Le  mani dell’uomo e la terra hanno costituito una sintesi che, mossa da questo fondamentale intento creativo di dare più vita, più fiori, più frutti, il più delle volte ha prodotto un risultato anche estetico. Spesso il paesaggio che ne deriva è il risultato di uno sforzo collettivo che inconsciamente è artistico se per arte con Carl G. Jung si intende la capacità di esprimere le forze primigenie del nostro inconscio collettivo che sono tensione tra materia e spirito, tra profano e religioso sempre alla ricerca di nuove sintesi al fine di una esperienza del tutto. O anche se, con William Morris, si afferma che l’arte è il prodotto della gioia del proprio lavoro a un fine creativo. Se ancora, per godimento estetico si intende la capacità , attraverso l’arte , di  raggiungere l’intuizione del tutto e il sentimento dell’appartenenza quale visione, quale panorama più di quello di un paesaggio agricolo storico dona questa sensazione? Non per nulla un personaggio come Francesco d’Assisi, che è uno dei pochi esempi occidentali del sentimento dell’appartenenza, cresce in un ambiente  antropico-naturale come l’Umbria che esprime ad altissimo livello la sintesi cui si è accennato. Tutto cambia con l’introduzione delle tecnoscienze in campo agricolo alimentare in epoca moderna.

mercoledì 3 giugno 2015

Dell'arte e degli artisti

                                               Omaggio a Monet, acquarello su carta

Vedo che ultimamente su fb si discute molto sull'arte e gli artisti anche in ragione del prezzi stratosferici pagati dai collezionisti nelle aste per accaparrarsi delle opere di dubbia reputazione, dedicherò quindi questo post all'argomento che ho già trattato sui miei ultimi due libri Ecologia e Bellezza, ed. Alinea e L'altro architetto, ed. Casagrande. L'argomento sul quale spesso si dibatte è cosa sia arte e se questo giudizio sia soggettivo, legato al gusto, oppure no.  All'Expo è stata esposta una statua dal titolo L'esibizionista che rappresenta un uomo  in posa inequivocabile che con l'impermeabile aperto mostra i  genitali. Da lì ne è nato un lungo dibattito a più voci se questa sia arte e dove quast'ultima voglia andare a parare. A mio parere sta avanzando un nuovo interesse perchè sotto si nasconde uno scontento generale per la produzione artistica contemporanea, una ricerca di senso e fame di bellezza. Ho già avuto modo di osservare che la grande rimozione del 900 è stata il bisogno di bellezza e che questa alienazione sta anche alla base della crisi ecologica. Nel mio libro L'altro architetto ho sottolineato il fatto che l'arte nel corso del secolo scorso ha abbandonato il suo fine classico, la bellezza, un sogno etico ed estetico che rifletteva una tensione verso il trascendente da individuare nella interpretazione della natura attraverso l'opera dell' artista-profeta che proprio per questo aveva un ruolo importante nella società antica. Del resto in Grecia sono  i poeti e gli artisti che tramandano i miti della religione, l'artista è un sacerdote della bellezza cosmica. Cosmos infatti è ben diverso da universo con cui lo si traduce, è un ordine che segue norme di natura estetica, ogni cosa al  posto giusto. Quando la cultura occidentale ha abbandonato il fine della bellezza, e questo è accaduto a partire dal 600 ad opera della filosofia e della scienza, specialmente con Cartesio, allora abbiamo avuto la perdita del ruolo degli artisti e la nascita del gusto. Si è passati da un'arte che aveva il  compito di trovare l'universale ad una soggettiva, individuale, che il romanticismo ha ulteriormente esaltato nella libertà e originalità dell'artista. Da lì nascono tutte le storture che oggi riscontriamo nelle degenerazioni espressive contemporanee, manifestazioni di disagi interiori e rappresentazioni di stati patologici dell'animo umano, e chi più ne ha pìù ne metta, in una corsa alla provocazione tout court per sentirsi all'avanguardia. A questo si è aggiunto il mercato del collezionismo che da una parte ha liberato l'artista dalla dipendenza dai committenti tradizionali, aristocrazia e clero, ma dall'altra ha trasformato il fine della bellezza in avidità di denaro. Questa è la situazione attuale dove non vi sono più regole se non quelle del mercato, anche in ragione della trasformazione in economia del valore di un oggetto, dal quello d'uso a quello di scambio.  Rimane tuttavia nell'inconscio collettivo la nostalgia per la natura antica dell'arte che è quella originaria degli sciamani di Lascaux, cioè della ricerca del trascendente e dell'unione cosmica ed è questo che noi andiamo cercando. Florenskij diceva che il vero artista sale nudo al mondo ultrasensibile e ne discende con verità ineffabili, l'impostore invece sale presuntuso pieno di preconcetti e ne discende con i suoi fantasmi. Questa rimane la differenza tra arte e non arte ma è difficile riconoscerla perchè anche l'osservatore deve saper guardare e andare nel profondo, da qui il coinvolgimento soggettivo e interpretativo. Insomma l'arte dovrebbe toccare le corde emotive più intime che sono di natura estetica e sacra ma bisogna vedere se noi siamo in grado di ascoltarle, questo richiede educazone e sensibilità, il contrario di interesse mercantile.

lunedì 14 luglio 2014

Paesaggi

                                                            Infinito olio su tela 70x50

Tempo di vacanze, tempo di paesaggi inconsueti. Paesaggi rurali della nostra bella Italia sintesi armoniica di natura e cultura. Oggi il naturale risulta sempre bello perché natura primigenia in se, mentre l'artificiale qualche volta è bello ma spesso è brutto, contrariamente alla concezione greca, oggi spesso si vede l'intervento dell'uomo come deturpazione. D'altra parte in una situazione in cui lo sviluppo tecnologico ha messo l'uomo d'oggi nelle condizioni di avere la possibilità di distruggere completamente la vita, e quindi gli dà la responsabilità di mantenerla, il naturale appare come un ambiente artificialmente tenuto cosi, come memoria della natura primigenia e appare bello pur nelle contrastanti tendenze estetiche. Oggi  si puo notare che non vi è contraddizione tra naturale e artificiale qualora l'uomo abbia interpretato le sue esigenze più profonde e non abbia dato libero sfogo alla sua distruttività. Il naturale autentico risulta anzi come prodotto di una scelta creativa dell'uomo che individua come necessario e bello lasciare le cose come stanno. La creatività dell'uomo sta nella selezione, nella cernita, nel riconoscere la superiorità delle forze creatrici della natura, nell'essere umile e scoprire che in determinate circostanze é meglio non intervenire. Il paesaggio storico agricolo é il risultato della modificazione del selvaggio mediante elementi naturali o meglio mediante elementi organici viventi. L'uomo nella trasformazione agricola tradizionale é stato guidato da preoccupazioni ben lontane da intenti estetici coscienti, pero nel paesaggio storico si nota un aspetto caratteristico delle attività umane: quando prevale la creatività, sia pure inconsapevole e determinata da necessità contingenti, si ha benessere psichico, cioé bellezza. L'attività agricola ha in effetti tradizionalmente costituito l'incontro creativo tra l'uomo e la natura: questa viene conosciuta e incanalata verso una maggiore capacità di vita, ecco perchè il mondo agricolo ha da sempre destato sensazioni di benessere. Nell'agricoltura tradizionale l'uomo ha si modificato l'ambiente naturale ma plasmandolo con le proprie mani nello sforzo umile e generoso di adattare il naturale ai bisogni fondamentali di vita. Spesso il paesaggio che ne deriva è il risultato di uno sforzo collettivo che inconsciamente è artistico, se per arte con Jung si intende la capacità di esprimere le forze primigenie del nostro inconscio collettivo che sono tensione tra l'istintuale e il trascendente, tra materia e spirito, tra profano e religioso, alla ricerca di nuove sintesi al fine di una esperienza del tutto.