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giovedì 19 febbraio 2015

Ancora della pace e della guerra

                                        Infinito, olio su tela, cm 50x70

Gandhi predicava l'ahimsa, la non violenza. Quasi tutti i pacifisti contemporanei in qualche misura si rifanno a lui che ha portato l'India all'indipendenza senza guerre civili. Invece noi oggi assistiamo continuamente alla violenza esercitata per conquistare il potere da parte di popolazioni che si affacciano ora alla modernità, intendendo con ciò la democrazia e il mercato. La crisi dell'Ucraina con le due fazioni in lotta, quella filorussa e quella filoeuropea sono un emblema. In Libia abbiamo una situazione analoga: quella dei ribelli filoislamici che attaccano il governo legittimo appoggiato dagli occidentali. La cifra degli ambiti di crisi che impensieriscono il mondo è la violenza e stupisce la facilità con cui intere popolazioni trovino organizzazione ed armi per esercitarla. Non siamo così ingenui da non sapere che questi ordigni bellici vengono forniti dallo stesso mondo occidentale che ipocritamente condanna le guerre. E' chiaro che se non si producessero armi da guerra e non si facessero affari notevoli sulla loro vendita in zone calde quanto meno si avrebbero situazioni più chiare e la fine dei conflitti per mancanza di strumenti. Invece abbiamo paesi, compreso il nostro, che producono e forniscono armi in cambio di denaro. Dove trovino poi i ribelli tutti questi soldi non è chiaro ma è evidente che li raccolgono da chi ha grossi interessi che la guerra continui. Possiamo di conseguenza affermare che è questo tipo di economia che scatena e sostiene le guerre e dunque è definibile come un'economia di guerra che si appoggia sulla violenza. Tornando a Gandhi egli aveva insegnato agli inglesi  e al mondo che non è necessaria la violenza se i tempi sono maturi per un cambiamento e le ragioni sono giuste. Purtroppo si continua invece a praticarla come mezzo di raggiungimento del potere. A coloro che affermano che l'Italia deve armarsi per difendersi si può dunque rispondere che si è vero in un mondo violento e fondato sull'ingiustizia e sull'interesse ma bisogna congiuntamente lavorare perchè questa situazione migliori, diminuisca la forbice tra ricchi e poveri e cessi il mercato delle armi e soprattutto l'Italia pensi ad investire quei fondi alla valorizzazione della bellezza che è nemica della guerra, nei sui paesaggi, nelle opere d'arte e nei suoi musei.  Si deve fare attenzione a non cadere nella trappola della emotività generata dai fautori dei conflitti che hanno interesse a risvegliare "l'occhio per ochio e dente per dente", antico codice d'onore che porta in sè i semi della vendetta. La pace la si conquista con un sano equilibrio che considera la risoluzione militare come l'ultima risorsa quando effettivamente tutte le altre sono fallite, senza fretta di arrivare alla conquista di una sicurezza che in questo mondo non esiste. Gandhi infatti affermava che anche la fretta indebita è violenza.  Come del resto lo è la pena di morte anche se comminata dai tribunali di paesi democratici. Essa porta in sè il messaggio che la vita di ognuno appartiene allo Stato che punirà togliendola a chi commette azioni gravi contrarie alle sue leggi. Ma la vita non appartiene all'organizzazione statale ed ha in sè un mistero irrisolvibile anche dalla scienza più avanzata. Fintanto che ci saranno paesi "sviluppati" che la praticano è chiaro che non si può ipocritamente denunciare  i fondamementalisti islamici che condannano a morte i prigionieri. In Cina lo scorso anno sono state eseguite 2400 sentenze di morte  e il codice penale prevede tale pena per 55 reati, tra cui ad esempio anche lo spaccio di droga. E'chiaro che tale situazione non viene propagandata perchè ne avrebbe danno l'immagine di un paese in grande sviluppo economico ma questa realtà viene comunemente accettata come del resto viene accettata anche negli Stati Uniti, grandi paladini della democrazia.   "Occhio per occhio dente per dente" è il codice di base anhe nei paesi cristiani. Del resto la stessa Chiesa cattolica ha accolto le logiche statali e con l'editto di Costantino ha fatto da supporto allo Stato di diritto romano dove era prevista le pena di morte e la tortura ed invece di influenzarne le leggi le ha adottate e praticate. Nello Stato del Vaticano infatti fino al 1969 era prevista la pena di morte e fu comminata l'ultima volta nel 1870 con l'uso della ghigliottina, per non parlare della Santa Inquisizione nei secoli precedenti . Ora l'ISIS condanna a morte per altri motivi e spettacolarizza l'esecuzione attraverso il potere dei media occidentali. Sta dunque all'Occidente "razionale e illuminato" non cadere nel tranello dell'emotività e dare l'esempio abolendo ovunque la pena di morte. Non è anche quello dei condannati dai tribunali occidentali uno spettacolo violento e raccapricciante?                

4 commenti:

  1. "Per la pace perpetua" è un'opera di Kant dal taglio non antropologico (Kant non pensava che gli uomini potessero diventare più "buoni") ma strettamente giuridico, all'insegna della dignità dei singoli stati, dell'abolizione degli eserciti permanenti e della leva obbligatoria, del divieto di interferenze.
    Kant scriveva nel 1795, consapevole delle esperienze rivoluzionarie francesi e dell'ottimismo saintsimoniano (la nuova età dell'oro).
    Sappiamo come è andata in Francia (e altrove), col generale Carnot ("ogni cittadino nasce soldato") che costituì e organizzò l'esercito rivoluzionario per le imprese di Napoleone, figlio indiscusso della rivoluzione.
    Dpopo i fasti illuministici e post-illuministici, la speranza kantiana si asside nella Organizzazione delle Nazioni Unite (e non nella Nato!), che è stata ed è e sarà impegnata nel prevenire o nel limitare la guerra (direi: "si vis pacem, time bellum", e non "si vis pacem, para bellum").
    La riuscita dell'intento, non utopistico ma pratico, passa attraverso i comportamenti economici individuale e collettivi, che devono mirare a togliere terreno alle cause della guerra: sono d'accordo con Maurizio.
    Sotto questo profilo, la strada da percorrere è ancora molto lunga e impervia.

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  2. Hai ragione Fede, la strada non puo essere che lunga ed impervia con alti e bassi, avanzamenti e indietreggiamenti come la vita di ogniuno e in generale dei popoli ma non vedo altra via.

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  3. Gandhi ha contribuito a liberare l’India dal colonialismo con mezzi pacifici, ma ci è riuscito perché aveva come controparte gli inglesi: quando si è recato a Londra per trattare è tornato vivo nel proprio paese; non credo che ce l’avrebbe fatta se avesse avuto come interlocutori Hitler o Stalin: vedi ciò che è successo a Imre Nagy e al generale Maleter: invitati a trattare, arrestati e poi assassinati dai sovietici in occasione della rivolta ungherese del 1956.
    Tu poi scrivi che “non si può ipocritamente denunciare i fondamementalisti islamici che condannano a morte i prigionieri”.
    Tuttavia secondo me non si possono mettere sullo stesso piano le decapitazioni senza un vero processo inflitte a persone la cui unica colpa spesso è solo quella di avere una religione diversa oppure di essersi sconsideratamente recate in quei paesi per portare aiuto alle popolazioni locali, con le pene capitali inflitte in USA dopo un pubblico processo con l’assistenza di un difensore a chi ha magari stuprato e poi ucciso una ragazza.
    Detto questo, anch’io sono contrario alla pena di morte, anche perché essa comporta che lo stato si doti di un macabro armamentario di sedie elettriche, iniezioni letali, impiccagioni e quant’altro.
    Giuseppe Federico

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  4. Ti ringrazio delle tue precisazioni é vero che aveva di fronte gli inglesi ma essi hanno usato la violenza come i nazisti in più occasioni. Non ritengo che essi siano meglio dei tedeschi quando si tratta di difendere il potere. Certo la democrazia è meglio di una dittatura.

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