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sabato 18 gennaio 2014

Apologia di un disertore



Avevo un prozio che aveva fatto la  Grande Guerra (di cui quest'anno ricorrono i cento anni )  e durante la ritirata di Caporetto ha disertato: è tornato a casa ed è rimasto nascosto in un armadio fino alla fine della guerra, avvenuta otto mesi dopo, per paura che i carabinieri lo scoprissero e lo fucilassero.  Infatti i disertori venivano condannati alla fucilazione che veniva eseguita con processi sommari. I soldati della prima guerra mondiale o venivano uccisi dai nemici  o dai propri superiori se non andavano all'assalto.  Forse quello zio si sarà sentito in colpa per aver disertato ma oggi, se fosse ancora in vita, gli direi che ha fatto bene e che quelli che disertavano erano i migliori elementi di quella gioventù votata al macello da una cultura militarista esaltata rappresentata da generali tronfi e paranoici e da politici irresponsabili. Si dirà che i tempi erano quelli e che i paesi dell'Europa occidentale erano abituati a risolvere le loro controversie mediante l'uso delle armi,  costume  vecchio di millenni, ma nulla vieta di rileggere oggi quegli eventi alla luce di un pensiero ecologico e sistemico che pone sotto nuove prospettive la retorica della quarta guerra di indipendenza e della cosidetta vittoria. Sono passati solo cento anni in fin dei conti, tre generazioni, l'aggressività  si è focalizzata in altri ambiti, gli stati in guerra sono diventati amici e fanno parte della Comunità Europea, hanno la stessa moneta e gli stessi interessi. I milioni di giovani morti nelle trincee per che cosa sono morti? "Chi per la patria muor vissuto è assai" recita un antico adagio per giustificare le giovani vite sacrificate nelle guerre ma non è così. Il concetto di patria è una stortura romantica voluta dai potenti che litigavano per pezzi di territori che ritenevano di dover annettere ai propri confini  per false questioni di sicurezza o di prosperità. La guerra è la negazione assoluta della creatività perchè figlia della paura e della rabbia, Von Clausewiz  diceva che essa non è nulla più che la continuazione della politica con altri mezzi, ma sono questi ultimi a fomentare le guerre. La Grande Guerra  fu la prima generata dall'industria e dalla tecnica.  Quest'ultima si contrappone all'homo religiosus, ovvero cercatore di bellezza. Alcuni storici indicano le due guerre mondiali del 900 come un'unica guerra durata quarant'anni con un' intervallo di venti perchè le ragioni dei due conflitti erano le stesse e il secondo frutto delle frustrazioni, dello spirito di vendetta del primo e della politica degli armamenti voluta dall'industria bellica. Lev Tolstoj indicava come soluzione al problema delle guerre la scomparsa  del militarismo, in effetti questo produce la macchina bellica  ovvero quella organizzazione rigida regolata dai rapporti di obbedienza assoluta agli ordini dei superiori da parte degli inferiori, che poi erano i poveri contadini e operai in un frainteso valore dell'onore e del coraggio.  Per questo motivo sono orgoglioso di questo prozio disertore. Dopo ogni guerra vi è sempre  stato un abbassamento culturale come un ritornare indietro di decenni perchè dopo ogni conflitto vi è un periodo, che dura almeno la vita dei contendenti, in cui si vive in una semplificazione fasulla, amico nemico, in un riduttivo dualismo determinato dai sensi di colpa, dalla paura e dalla rabbia degli ex nemici e queste emozioni nascoste impediscono la crescita. E' anche da notare che le guerre fanno sviluppare maggiormente la tecnologia, da cui l'opinione di alcuni che le guerre contribuiscano al progresso, ma fanno regredire la coscienza per cui a fronte di uno sviluppo del sapere tecnico abbiamo un'etica che è rimasta quella di duemila anni fa. Se in occidente, nonostante il cristianesimo,abbiamo ancora un'etica primitiva, è proprio a causa delle continue guerre che nel contempo però hanno sviluppato in modo abnorme la capacità distruttiva. Ecco allora apparire il significato dell'esortazione evangelica di amare il proprio nemico o di porgere l'altra guancia, è un' indicazione di cammino iniziatico che porta alla personalità totale, al sè appunto e al sentimento dell'appartenenza, alla bellezza dunque. Una proposta: perchè non togliamo dalle piazze e dalle vie delle città i nomi di soldati, generali e battaglie, ogni riferimento alle guerre in sintesi?