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giovedì 23 gennaio 2020

Rigenerare le periferie








              Pulire le scritte sui muri è un primo passo per la dignità di un quartiere (Baggio)




Il seguente scritto  di Giovanni Poletti, ex presidente della cooperativa Abitare, sua relazione al nostro ultimo convegno sulla casa, rappresenta per noi la modalità giusta per operare una rigenerazione urbana.

Non è molto semplice definire cosa sia la BELLEZZA legata alla casa ed al suo contesto.
 In generale credo che ognuno abbia una reazione diversa davanti alla BELLEZZA, e ritengo che queste diversità di sensazioni siano ricollegabili ai differenti stati d’animo, ai problemi che ci si porta addosso e alla complessiva situazione ambientale.
Ma se è impossibile rispondere ai problemi personali è tuttavia attuabile una politica del BELLO, inteso quale combinazione tra efficienza, funzionalità, qualità ambientale e sociale e abitazione, ma non nel senso del rifugio, del fuggire, del chiudere la porta blindata perché fuori il mondo è cattivo e mi vuole male. Quando mai chi vive queste situazioni può vedere attorno a sé la BELLEZZA?
BELLEZZA vuol dire anche armonia, ordine, direi buon gusto.
Si è vero, ma vediamo la BELLEZZA attorno a noi quando c’è pulizia, quando i servizi tecnici del caseggiato funzionano, quando il verde è ben tenuto, quando la raccolta differenziata viene attuata correttamente, quando qualcuno interviene nel caso di mancato rispetto del regolamento, quando si esce in strada e le buche nell’asfalto vengono coperte, ecc….
Vengo a qualche cosa di più concreto, convinto che qualsiasi intervento di risanamento, di riconversione al BELLO, debba tenere conto di chi lo deve fruire e contribuire al suo mantenimento.
Cambiare un citofono rotto, cancellare scritte sui muri o sugli ascensori, avere paura a scendere in cantina o quant’altro, senza accompagnare l’intervento risanatore con una riqualificazione sociale, vuol dire riprodurre la malattia senza fare terapia.
Ovviamente non sto parlando delle nuove bellissime costruzioni che mi riempiono di soddisfazione per la mia Città, ma per le quali lascio ogni considerazione ad altri che interverranno questa mattina.
Mi riferisco a quella grande parte della Città che non fa parte del BELLO di Milano ed i cui abitanti raramente sono nelle condizioni di vedere e godere del BELLO.
Ripropongo una sintesi del Programma degli interventi già attuati su 1.700 abitazioni di una grande Cooperativa Edificatrice, a Niguarda, oggi Coop. Abitare con 2.750 abitazioni, a seguito della fusione con le Coop. Edificatrici di Affori e Dergano. 
I problemi che si presentavano erano i soliti, dopo anni di mancati interventi di manutenzione ordinaria poi diventati ovviamente di straordinaria manutenzione. Conseguentemente il comportamento degli abitanti   denotava un certo distacco dalla Cooperativa e dai suoi valori fondanti.
All’inizio del mio mandato mi sono chiesto se veramente conoscessi le famiglie che vi alloggiavano e quali fossero le loro attese, i problemi più acuti, le partite più in sofferenza. Incaricammo due assistenti sociali di svolgere una ricerca mirata a tal fine
 Contemporaneamente abbiamo svolto una indagine sul patrimonio, sullo stato conservativo, ma con un occhio alle questioni più critiche e come risolverle cogliendo l’occasione degli interventi programmabili per fare un salto in avanti per la qualità dell’abitare.
In quel periodo la Lega delle Cooperative del settore abitazione cambiò il concetto di Cooperativa di Abitazione in Cooperativa di Abitanti. Questa non fu una mera variazione lessicale, ma la base, la motivazione profonda di un radicale cambiamento della strategia gestionale delle Cooperative.
Davanti ad uno strisciante problema di impoverimento di quella cultura della partecipazione e della solidarietà, i grandi pilastri degli   ideali cooperativi ci si rese conto che anche un valido programma di interventi   sul patrimonio abitativo della Cooperativa non era sufficiente ad invertire una rotta che ci stava portando diritto a diventare un insieme di condomini litigiosi.
Una indagine del 1994 aveva evidenziato che circa il 40% dei soci abitanti si era espresso positivamente circa l’acquisto dei loro alloggi.
Era il segnale che il Corpo Sociale, la Cooperativa si stava disgregando e che si doveva intervenire parallelamente in diverse direzioni.
Decidemmo una operazione a tenaglia: da un lato un esteso programma di interventi sul patrimonio edilizio, quasi di riqualificazione e dall’altro un programma di rilancio, di rafforzamento del tessuto sociale
Tema numero 1) il programma di interventi sul patrimonio edilizio
Durata 15 anni, finanziamento dei costi pari a 25 milioni di euro, con mutui venticinquennali, costi a carico dei soci, sulla base della superficie degli alloggi, senza distinzione della vetustà del quartiere, contributo a carico del bilancio della Cooperativa pari al 15%.
Tutti iniziarono a rimborsare i costi indipendentemente dalla   realizzazione degli interventi e dei loro costi.
Va rilevato che fu posta grande attenzione alla qualità degli interventi con i seguenti punti di forza:
- identificazione ed eliminazione dell’amianto, nel rispetto delle vigenti normative. E non fu poca cosa anche in termini di costi.
- cappotto termico o insufflaggio per le facciate in rifacimento
-realizzazione di impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica su tutti i tetti disponibili, con una produzione  di 900 Kw di picco (contro una produzione italiana di 50.000 Kw.)
- aumento del verde in misura del 20% e realizzazione di giardini con programmi pluriennali di manutenzione
-ammodernamento delle centrali termiche, con l’adozione di caldaie di ultima generazione e delle pompe di calore
-piano di ammodernamento degli ascensori.
- realizzazione in tutti i quartieri di aree giochi per i bambini
- ammodernamento degli impianti di ascensori realizzati in tutte le case.

Tema numero 2: attenzione al Corpo Sociale
L’indagine espletata sul corpo sociale valutando soprattutto le fasce più deboli o quelle situazioni segnalate in difficoltà, mise in evidenza che il problema più grave era la solitudine.
Causa primaria era lo sfilacciamento dei rapporti familiari in particolare delle persone anziane; le conseguenze erano il loro decadimento psico-fisico, con l’abbandono delle terapie, la trascuratezza complessiva della persona e dell’alloggio.
Ci siamo chiesti cosa mettere in campo per dare una risposta ai problemi evidenziati e più in generale su quali basi rilanciare e rafforzare il tessuto sociale.
Abbiamo voluto scommettere su due obbiettivi:
LA CULTURA E LA SOCIALIZZAZIONE
PER LA CULTURA furono realizzati il teatro della Cooperativa di via Hermada la cui programmazione dopo 14 anni è più viva che mai e di alta qualità, con dieci posti di lavoro.
Il Centro Culturale di via Hermada, dotato di una libreria con circa 10.000 volumi ed un posto di lavoro
L’edizione di un periodico della Cooperativa inteso come “lavagna” a disposizione dei Soci
Spettacoli nei cortili
PER LA SOCIALIZZAZIONE, furono realizzate in ogni quartiere, spazi dedicati alle attività sociali, con un fondo cassa ed un coordinamento, gestiti direttamente dai Soci
Con la Caritas Ambrosiana è in atto un servizio di trasporto dei Soci in difficoltà e bisognosi di assistenza sanitaria o per l’espletamento di incombenze amministrative, ecc..
Queste le iniziative di alto significato sociale ma anche espressione di una cultura cooperativa che si apre al territorio con numerose iniziative:
ANZIANI: 
- 900 anziani in difficoltà affiancati da un programma di monitoraggio
- distribuzione pasti caldi, servizio oggi effettuato dal comune.
- Monitoraggio e prevenzione della legionella
- Case dell’acqua in ogni quartiere
GIOVANI :
- realizzazione Centro giovani
- assegnazioni alloggi a studenti e rifugiati
DISABILI
-la realizzazione di un Centro di assistenza per persone con disabilità anche non socie, gestito dalla Coop. Diapason e situato all’interno di un   nostro quartiere con 35 presenze quotidiane,
-l’assegnazione di alloggi a particolari condizioni a Cooperative attive in ambiti della disabilità anche psichiatrica.
In tutti i quartieri è presente il servizio di portierato
Ogni tre anni sono rieletti i Consigli di Quartiere
In sostanza l’obbiettivo di fondo era LA PRESENZA CONCRETA DELLA COOPERATIVA là dove i bisogni erano più significativi
In circa 20 anni di attività delle nostre iniziative sociali anche aperte al territorio non abbiamo mai dovuto registrare lamentele o mugugni da parte  da parte degli abitanti.
Sottolineo che quanto sin qui detto non erano buone idee ma precise e durature iniziative messe in atto.


DUE BREVI CONSIDERAZIONI:
Le ristrutturazioni alla data odierna non hanno richiesto alcun intervento riparatore.
 Le gare d’appalto non sono avvenute con la regola del massimo ribasso, ma sulla base del miglior rapporto costi- benefici, rispetto al capitolato di gara.
I risultati sul piano sociale possono essere definiti buoni, ma non esaltanti. Le conseguenze della crisi hanno inciso come in tutte le situazioni sui redditi delle famiglie e conseguentemente sulla partecipazione e sulla disponibilità ad assumersi responsabilità organizzative ed operative

Consentitemi alcune annotazioni.
Siamo tutti consapevoli che grandi aree da dedicare all’edilizia   residenziale non ci sono a meno che non le si voglia togliere al verde. Fatto che non credo sia possibile, dopo la promessa del Comune di piantare tre milioni di alberi.
Sappiamo che la popolazione aumenta e presenta una domanda abitativa diversa al passato, molti diventano cittadini a tempo determinato.
Sappiamo anche che una larga parte dell’edilizia residenziale pubblica e privata è vetusta, anche in condizioni disastrose rispetto ai parametri medi della sostenibilità tecnico - ambientale.
Costruire in altezza diventa una necessità, ma dà risposte al tema della residenzialità? Non risolve i problemi anzidetti.
Diventa difficile parlare di BELLEZZA, di ECOLOGIA in quelle situazioni.
ECOLOGIA vuol dire difesa dell’ambiente, ovviamente non quello esistente in gran parte della Città, dunque dobbiamo creare una nuova Milano. Si può sognare! ma chi guarda una cartolina di Milano dieci anni fa ed oggi, nota una forte differenza.
Sogni? Cominciamo a non fermarci allo Stadio di San Siro, ma mandare avanti la riconversione degli scali ferroviari.
Mlano è la Città dell’accoglienza, ma non può disporre di una normativa “ambrosiana” dell’integrazione e questa assenza legislativa, ma soprattutto politica e culturale, non consente di governare l’integrazione e l’insediamento degli immigrati. Anche per queste situazioni bisogna creare opportunità di abitazioni anche miste. Capisco che i sogni richiedono soldi. Ma sono problemi ormai inderogabili. A volte sul tema casa ho la sensazione che tra la Regione ed il Comune di Milano esista una conflittualità che ha tutta la parvenza di essere strumentale in vista delle prossime elezioni amministrative, che avranno le periferie quale terreno di scontro, peraltro non vedo un altro terreno di attacco all’attuale Amministrazione comunale.
Bisogna recuperare nel medio periodo un livello accettabile di sicurezza percepita.  Estremizzando anche via Padova e viale Monza potrebbero avere un quid di BELLEZZA se la sera la gente potesse passeggiare senza paura.
Milano è una Città amabile, dà grandi sensazioni, noi la vorremmo ancora più bella, più vissuta, con una ampia armonizzazione centro/periferia. Il Comune sta attuando una politica più rivolta alle periferie che nel passato, ma se non si risolvono certi nodi, proprio legati alla casa, difficilmente potremo parlare di BELLEZZA in una vasta parte della città.
Ma tutte queste buone intenzioni sono sotto il coperchio dell’inquinamento. Si potrà parlare a lungo di BELLEZZA se i fattori di inquinamento si aggravano sempre più, se Area C e B sono pannicelli caldi che non risolvono il problema?
Viaggiando in superficie con i mezzi pubblici salta agli occhi l’enorme numero di macchine ferme ai margini delle strade riducendo le vie a sensi unici e determinando una media delle velocità a minimi sopportabili.  Un problema enorme del quale non vedo la soluzione, ma sul quale auspicherei una riflessione
Il fenomeno dell’urbanizzazione di enormi masse di persone, sta facendo esplodere molte grandi città. Inquinamento, differenze sociali, ghettizzazione dei poveri, si creano situazioni esplosive, che in alcune realtà sono già ingestibili. Venti, trenta milioni di individui che si accalcano continuamente, che si muovono a ritmi frenetici non possono essere il futuro dell’umanità. Sembra peraltro impensabile un ritorno alla campagna, alla montagna, al vivere bucolico.
Milano ha 1.400.000 abitanti ed è prevista in crescita per i prossimi dieci anni.
Le città come Milano sono entità ancora governabili, ma certi fenomeni anche se si presentano con molta minore violenza, ci devono far riflettere. E credo che ci stiamo attardando.












lunedì 8 luglio 2019

Proposta di rigenerazione urbana presentata al Comune di Milano




 



Progetto Ortica


Ogni territorio ha una sua vocazione, ogni territorio ha caratteri e ritmi propri. L’Ortica è un quartiere popolare, poco attraente, quindi ci siamo concentrati sull’idea che la gente possa usare gli spazi pubblici in modo intelligente e democratico dimostrando che da un ciuffo di ortiche si può tirar fuori la ricetta per il riscatto delle periferie a rischio. Infatti i  maggiori contenitori di biodiversità non sono i boschi o le aree protette ma le aiuole spartitraffico, le scarpate ferroviarie, i terreni industriali dove la vegetazione può tornare a svilupparsi. Ed è per questo che, dopo aver visitato il quartiere, ed averlo frequentato più anni, abbiamo valutato che il miglioramento della vita, in un processo di rigenerazione urbana che privilegi l’elemento naturale come mezzo di arricchimento qualitativo,  può avvenire tenendo presente le necessità insite,  per storia, tradizione e vocazionalità del luogo, soprattutto delle persone  che volessero imparare un mestiere a contatto con la natura fatto di lavoro e raccolto. Del resto il nome stesso di Ortica deriverebbe da orto o ortaglia, prendersi cura di un orto e produrre una parte del cibo che si consuma è  un modo  per ridare significato alla filiera alimentare e l’aula all’aperto in cui comprendere tutta insieme la rete della vita nelle sue infinite ramificazioni e connessioni. Esso infatti mette a frutto abilità manuali, sviluppo del pensiero sistemico interdipendente, capacità revisionali,  le conoscenze botaniche, la ricerca delle sementi e non ultimi il senso e il gusto dell’attesa.  Per questo  abbiamo considerato che gli interessati  si potrebbero dedicare all’apprendimento  di nozioni erboristiche al fine di creare in loco una spezieria che realizzi i suoi preparati attraverso la coltivazione di erbe. All’interno del quartiere potrebbe sorgere una struttura, nella quale sarebbero venduti i preparati ottenuti attraverso la coltivazione delle erbe e delle piante nei campi di proprietà comunale o in un edificio ad hoc.  Nelle aule disponibili o realizzabili saranno inoltre previsti corsi per tecnici degli orti botanici, per apicoltori, per coloro che vogliono apprendere nozioni di cucina naturale.  L’ informazione, affinchè sia anche una esperienza formativa, avverrà  creando una fornita biblioteca di food con testi che riguardano la tradizione della cucina lombarda di ieri e di oggi . Verrà, al contempo, svolta una sensibilizzazione al fine di creare un’agricoltura che sia anche arricchimento spirituale per chi la pratica. Saranno attivati stages per rispettare la natura e la tradizione partendo da quel che si è senza dimenticare le origini, insegnando l’utilizzo di erbe aromatiche e varietà floreali che richiamano insetti utili e impollinatori, come il fiordaliso, le calendule officinali, l’issopo, la senape bianca, la melissa, l’origano, il timo e la santoreggia. Seguendo la presenza locale si potrà creare una scuola di arte bianca con l’utilizzo delle farine alternative ricavate dagli antichi grani coltivati in loco.

Qualora la disponibilità di aree ad uso agricolo non fosse sufficiente si costruirà una struttura semipermanente in legno e vetro per colture sovrapposte a più piani, che potrebbe arrivare anche ad altezza considerevole, biotorre o vertical farm, cosi da dare l’impressione che la città restituisca il terreno sottratto per produrre cibo. Questo edificio, con una forma piramidale o a spirale per le note proprietà energetiche, al contempo utilizzerà e produrrà energie alternative, derivanti da geotermia, pompe di calore, sistemi solari, eolici e di reimpiego del vapore acqueo.  Qui saranno coltivati i prodotti ad uso alimentare.  Nell’edificio  alla base si posizionerà  la biblioteca di food internazionale  e un centro di accoglienza.  Si ipotizza inoltre di destinare uno spazio alla Spezieria . Il tipo di utenza dovrà aggregare, disoccupati, giovani  animati da uno spirito naturalistico, immigrati con permesso di soggiorno, studenti interessati all’utilizzo terapeutico e alimentare delle erbe che potranno abitare nei locali della struttura per brevi periodi seguendo una graduatoria con l’obiettivo di imparare un mestiere e  di recuperare il ruolo naturale del mondo agricolo come punto di partenza di una educazione ecologica al fine di conoscere la natura in un’ottica di conforto personale e di ritrovamento di se stessi.    


Questa scheda è stata presentata all'assessore Maran su sua sollecitazione.












           

















                                                                                                                                                                   
                                                                                                                        








                                         

                                 
                   

                  
     
    


martedì 24 novembre 2015

Periferie


                                      Olio su tela, Nevicata in periferia

  La cosidetta rigenerazione urbana, termine  diventato di moda  tra gli urbanisti o presunti tali,  passa principalmente attraverso il risanamento delle periferie ma questa operazione non è facile. Si tratta di agire, attraverso interventi, sia sulla popolazione sia sul costruito che possono durare anche degli anni se non decenni. Poichè le amministrazioni comunali hanno una durata di cinque anni e spesso le azioni non sono eclatanti,  non sono cioè da esibire per le elezioni, il più delle volte quindi vengono trascurate quelle opere che sovente sono invisibili ma che danno l’avvio ad un processo di recupero. Invertire il degrado non è operazione da poco ma in alcuni casi bastano pochi e semplici interventi  che debbono pero' durare nel tempo dando la sensazione di una cura che prosegue.  A volte invece necessita intervenire drasticamente con l’abbattimento di interi edifici o quartieri irrecuperabili che determinano intorno malessere e trascuratezza, dove ad esempio vi sono situazioni malavitose.  Quello che urge prima di tutto è una conoscenza approfondita della situazione che metta in evidenza le cause del degrado e le potenzialità del sito.  Occorre fissare parametri, fare interviste e viverci  per sapere il livello di squallore della vita abitativa e senza la partecipazione degli  abitanti non è possibile recuperare alcunchè.  Le periferie sono una conseguenza della rivoluzione industriale, prima non esistevano: vi erano case per poveri e per ricchi mescolate dentro le mura cittadine, magari certi quartieri erano malfamati ma non erano rifiutati. Con l’avvento dell’industria si destinano aree esterne per gli operai inurbati dalla campagna e di conseguenza l’idea della periferia come zona di grado inferiore, di serie B rispetto al resto di città, nasce da li’. Oggi non è cambiato nulla, salvo le norme igieniche, ed ammassandosi più della metà della popolazione mondiale nelle aree urbane le periferie si sono estese a macchia d’olio e sono piene di cosidetti non luoghi. La loro integrazione è fondamentale per il benessere cittadino.  Per invertire il processo di degrado è necessario guardare il contesto periferico come un insieme di relazioni tra gli abitanti e tra questi e gli edifici. I ghetti nascono dove una parte viene abitata solo da soggetti ritenuti il rifiuto della società. Per risanare non serve inserire funzioni nobili, quali un teatro o un’ università, quando i residenti non sono coinvolti. Ogni intervento deve essere finalizzato  a servire chi abita e non a pompare popolazione dall’esterno  solo per alcune ore della giornata o giorni della settimana. Bisogna aprire ai bisogni primari degli abitanti e questo consiste in una casa decente in un contesto sano e vitale che si manifesta anche nelle piccole cose come l’arredo urbano, i giardini fioriti, orti di prossimità, negozi di vari generi,  non solo centri commerciali, biblioteche e librerie, sale riunioni , centri sanitari , sociali, religiosi ecc. La popolazione dovrebbe essere composta da diverse classi di cui la media prevalente, incentivata da un buon housing sociale. Gli interventi pubblici per i meno abbienti devono essere  dimensionati sul contesto e non essere accorpati e incombenti. Dove saranno necessari abbattimenti si creeranno giardini o verde coltivato. La  natura ha un ruolo fondamentale nel processo di inversione del degrado perchè necessita cura e il fatto contribuisce a generare la sensazione di avere un potere amico che si prende a cuore il benessere dei cittadini, e gli alberi ben curati ne sono la prova. E’ essenziale recuperare la sacralità del territorio e della vita su di esso. Poichè le periferie non hanno un passato dovrebbe essere valorizzato ogni cimelio e ogni rudere o reperto antico atto a ripercorrere la storia del luogo  al fine che l’abitante si senta di far parte di un substrato vitale con una sua dignità nel quale si sente inserito. Il sentimento dell’ appartenenza è fondamentale per evitare fenomeni di alienazione e di estraneamento generatori di disagi psicoemotivi. La bellezza, rispetto per la vita, la si deve recuperare nelle piccole dimensioni e nei cicli stagionali, quindi fiori e frutti saranno il nuovo skayline delle periferie.