C’è molta polemica sulla riapertura dei navigli. Ciascuno porta buone
ragioni per il si o per il no ed è difficile districarsi fra queste opinioni.
Alcuni affermano che l’opera sarà costosissima e di questi tempi sarebbe meglio
impiegare quei soldi per rigenerare le periferie, altri vedono l’operazione più
che altro come una trovata turistica che porta valore solo al centro città,
infine altri ancora affermano che avendo fatto un referendum nel 2011,ed avendo
avuto circa 500.000 si, bisogna ascoltare i cittadini e mettere mano alla
riapertura. Altri, ancora per il si. dicono che l’avvio dei lavori potrebbe
costituire una occasione per una presa di coscienza della situazione idraulica
milanese per migliorarla. Che dire a fronte di tutte queste belle
considerazioni ? Personalmente credo che ve ne sia un’altra a favore del
si, che nessuno ha citato per paura di apparire patetico, ed è quella della
bellezza. Questo concetto è cambiato
dagli anni venti della chiusura, impregnati di futurismo. I popoli
civili hanno sempre aspirato a costruire città belle, anzi erano chiamati
civili proprio per questo e la città era bella perchè offriva esempi di cura,
attenzione ed amore che creavano luoghi ameni, adatti a starci bene, e questi
risultavano da una mescolanza di natura e cultura frutto della creatività umana. Fra gli
elementi naturali l’acqua ha sempre avuto uno spiccato valore simbolico, è fons
e origo per citare il filosofo Bachelard, soprattutto dove andava a compensare
il prevalere della pietra e del cemento. Il funzionalismo del secolo scorso ha
negato questo bisogno privilegiando le esigenze del traffico automobilistico e
della speculazione edilizia. Quando frequentavo la facoltà di architettura
negli anni sessanta un professorone di progettazione, che in seguito diventò un
archistar internazionale, avendo dato come tema una scuola elementare,
suggeriva di posizionarla su una piastra di calcestruzzo a cavallo di uno snodo
stradale a traffico veloce. Ora questo sembra ridicolo rispetto ai nuovi gusti
generati dal pensiero ecologico ma allora sembrava il non plus ultra della
modernità e dell’educazione. Dicevo dunque che rispetto agli anni in cui furono
coperti i navigli alla « città che sale » si è sostituita la città
lenta. Ecco dunque un buon argomento a favore della riapertura poichè credo che
sia il segnale di una nuova estetica, soprattutto in una città come Milano che
negli anni scorsi ha pesantemente favorito nuovi massicci interventi
squilibranti come Porta Nuova ed Ex Fiera dove ha trionfato la tecnica
globalizzante, distopica e banalizzante. E’ ormai a noi chiaro che la crisi
ecologica del mondo moderno sia figlia di una crisi estetica dove il bello è
stato sostituito dall’utile e la natura sfruttata a dismisura. Per questo motivo bisogna evitare che la
riapertura consista nel progettare dei laghetti da cartolina a scopo turistico
che contrastano con la tradizione. Cercare l’identità perduta è una operazione
delicata che richiede molto studio.
La riapertura dei navigli, di tutti i navigli, è iniziativa plausibile, proprio per conferire alla città un'aura di bellezza.
RispondiEliminaL'approccio alla materia, more solito, viene ideologizzato.
I navigli vennero ricoperti (ne parlava già il "Piano Beruto" del 1884) non soltanto per ragioni funzionali ma pratiche, da quelle viabilistiche a quelle igieniche (scarichi degli immobili adiacenti), non esclusa la "pietas" per i suicidi.
Il Manzoni, ad esempio, non li poteva sopportare.
Si paventa la compromissione della viabilità pubblica (la circolare 94).
A me pare che rimanga lo spazio per una corsia ad hoc.
Certo l'iniziativa sconvolge la viabilità privata.
Non me ne preoccuperei più di tanto, ed anzi, dal canto mio, come già altre volte su questo blog, auspicherei la pedonalizzazione dell'intero Corso Buenos Aires.
Con esiti apprezzabili nell'interesse della generalità, come nel caso di Corso Garibaldi e Via Sarpi.
Qualche anno fa ero in aereo con una compagnia straniera e scorrevo l'home magazine. Non a caso, Milano era definita e reclamizzata come la città dei navigli.
Già la città dei navigli, che sono stati coperti da una cultura disattenta proiettata in avanti con una fiducia illimitata in una tecnoscienza che trascurava la storia e la tradizione.
RispondiEliminaSarebbe bellissimo se riaprissero i navigli. Ma dubito che lo faranno: troppo costoso, troppe lamentele dai fanatici dei motori.
RispondiEliminaOrmai credo che questa amministrazione si sia troppo esposta sull'argomento e tutto come al solito è voltato in politica. Il rischio invece è che si faccia un pasticcio scoprendo solo alcuni pezzi per ripicca
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