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mercoledì 15 aprile 2015

Il design dei fuorisalone


Rileggendo il post sulla creatività del 9,11,2013 cerco di collegarlo al Salone del Mobile o meglio alla Settimana del design a Milano. Bisogna riconoscere che negli anni un evento fieristico ha contagiato tutta la città che per una settimana si veste a festa e si riempie di Fuori Saloni che attirano sempre molto pubblico. Sì, perchè in verità la vera creatività e la dimostrazione di vitalità della città sta proprio in questa proliferazione di iniziative che allargano a macchia d'olio gli spazi espositivi. Non sempre si tratta di opere creative, a volte notiamo una certa ripetitività ed esibizionismo, ma siamo in queste giornate propensi ad assolvere tutti perchè consapevoli che sotto vi è gioia di partecipare, di contribuire in qualche modo a fare sistema, come si usa dire, per rendere migliore Milano, si sente nell'aria la festa di primavera, come quando nel dopoguerra vi era la fiera campionaria che ,dopo le ristrettezze del periodo bellico, nel paese della fame portava la cuccagna . Questo è un modello che dovrebbe essere perseguito anche da Expo, forse, come qualcuno inascoltato suggeriva, sarebbe stato meglio prevedere un evento distribuito in tutta la città anzicchè localizzarlo in un'area con tutti i problemi che genera l'utilizzo di questa nel dopo evento. Ma questo è un'altro discorso che ci riporta alla incapacità della nostra politica di essere effettivamente creativa, tuttavia qui non voglio fare il guastafeste, chi fosse interessato al rapporto fra potere e progetto lo invito a leggersi l'Altro architetto, Casagrande Editore in Lugano e Milano che verrà ripresentato e discusso lunedi 20 aprile, ore 17.30 alla Società Umanitaria con Fiorello Cortiana, Morris Ghezzi e Lidia Arduino.
 Il design come termine inglese che riassume in se la creatività artistica nasce con la rivoluzione industriale quando il prodotto in serie, dovuto all'impiego della macchina come moderno mezzo di realizzazione dell'oggetto, necessita di un nuovo linguaggio e di un nuovo rapporto tra artigiano e industria. Il prototipo è sempre frutto di un lavoro artigianale ma  deve tener presente di doversi adattare  alla produzione in serie. Il pezzo unico è ormai un'eccezione per ricchi snob, l'etica del design è quella di mettere a disposizione di un pubblico più vasto e con mezzi economici più limitati quegli oggetti che un tempo erano solo delle classi abbienti. Dare quindi una veste esteticamente valida ad oggetti del quotidiano era il compito del design, il funzionalismo usando, ad esempio il linguaggio di un Mondrian, rinnova il plasticismo tradizionale adattandolo al mezzo meccanico. Questo risale ai primi decenni del secolo scorso. Lo sviluppo dell'industria e della comunicazione hanno apportato anche in questo campo notevoli cambiamenti. Innanzitutto si è potuto constatare che la pubblicità conta molto più che un buon design, come nel campo artistico vale più la comunicazione che non il valore in se e un oggetto di scadente fattura ma comunicato  come buono prevale su quello effettivamente valido ma comunicato male. Nascono infatti i logo che garantiranno a priori la qualità in ragione del loro potere comunicativo. Si genera così un processo diseducativo che allontana dalla bellezza e dalla creatività.  Arredare invece una casa dovrebbe essere creare, fare una casa dovrebbe essere come scrivere dei versi o fare della musica. L'intuizione, l'invenzione e l'energia dovrebbero guidare il processo creativo per non cadere nella dipendenza dalle mode. Per quanto riguarda il mio contributo di creatibvità lo troverete su www.mauriziospada.jimdo.com




2 commenti:

  1. Ho letto un interessante articolo del filosofo e intellettuale ceco Vilèm Flusser (1920-1991), "About the Word Design" (1993), dove si configura il design come un ponte fra il mondo dell'arte e quello della tecnologia, sciogliendosi così una dicotomia persistente a suo dire da secoli, almeno fino al Rinascimento.
    Ma io direi anche oltre, persistente fino ai noti teorizzatori della morte dell'arte (Nietzsche, Benjamin, Adorno, Heidegger, se non addirittura Hegel, quando afferma che l'arte appartiene al passato).
    Il "mercato", in questa prospettiva, è stato ed è palingenetico.
    A Ferrara, dove prosperò il primo urbanista europeo (Biagio Rossetti) alla corte di Ercole I d'Este, gli zuccherifici sono divenuti a distanza di un secolo opere d'arte industriale, dove ora hanno sede le università.
    Si tratta soltanto di avere...pazienza, e attendere una storicizzazione anche degli oggetti (ai posteri...).
    Del resto, non veneriamo forse, oggi, i ciati e le anfore etruschi greci romani, che non erano altro che beni di consumo?

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  2. Caro Fede ti ringrazio per il tuo dotto commento tuttavia quello che dice il filosofo è scontato ed è nella stessa ragion d'essere del design come ho scritto sopra. E' vero che esiste la dicotomia tra arte e scienza (non tecnologia) ma questo fin dai tempi di Aristotele: l'arte crea da se le sue regole mentre la scienza segue quelle necessarie. Quanto ai teorizzatori della morte dell'arte e al mercato direi che è proprio il mercato che uccide l'arte.

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