Nell’antica Grecia l’artista
aveva una funzione sociale, era colui in grado di rappresentare i miti
fondativi ed era una figura sacra con il compito di unire la terra al cielo.
Questa missione sciamanica era già presente negli anonimi artisti di Lescaux o
di altre pitture rupestri dell’età della
pietra, quindi molto tempo prima della civiltà greca. E’ da supporre che questa
capacità ierofanica sia all’origine della natura stessa dell’estro artistico in
generale in qualsiasi cultura.L’artista o è un mistico o non è artista. Per
Mircea Eliade, grande storico delle religioni che scrisse un ponderoso testo
sullo sciamanesimo, lo sciamano nelle antiche tribù aveva una funzione
fondamentale che si concretizzava nella
ricerca dell’albero sacro che univa la terra al cielo, l’axis mundi, che
serviva a dare identità alla comunità perché la collegava ad un luogo sacro.
Assume cosi una particolare importanza la forma come possiamo constatare anche
oggi nel Feng Shui cinese, elaborata dottrina derivante dagli antichi sciamani,
che si basa sulla forma dei luoghi. Il candidato a questo scopo veniva scelto
fra i ragazzi della comunità per delle sue caratteristiche psicologiche che
oggi gli psichiatri occidentali definirebbero segni di isteria. Doveva dunque
avere una sensibilità superiore per stabilire contatti con il
sovrannaturale. L’ultraterreno, ovvero
il mondo degli spiriti, lo poteva raggiungere grazie al suo particolare
rapporto con la natura indagata con il suo terzo occhio, cioé la sua capacità
intuitiva, simbolica e poetica. L’artista greco si collocava sulla scia dello sciamanismo
antico ed a maggior ragione il poeta che poi era all’origine un cantastorie che
narrava delle origini del mondo. Lungo l’arco della storia l’artista é sempre
stato ammirato e riverito proprio per queste sue ascendenze.Attraverso le forme
della natura risaliva allo spirito universale. E’di conseguenza sempre stato un
personaggio importante molto spesso invidiato ed emulato. Ma finché la sua arte
si confrontava con la capacità di trattare la materia sua propria, il pittore i
colori, lo scultore il marmo o il bronzo, il poeta la parola e la scrittura, il
musico le note, era impossibile a un mistificatore spacciarsi per artista. Di
questi ve ne erano di mediocri o di più bravi ma era difficile che uno
qualunque dichiarasse di essere un artista quando non lo fosse per davvero. A
livello psicologico un vero artista é sempre stato, se vogliamo, un boderline
vicino al folle, Ronald Laing infatti affermava che ambedue sono immersi nel
mare dell’essere ma mentre il folle affoga l’artista mistico sa nuotare. Pavel
Floreskij invece diceva che sia l’uno che l’altro salgono al mondo ultraterreno
ma il primo sale presuntuoso con le sue credenze e ne ridiscende con i suoi
fantasmi credendosi un ispirato mentre il secondo vi sale con umiltà e ne
ridiscende con verità ineffabili. In epoca moderna quando la funzione sociale
dell’artista si é annullata nel mercato,
dopo il periodo romantico che ha esasperato le emozioni forti e si é perduto
l’aggancio con la natura e la tradizione rinunciando ad aspirare alla bellezza,
ogni psicopatico è diventato un artista e un mercato pervertito ne ha esaltata
la produzione di oscenità provocatorie. Ma il peggio è venuto quando l’ arte è
diventata concettuale perchè si è staccata dall’esperienza e dall’abilità
manuale per essere solo espressione di disagi psichici. Personalmente per
valutare un artista, la sua autenticità e ispirazione guardo anche alla sua
vita. Se la sua filosofia di vita o la sua arte non gli hanno procurato gioia,
che è alla base dell’essere e della manifestazione del suo talento, avrò qualche
dubbio.
L'interessante articolo mi richiama un tema che ho di recente proposto al cenacolo di letterati cui partecipo ("ogginpoesia"), ovvero "poesia e malattia", come specie circoscritta del più ampio genere "arte e malattia".
RispondiEliminaLo so che, per non fare della mera semiotica, bisognerebbe prima intendersi su cosa significhi "poesia", o "arte", o "malattia".
Ma indulgendo al valore convenzionale dei segni, è un fatto che eminenti artisti, e di successo fra contemporanei e posteri, siano stati dei "malati".
Anche qui bisogna intendersi. Cosa vuol dire contemporaneità e cosa vuol dire posterità?
Contestualizziamo, per semplificare: l'arte "qui e subito", l'artista "qui e subito", cioè nella sua vita, dentro la sua vita.
E allora devo dirmi non d'accordo sulla conclusione di Maurizio, nel senso che per verificare l'autenticità dell'artista occorrerebbe guardare "anche" alla sua vita, e nel senso che se questa non gli abbia tribuito gioia sarebbe da dubitare del di lui talento.
Non sarei d'accordo, anzitutto perché non mi piace, nel caso specifico del "poeta",identificare la "grafia" con la "biografia", ciò che è un portato della critica positivista tardoottocentesca tedesca, verso la quale non vanno le mie simpatie.
E poi perché se accettassimo questo criterio dovremmo concludere che la massima parte degli artisti non possano considerarsi "autentici".
O sbaglio?
Caro Fede come al solito i tuoi commenti sono molto dotti e circostanziati tuttavia la mia conclusione non è relativa al fatto che banalmente un vero artista dovrebbe essere anche sano e felice, anche perchè egli è profondamente umano e quindi immerso nelle gioie e nei dolori di tutti. Dico solo che l'espressione del suo talento e quindi del suo dharma dovrebbe dargli quei lampi di felicità fondamentale che fanno parte comunque di tutte le vite degli innamorati, dei bambini e di quant'altri amano la vita. Sono arcistufo dei lamenti e dei ripiegamenti sulle proprie tristezze, anzi queste dovrebbero essere la spinta ad ascendere se non a discendere nel nocciolo di verità di natura estetica e sacra. I grandi artisti sono come i grandi santi, Francesco d'Assisi di Hermann Hesse ne è un esempio.
RispondiEliminahttp://www.ilsecoloxix.it/p/imperia/2017/02/25/ASoKllOG-maurizio_bellezza_bordighera.shtml
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