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venerdì 3 giugno 2022
La cultura della bellezza
sabato 16 ottobre 2021
Master sulla bellezza
La
bellezza è nella natura e noi impariamo ad apprezzarla fin dalla più tenera
età. Il 900 ci ha alienati della sua presenza nelle cose e della nostra
capacità di coglierla. E’ diventata un orpello e un lusso per pochi. Dobbiamo
quindi riconquistare la nostra sensibilità sapendo che non ci è data
gratuitamente ma è il frutto di un lavoro di approfondimento. Per quanto
riguarda le opere dell’uomo la bellezza è il prodotto di un atteggiamento di
cura, attenzione e amore per il proprio lavoro. Ecco perché l’Istituto Uomo e
Ambiente, da sempre presente sui temi dell’ecologia e dell’estetica ha voluto
organizzare questo corso on-line per chi vuole approfondire la tematica,
soprattutto gli architetti che sono delegati a trasformare l’ambiente ma anche
ogni persona intelligente.
Il corso è diviso in cinque giornate: la prima è dedicata
alla filosofia perché è dalle opinioni generate da essa che provengono le
scelte in campo estetico. La seconda è sulla natura con esperti che la studiano
e la utilizzano con creatività. La terza verte sul paesaggio e sull’arte poiché
anche quest’ultima nel secolo scorso ha deragliato dalla sua finalità naturale,
cioè la bellezza. La quarta è dedicata
all’architettura ed infine l’ultima è sulla pratica e cioè come tradurre in
azioni l’importante bisogno sociale di equilibrio, ordine, eleganza e coerenza
che sono i principali attributi della bellezza.
sabato 4 settembre 2021
Transizione ecologica a Milano
Le prossime elezioni amministrative
dove il sindaco uscente Beppe Sala si è iscritto ai Verdi e viene sostenuto dalla
lista Europa Verde impone una riflessione sul significato di una politica
ecologica. Oggi in piena pandemia va di moda essere ecologici ma cosa voglia
dire questa affermazione riferendosi all’urbanistica di una città molti non
sanno, immaginano abbia a che fare con più parchi, più alberi e l’aria meno
inquinata. Questo si chiama riduzionismo ecologico o, usando un neologismo
inglese, grenwashing o verde di facciata. Applicare il paradigma ecologico a
una città non è cosa così semplice, non basta piantare alberi anche se questa è
sicuramente cosa buona. Ricordo che il paradigma ecologico è la non separatezza
dei fenomeni che si traduce in un pensiero sistemico. La città dunque viene
vista come un organismo e non un meccanismo come nella recente tradizione
modernista. In ogni organismo la parte è collegata al tutto e interagisce con
le altre parti. La città dunque diventa il luogo fisico delle interrelazioni come
in un ecosistema. Cosa vuol dire questo? Che se operiamo in un settore
coinvolgiamo tutto il sistema, il suo
equilibrio, e se massimizziamo un aspetto gli altri perdono la loro
ottimizzazione generando effetti negativi che prima venivano compensati
nell’equilibrio omeostatico generale. Questo vale anche per la città se la
consideriamo da un punto di vista ecologico, dunque non si può agire per
settori o per funzioni separate e soprattutto non si può operare con azioni che
non prevedano retroazioni, cioè le conseguenze sul sistema. Ora tornando a parlare di Milano con tutta la
buona volontà non la si può considerare una città ecologica. Come si diceva
tempo fa in uno dei nostri convegni, qui operano due urbanistiche: una legata ai poteri
finanziari che hanno costruito la città rendendola invivibile e tendono a
realizzare i loro profitti a scapito del bene comune, sono il frutto di una
politica neoliberista che esalta il mercato e vogliono disegnare un futuro
appariscente aumentando ancor più i problemi di sostenibilità, l‘altra che vi
si contrappone vorrebbe disegnare una città più umana. Questa seconda è
alternativa sia nelle idee sia nelle forze che la reggono. Le sue radici stanno
nei comitati, nelle comunità, nelle cooperative, nei consorzi, nei sindacati e
nelle associazioni democratiche della società civile che desiderano una
migliore qualità della vita. La prima
segue il metodo tradizionale dello zoning e tende a separare inseguendo il
dualismo classico centro periferia e pianifica per quartieri monofunzionali
provocando emarginazione e conflitti. Fino ad ora, in particolar modo dall’amministrazione
Albertini ma anche Moratti e finanche Pisapia, per non parlare dell’ultima
giunta, i grandi gruppi finanziari hanno avuto mano libera e hanno dettato le
regole del gioco incamerando i profitti e facendo pagare ai cittadini i
disagi. Una città ecologica inverte la
tendenza, non si sottomette al capitale ma indirizza le scelte verso il
benessere abitativo dei cittadini che non vengono più considerati consumatori
passivi ma partecipanti attivi alle scelte urbanistiche. Ora la pandemia ha
messo in luce alcune criticità, ha mostrato il grave problema degli emarginati
e dei senza tetto ed è a questi che deve essere data risposta da parte
dell’ente pubblico se si vuole rigenerare la città ricordando che non esiste
benessere ambientale senza giustizia sociale e che le periferie degradate
determinano uno squilibrio che arriva fino al centro enfatizzato. Ora Milano ha
diverse opportunità per invertire la tendenza e contribuire alla costruzione
della città ecologica che vuol diventare e le elenco qui di seguito.
La riprogettazione delle aree
dismesse e in particolare degli scali ferroviari con la finalità di un utilizzo
rigenerante e integrato. L’incremento delle aree a verde rinunciando alla
tentazione magniloquente di un secondo
stadio per il calcio con annesse speculazioni immobiliari. L’incentivazione
dell’edilizia sociale. Il disincentivo dell’uso dell’auto privata a
combustibile fossile. L’incentivo delle energie pulite e rinnovabili per i
riscaldamenti domestici. La valorizzazione delle periferie. L’incentivazione
della solidarietà e della partecipazione.
Questi sono i compiti per la nuova
giunta se vuole realmente andare verso una transizione ecologica che non sia
solo di facciata e fare di Milano una città bella che rispetta la vita vera.
venerdì 26 febbraio 2021
Territorio e pensiero ecologico.
Territorio e pensiero ecologico è il primo seminario che l'Istituto Uomo e Ambiente ha organizzato in collaborazione con la Casa dell'Agricoltura
giovedì 16 luglio 2020
giovedì 26 marzo 2020
Coronavirus
domenica 12 gennaio 2020
Gli alberi di via Bassini a Milano
martedì 29 ottobre 2019
In ricordo di un amico che scompare
lunedì 8 aprile 2019
Master di ecologia e bellezza
martedì 19 marzo 2019
Gropius e il Bauhaus, cento anni di storia.
venerdì 23 novembre 2018
venerdì 29 giugno 2018
Della riapertura dei navigli milanesi
lunedì 18 aprile 2016
sabato 27 febbraio 2016
Moda e arte
lunedì 25 gennaio 2016
Poetica del paesaggio agricolo storico
Oggi il naturale (nel senso di evoluzione senza intervento dell’uomo) non prevale più, è anzi in strettissima minoranza sulla crosta terrestre e in specie da noi in Europa, e in Italia in particolare, per cui quello che rimane è ormai cosi poco che è sempre bello interessante e necessario. Il concetto di bellezza insomma appare spostato dall’arte alla natura, mentre prima bella era solo l’arte e la natura era bella dove il concetto estetico dominante trovava la propria conferma. Per dirla con Kant “ La natura era bella quando aveva l’apparenza dell’arte. A dire il vero l’ambientalismo più serio oggi si accorge che non vi è contraddizione tra naturale e artificiale qualora l’uomo abbia interpretato le sue esigenze più profonde e non abbia dato libero sfogo al suoi impulsi distruttivi, infatti Kant aggiunge:”E l’arte non puo’essere bella se non quando noi, pur essendo coscienti che è arte la consideriamo come natura”. L’artificiale è il naturale trasformato e se è la creatività che ha prevalso (come profonda natura genuina dell’homo faber) dà altrettanto benessere che il naturale autentico, anzi lo stesso naturale autentico, come si diceva, risulta in questa logica prodotto di una scelta creativa dell’uomo che individua come necessario e bello lasciare le cose come stanno. In sostanza questo concetto è assimilabile al fare di coloro che creano opere d’arte raccogliendo e scegliendo elementi naturali per lasciarli cosi come sono. La creatività dell’uomo sta nella selezione, nella cernita, nel riconoscere la superiorità delle forze creatrici della natura, nell’essere umile e scoprire che in determinate circostanze è meglio non intervenire. Questo non significa disprezzare la propria opera modificatrice, anzi significa valorizzarla individuando dove questa è necessaria e quindi “bella” e dove no e quindi brutta. Passando dunque a considerare il paesaggio agricolo storico possiamo dire che esso è il risultato della modificazione del selvaggio mediante elementi naturali, o meglio, mediante elementi organici viventi. L’uomo è stato guidato nella trasformazione agricola da preoccupazioni ben lontane da intenti estetici coscienti, pero’ nel paesaggio storico si nota un aspetto caratteristico dell’attività umana: quando prevale la creatività, sia pure inconsapevole e determinata da necessità contingenti, si ha benessere psichico. L’attività agricola tradizionale, in effetti, costituiva l’incontro creativo tra l’uomo e la natura: essa viene conosciuta e incanalata verso una maggiore capacità di vita, ecco perchè il mondo rurale ha sempre destato sensazioni di benessere. L’agricoltura tradizionale ha si modificato l’ambiente naturale ma plasmandolo con le proprie mani nello sforzo umile e generoso di adattare il naturale ai bisogni fondamentali di vita e quindi a uno scopo creativo, non distruttivo.Le mani dell’uomo e la terra hanno costituito una sintesi che, mossa da questo fondamentale intento creativo di dare più vita, più fiori, più frutti, il più delle volte ha prodotto un risultato anche estetico. Spesso il paesaggio che ne deriva è il risultato di uno sforzo collettivo che inconsciamente è artistico se per arte con Carl G. Jung si intende la capacità di esprimere le forze primigenie del nostro inconscio collettivo che sono tensione tra materia e spirito, tra profano e religioso sempre alla ricerca di nuove sintesi al fine di una esperienza del tutto. O anche se, con William Morris, si afferma che l’arte è il prodotto della gioia del proprio lavoro a un fine creativo. Se ancora, per godimento estetico si intende la capacità , attraverso l’arte , di raggiungere l’intuizione del tutto e il sentimento dell’appartenenza quale visione, quale panorama più di quello di un paesaggio agricolo storico dona questa sensazione? Non per nulla un personaggio come Francesco d’Assisi, che è uno dei pochi esempi occidentali del sentimento dell’appartenenza, cresce in un ambiente antropico-naturale come l’Umbria che esprime ad altissimo livello la sintesi cui si è accennato. Tutto cambia con l’introduzione delle tecnoscienze in campo agricolo alimentare in epoca moderna.