Vorrei chiarire alcuni punti sulla guerra in Ucraina perché qui come al solito il pensiero dualistico e riduttivo dilaga e siamo sempre al consueto problema che chi vuole uscire da questo schema viene attaccato da quelli che lo alimentano, sia da una parte che dall’altra. Premesso che Putin è a capo di un regime totalitario o quantomeno scarsamente democratico, e non goda della mia simpatia, bisogna per onore di verità ammettere che non ha mosso le sue truppe per invadere l’Ucraina senza motivazioni e solo per spirito imperialistico, c’erano ormai dal 2014 le condizioni per un intervento della Russia in una zona che, come il nostro Tirolo, apparteneva alla lingua e alla tradizione del paese confinante e che da nove anni veniva perseguitata dal governo di Kiev, quattordicimila morti non sono una bazzecola. Detto questo condanno comunque l’uso delle armi ma in questo mondo reale purtroppo chi è più forte dopo aver inutilmente minacciato agisce. L’Occidente ha gridato allo scandalo perché ha travolto il diritto all’autodeterminazione dei popoli e la intangibilità dei confini nazionali. Qui sta il punto dolente che può condurre ad una guerra totale se ci si fissa sul principio astratto. Noi viviamo in un mondo globalizzato e i confini sono sempre più labili e porosi. Non si può gridare allo scandalo per l’invasione e il non rispetto dei confini quando in altre circostanze si è fatto altrettanto, qualcuno ricorda l’invasione della Libia da parte di Francia e Inghilterra con la scusa di far fuori Gheddafi ma con un occhio al petrolio? E l’invasione dell’Irak da parte degli Stati Uniti? Dunque due pesi e due misure. Zeleski se avesse avuto a cuore il bene del suo popolo avrebbe potuto agire diversamente e non chiamare a soccorso l’intero occidente per scatenare una guerra che rischia di diventare mondiale e atomica e che non potrà mai essere vinta. Uno che aveva a cuore le vite e il benessere della sua gente, che valgono molto di più dei confini territoriali, poteva organizzare una resistenza in modo diverso così che la loro contesa rimanesse confinata. Invece appellandosi all’idea di libertà, che lui è ben lontano dal conoscere visto che l’ha tolta ai russofoni, ha scatenato una guerra per conto degli americani, ed ora tutto l’Occidente, che vogliono destabilizzare la Russia e non si sa dove si andrà a finire. Se non voleva prendere la strada della resistenza passiva alla Gandhi, poteva almeno ispirarsi alla nostra resistenza con attacchi limitati alle postazioni militari nei territori occupati senza pretendere di fare il condottiero di un esercito vincitore per conto degli USA. Ora un accordo è molto difficile con tutti quei morti e con questo attore che non rinuncia alla sua parte. Il grave di questa faccenda in Italia è che queste cose le dica Berlusconi e non un partito che si richiami al socialismo, per il quale infatti i veri nemici sono i padroni e non quelli aldilà dei confini
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giovedì 23 febbraio 2023
Ucraina
martedì 15 marzo 2022
La pace e la guerra in Ucraina
In questa
guerra fra Russia e Ucraina, come in tutte le guerre, la complessità della vita
si riduce al dualismo amici-nemici. Questo è il dramma della violenza, si
arriva alla guerra quando la coscienza si restringe per focalizzarsi su un
nemico da distruggere. E’ sempre stato così e già Eschilo affermava che in
guerra la prima vittima è la verità: ciascuno si convince della propria ragione
e la considera una verità assoluta per la quale è giusto sacrificare la propria
vita e quella altrui. Passato il momento della follia riduttiva si torna alla
comprensione ed alla complessità dei sentimenti e quello che prima era
inaccettabile e per il quale era onorevole uccidere e morire diventa
indifferente o addirittura attraente. In guerra perdono tutti vincitori e vinti
perché la coscienza collettiva degli uni si riempie di sensi di colpa e quella
degli altri di rancore e odio. Le morti degli uni e degli altri segnano la vita
delle comunità che finiscono per esaltare le virtù belliche per dare un senso
al morire della loro gioventù e inventano slogan famosi come: “chi per la
patria muor vissuto è assai”. Si obietterà ma se mi aggrediscono o invadono il
mio territorio è da vigliacchi non reagire né difendersi. Qui entriamo nei
distinguo tra guerre giuste e ingiuste, abbiamo già detto che quando si usano le
armi per uccidere è sempre ingiusto. Ho già citato in un altro punto il
pensiero di Tolstoj, che tenne contatti anche con Gandhi, attraverso il suo
personaggio Levin, un conto è la morale individuale che nel caso di un litigio
fra due persone ti fa intervenire per difendere il più debole, anche arrivando ad uccidere, un conto è la morale degli Stati quando entrano in guerra che ti
danno la licenza di uccidere chi non conosci perché porta un’altra divisa. Ogni
società punisce l’assassinio in periodi di pace, quando scoppia una guerra
allora non solo è permesso ma è anche encomiabile. Gandhi di fronte alla
prepotenza delle forze occupanti, gli inglesi, aveva inventato un’azione non
violenta, la satyagraha, cioè resistenza passiva. In che consiste? Di fronte ad
un potere ingiusto e occupante ti rifiuti di collaborare, blocchi tutte le
attività civili in modo che la vita diventi difficile se non impossibile per
chi ha invaso. Questo è un modo non violento di reagire. Questo doveva essere
praticato dagli ucraini verso una potenza schiacciante come quella dell’armata
russa, del resto la storia insegna che eserciti potentissimi, come quello di
Napoleone ad esempio, sono stati sconfitti, dopo aver invaso, dalla non
collaborazione della popolazione e dall’astuzia dei generali che non hanno mai dato
battaglia. Sarebbe stato un insegnamento al mondo e un messaggio di maggior
levatura morale che avrebbe nuociuto a Putin più che una resistenza armata comunque destinata a soccombere con migliaia
di morti e il rischio di un allargamento del conflitto. Si sarebbero risparmiate
molte vite umane ed il coinvolgimento dei civili.
mercoledì 14 settembre 2016
Assisi città della pace
giovedì 19 febbraio 2015
Ancora della pace e della guerra
Gandhi predicava l'ahimsa, la non violenza. Quasi tutti i pacifisti contemporanei in qualche misura si rifanno a lui che ha portato l'India all'indipendenza senza guerre civili. Invece noi oggi assistiamo continuamente alla violenza esercitata per conquistare il potere da parte di popolazioni che si affacciano ora alla modernità, intendendo con ciò la democrazia e il mercato. La crisi dell'Ucraina con le due fazioni in lotta, quella filorussa e quella filoeuropea sono un emblema. In Libia abbiamo una situazione analoga: quella dei ribelli filoislamici che attaccano il governo legittimo appoggiato dagli occidentali. La cifra degli ambiti di crisi che impensieriscono il mondo è la violenza e stupisce la facilità con cui intere popolazioni trovino organizzazione ed armi per esercitarla. Non siamo così ingenui da non sapere che questi ordigni bellici vengono forniti dallo stesso mondo occidentale che ipocritamente condanna le guerre. E' chiaro che se non si producessero armi da guerra e non si facessero affari notevoli sulla loro vendita in zone calde quanto meno si avrebbero situazioni più chiare e la fine dei conflitti per mancanza di strumenti. Invece abbiamo paesi, compreso il nostro, che producono e forniscono armi in cambio di denaro. Dove trovino poi i ribelli tutti questi soldi non è chiaro ma è evidente che li raccolgono da chi ha grossi interessi che la guerra continui. Possiamo di conseguenza affermare che è questo tipo di economia che scatena e sostiene le guerre e dunque è definibile come un'economia di guerra che si appoggia sulla violenza. Tornando a Gandhi egli aveva insegnato agli inglesi e al mondo che non è necessaria la violenza se i tempi sono maturi per un cambiamento e le ragioni sono giuste. Purtroppo si continua invece a praticarla come mezzo di raggiungimento del potere. A coloro che affermano che l'Italia deve armarsi per difendersi si può dunque rispondere che si è vero in un mondo violento e fondato sull'ingiustizia e sull'interesse ma bisogna congiuntamente lavorare perchè questa situazione migliori, diminuisca la forbice tra ricchi e poveri e cessi il mercato delle armi e soprattutto l'Italia pensi ad investire quei fondi alla valorizzazione della bellezza che è nemica della guerra, nei sui paesaggi, nelle opere d'arte e nei suoi musei. Si deve fare attenzione a non cadere nella trappola della emotività generata dai fautori dei conflitti che hanno interesse a risvegliare "l'occhio per ochio e dente per dente", antico codice d'onore che porta in sè i semi della vendetta. La pace la si conquista con un sano equilibrio che considera la risoluzione militare come l'ultima risorsa quando effettivamente tutte le altre sono fallite, senza fretta di arrivare alla conquista di una sicurezza che in questo mondo non esiste. Gandhi infatti affermava che anche la fretta indebita è violenza. Come del resto lo è la pena di morte anche se comminata dai tribunali di paesi democratici. Essa porta in sè il messaggio che la vita di ognuno appartiene allo Stato che punirà togliendola a chi commette azioni gravi contrarie alle sue leggi. Ma la vita non appartiene all'organizzazione statale ed ha in sè un mistero irrisolvibile anche dalla scienza più avanzata. Fintanto che ci saranno paesi "sviluppati" che la praticano è chiaro che non si può ipocritamente denunciare i fondamementalisti islamici che condannano a morte i prigionieri. In Cina lo scorso anno sono state eseguite 2400 sentenze di morte e il codice penale prevede tale pena per 55 reati, tra cui ad esempio anche lo spaccio di droga. E'chiaro che tale situazione non viene propagandata perchè ne avrebbe danno l'immagine di un paese in grande sviluppo economico ma questa realtà viene comunemente accettata come del resto viene accettata anche negli Stati Uniti, grandi paladini della democrazia. "Occhio per occhio dente per dente" è il codice di base anhe nei paesi cristiani. Del resto la stessa Chiesa cattolica ha accolto le logiche statali e con l'editto di Costantino ha fatto da supporto allo Stato di diritto romano dove era prevista le pena di morte e la tortura ed invece di influenzarne le leggi le ha adottate e praticate. Nello Stato del Vaticano infatti fino al 1969 era prevista la pena di morte e fu comminata l'ultima volta nel 1870 con l'uso della ghigliottina, per non parlare della Santa Inquisizione nei secoli precedenti . Ora l'ISIS condanna a morte per altri motivi e spettacolarizza l'esecuzione attraverso il potere dei media occidentali. Sta dunque all'Occidente "razionale e illuminato" non cadere nel tranello dell'emotività e dare l'esempio abolendo ovunque la pena di morte. Non è anche quello dei condannati dai tribunali occidentali uno spettacolo violento e raccapricciante?
giovedì 15 gennaio 2015
I fatti di Parigi
Non si possono passare sotto silenzio i fatti di Parigi e anche noi abbiamo fatto le nostre considerazioni in seguito anche al post del primo dell'anno. Dopo la massiccia manifestazione di solidarietà a Charlie Hebdo siamo tutti più sicuri che l'Occidente reagirà con la necessaria determinazione agli attacchi dei terroristi ma viene da chiedersi: il messaggio forte che ha rappresentato con l'aiuto dei media a chi era diretto? Se era diretto ai fondamentalisti credo che non li spaventi certo anzi ritengo che era quello che volevano, cioè dare il massimo di pubblicità al fatto di sangue che beninteso era una vendetta verso chi, in un certo senso, prendeva in giro la loro cultura, relegata in Francia come in Italia o in Germania alle periferie e quindi a uno stato di subalternità. In queste condizioni sociali, in cui chi si sente escluso guarda con rabbia e disperazione gli inclusi, senza speranza del proprio riscatto, dove la forbice tra chi ha troppo e chi non ha a sufficienza non sembra diminuire, la religione diventa il manifesto della propria identità che non può essere messa in discussione nè tanto meno farne oggetto di satira perchè ciò diventa profanazione. L'etimologia del termine ci aiuta a comprendere: profano significa fuori dal tempio dove vive la dimensione del sacro, come realtà profonda, atemporale. Quel nocciolo di verità che è in noi e che non subisce gli influssi del tempo profano. Una volta anche da noi esisteva un proverbio che recitava: "Scherza coi fanti e lascia stare i santi", ed il motivo era ben questo, i diseredati alla fine non hanno che la loro identità religiosa e considerano oltremodo svilente fare dell'ironia sul loro credo. In una situazione di disagio sociale e di ignoranza ci si ammazza anche per il tifo sportivo figuriamoci per una fede. Del resto l'Islamismo quando gli arabi erano conquistatori e quindi dominavano da noi in Sicilia o in Spagna era molto tollerante, molto più che le varie sette cristiane tra di loro che uccidevano e torturavano per questioni dottrinarie. L'Islam era allora la religione dei dominatori e poteva permettersi la tolleranza anche perchè nessuno si permetteva di fare dell'ironia. Quando si è ridotto alle popolazioni più povere dominate dal colonialismo occidentale è diventato intollerante proprio per le ragioni esposte sopra. Quindi a parer mio non si tratta di guerra di religioni ma di conflitto tra chi non ha e chi ha troppo, tra il sud e il nord del mondo, tra le periferie e i centri decisionali. La religione, in questo caso come in altri, è la divisa di appartenenza in un pensiero dualistico tipico tra l'altro della nostra cultura, o incultura, del cosidetto benessere e della competizione permanente. Nel mondo globalizzato dunque è il dio denaro ed il potere connesso che provoca questi conflitti. Oltretutto oggi si è aggiunta la tecnica che si è asservita al nuovo capitalismo di cui subiamo le scelte per ridurci consumatori passivi anzicchè cittadini democratoci. Quando dunque si parla di islamismo e di fondamentalismo si dovrebbe aggiungere che questa intolleranza proviene sì da un mondo che non ha conosciuto l'epoca dei Lumi ma che tale situazione è anche generata dalla grande disparità tra chi domina e chi subisce, tra chi ha molto e chi troppo poco. In sostanza si è costituito in Europa un nuovo quarto stato formato prevalentemente da soggetti di questa cultura. La religione, vissuta in superfice, è la loro distinzione. Ma del resto non dimentichiamo che anche in nome della Dea Ragione si è ammazzato molto. E' l'assolutismo dogmatico che è di per se intollerante, di qualunque natura esso sia, condito con la superficialità di un pensiero dicotomico e paranoico fomentato dalle ingiustizie sociali. L'illuminista Voltaire affermava nel suo saggio sulla tolleranza: "Siamo abbastanza religiosi per odiare e perseguitare ma non lo siamo abbastanza per amare e soccorrere". L'esortazione del mio post precedente su una maggior religiosità per la pace era in questo senso. Ecco perchè credo che a Milano la Moschea debba essere costruita e che debba essere la più bella possibile a dimostrazione della attenzione e del rispetto che ogni religiosità merita anche se si manifesta in un credo che appartiene, in Europa, alle nuove povertà, la ricerca della bellezza si sa è anche un antidoto all'amore per la guerra. Per questo ritengo che la manifestazione di Parigi con questa esibizione di capi di stato sia stata inutile e forse dannosa, perchè il messaggio presuppone un destinatario che in questo caso non è chiaro, quando si annida nelle ingiustizie della nostra stessa società.
giovedì 1 gennaio 2015
Primo dell'anno 2015
domenica 17 agosto 2014
Ancora di pace
lunedì 6 gennaio 2014
Pace agli uomini di buona volontà
Allora non vi è nulla da fare? Una terapia vi sarebbe ed è quella suggerita dal mito che tanta parte ha nel nostro inconscio appunto di uomini occidentali. Marte viene disarmato da Venere, dea della bellezza. E' quindi nella soddisfazione del bisogno di bellezza e nel riconoscerne la sacralità che si può evitare la guerra, per questo è necessario un nuovo paradigma che esalti valori non marziali. Il femminismo, che finalmente torna a farsi sentire, in parte ha contribuito a sradicare vecchi archetipi maschili legati alla figura del guerriero.Si dovrà dunque incrementare nella società quei modelli e quei valori che aprono al dialogo, alla comprensione ed al compromesso anzicchè alla competizione, alla durezza, all'intransigenza ed alla combattività. Un pensiero ecologico, sistemico, tradizionalmente più femminile che maschile, che superi le dicotomie. Venere apre al piacere dei sensi, ai tempi lenti , alla qualità ed alla cultura. Per questo vanno educati gli educatori affinchè esaltino una conoscenza del bello e non sarà certo la scienza parcellizzata al servizio di una economia ancorata ai valori dell'avere e del vivere in superficie, anzicchè a quelli dell'essere, che sarà in grado di fare questo.