Poiché tutti
commentano la sorpresa della vittoria di Donald Trump alla corsa per la Casa
Bianca cerchero’anch’io di dare una interpretazione a questo evento. Ho già
scritto su questo blog nel 2013 un post su la politica ai tempi della
televisione che poi è stato pubblicato anche su Corriere online. In sostanza
lamentavo nelle democrazie occidentali ipermediatiche la scissione fra i
cittadini e la rappresentanza politica. In tempi in cui i mass media erano
molto ridotti la elaborazione teorica avveniva nei circoli e nei salotti borghesi
e trovava uno sbocco attraverso il passaparola di attivisti che si assumevano
il compito di divulgare il nuovo messaggio. Basti pensare ai rivoluzionari
russi piuttosto che al nostro Mazzini che dalla clandestinità influenzava l’azione
di migliaia di giovani. Esisteva cioé un rapporto diretto fra la elaborazione
delle idee politiche e la loro applicazione. In regime di sovrabbondanza dei
media, soprattutto la televisione,che vengono manipolati
da gruppi di potere interessati si ha un allargamento dell’informazione ma
al contempo un abbassamento del livello
di autonomia intellettuale. In sostanza veniamo trasformati da cittadini in
consumatori passivi e la politica diventa marketing televisivo, come qualsiasi
prodotto di consumo.Le elezioni americane sono un esempio emblematico di quanto
detto infatti i candidati investono molto in spot pubblicitari e usano a
dismisura il mezzo televisivo per autopromuoversi, il sostegno di media é
essenziale per la campagna presidenziale. Tutta questa organizzazione del
consenso a volte infastidisce e mostra l’arroganza tipica del potere di
sostituirsi in toto all’opinione reale della gente che, benchè anestetizzata, tuttavia
non è stupida e qualche volta reagisce in modo imprevedibile. Nel caso suddetto
Hillary aveva il sostegno di tutti i media ma ha perso proprio perchè non
piaceva, troppo immersa nell’apparato, e vi è stata una sorta di ribellione al
cosidetto establishement. Non è che Trump non sia un prodotto televisivo, lo è
e come, tuttavia dà l’impressione di
essere più originale e fuori dalla casta politica. Interpreta insomma l’istanza
di rinnovamento che serpeggia nei cuori della gente costretta a subire le decisioni
più che partecipare a prenderle. E’ chiaro che ambedue i candidati non sono che
burattini nelle mani dei poteri economici. Come dicevo a proposito del
berlusconismo lo spirito di un’epoca trova poi il modo di incarnarsi in un
soggetto che si trova nel posto giusto al momento giusto ed è spinto dalla sua
divorante ambizione. Tump oggi é l’espressione di questa esigenza di più
fantasia al potere, speriamo che riesca a stupirci.
Cerca nel blog
Visualizzazione post con etichetta America. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta America. Mostra tutti i post
giovedì 10 novembre 2016
lunedì 18 maggio 2015
Della pena di morte
Fico d'India, acquarello su carta.
Il tribunale di Boston ha
condannato alla pena di morte il giovane terrorista ceceno che durante la
maratona di due anni fa, insieme al fratello, fece esplodere due bombe procurando la morte di tre persone.
Questa condanna verrà eseguita mediante iniezione letale. Lo stato del
Massachusetts ha abolito da anni la pena di morte ma quel delitto viene
considerato federale ed è prevista quella condanna. Gli Stati Uniti dunque non
vogliono allinearsi con la maggior parte
dei paesi occidentali il cui sistema giudiziario ha soppresso tale pena.
Ogni tanto la legge del taglione viene applicata nonostante ogni volta susciti
riprovazione nel mondo civile e scateni campagne mediatiche contrarie. Già nel 1859 Victor Hugo scrisse una lettera,
pubblicata su tutti i giornali liberi d’Europa, rivolta all’America per
scongiurare l’ esecuzione della condanna all’impiccagione di John Brown sostenitore
della liberazione degli schiavi. Ma invano. Tale fatto contribui a scattenare poi la guerra civile. Non si
vuole intendere insomma che la vita di un uomo non appartiene allo Stato e che
affermare questo significa avallare un pensiero riduttivo e consumistico della
vita che giustifica un assassinio, sia
pure legale.Non mi capacito come in un paese civile ci possano essere ancora
delle persone che di professione fanno il boia, come non si comprenda che un
atto cosi violento non faccia che elevare il livello di violenza insito in
quella società. Tant’è che gli omicidi avvengono con più frequenza. In sostanza
la violenza di Stato scatena la violenza privata, non è vero che la paura di
una tale condanna fa da deterrente al manifestarsi di azioni analoghe. L’ahimsa
di Gandhi, non capisco come l’India non abbia compreso il messaggio, la non
violenza, è una condizione prima mentale e poi fisica. Dunque una popolazione
che accetta la pena di morte è già in un atteggiamento di violenza mentale che
la rende corresponsabile di quell’assassinio e se è questa la situazione come è
possibile che esca dalla condizione riduttiva di un pensiero dicotomico e
paranoico che vede nella distruzione di un nemico la propria salvezza ? E’
questa legge dell’occhio per occhio e dente per dente, che spesso ipocritamente
viene rimproverata a popolazioni considerate
meno civili, che vale la pena di mettere in discussione perchè finchè sarà la
caratteristica della giustizia di un paese non si puo’ sperare di migliorarne
la convivenza civile. Gli assassini e i delinquenti non nascono sotto i cavoli
ma da un substrato di coscienza collettiva che contiene in se il germe della
violenza che si manifesta in personalità poco evolute. Ordunque non si puo’
pensare di guarire la violenza con altra violenza, non si fa che incrementarne
la densità. L’odio viene guarito dall’amore ma la paura lo allontana. Del resto
già il nostro Cesare Beccaria aveva spiegato che non vi è paragone fra un
omicidio privato ed uno pubblico, l’uno nascosto nell’ombra con tutte le
conseguenze di rimorsi e sensi di colpa, vedi Delitto e Castigo di Dostoevskij,
e l’altro reso spettacolare ed esaltato come atto di giustizia che viene
decretato e sadicamente procrastinato nei bracci della morte dove per anni il
detenuto soggiorna in attesa del giorno fatale. Spero, come già affermava Hugo,
che il paese della Libertà si renda conto finalmente della sua incongruenza.
Etichette:
ahimsa,
America,
Dostoevskij,
Gandhi,
giustizia,
pena di morte,
Stati Uniti,
Victor Hugo
Ubicazione:
Milan, Italie
Iscriviti a:
Post (Atom)