Salvator Mundi, attribuito a Leonardo da Vinci, è stato battuto da Christie’s a New York per la cifra record di 450 milioni di dollari, il prezzo massimo mai pagato per un’opera d’arte all’incanto. Questo evento ci induce a una riflessione. La bellezza non ha prezzo e il fatto che questo dipinto di Leonardo, che gareggiava con gli artisti del suo tempo per raggiungere la Bellezza Universale, sia andato a questa cifra iperbolica non ci scandalizza, anzi ci riempie di orgoglio e soddisfazione. Ma è l’arte che ne viene valorizzata ? Niente affatto, a parer mio, anzi da quando in economia si è passati dal valore d’uso al valore di scambio noi paghiamo la rarità dell’oggetto e la sua conseguente richiesta da parte di collezionisti tanto ricchi quanto eccentrici che pagano per l’ambizione di possedere quello che altri non si possono permettere. Basti dare un’occhiata alla graduatoria dei prezzi d’asta più alti per opere di pittura che, se è vero che il primo è Leonardo, il secondo posto appartiene ad uno pressocchè sconosciuto al grande pubblico Willem De Kooning con un’opera di espressionismo astratto che lascia basiti e ci vuole una guida per penetrarne il significato. Stefano Zecchi giustamente afferma nel suo ultimo libro Paradiso Occidente che l’arte deve spiegare e non essere spiegata, vale a dire che un’opera che ha bisogno di un interprete e non emoziona non è arte, almeno nel significato originario del termine. Se deve essere spiegata è una degenerazione intellettualistica dell’arte che non ha più come scopo la bellezza . Il valore venale che le si attribuisce non è altro dunque che una convenzione finanziaria su un oggetto dichiarato artistico da un ristretto numero di persone interessate a lucrarci sopra e che hanno il potere per farlo. Niente a che vedere con l’opera di Leonardo da Vinci. Fra l’altro il suddetto artista, statunitense di origine olandese, in là con gli anni si ammalò di Alzaimer e continuò a dipingere e non è possibile distinguere le opere di prima e dopo che salgono a questi valori, 300 milioni di dollari. Che cosa paga dunque il collezionista ? La produzione della malattia ? Notiamo una tendenza che esalta thanatos più che eros in questo mercato dell’arte. Già di per sè la corrente espressionista mette in mostra i disagi interiori dell’artista, le emozioni negative, e questo passi in ragione del fatto che i pittori di quel periodo si sentono espropriati della loro funzione sociale di raccontare la realtà profonda ma quando diventa astratta è insopportabilmente espressione di una confusione mentale che non può che condurre all’abisso della negazione assoluta. Questo esemplifica bene il percorso dell’arte contemporanea, che cosa si colleziona dunque ? Il nichilismo etico ed estetico non può che condurre fuori dal campo dell’arte che per tradizione tende al trionfo della vita, se la bellezza non è che la vita quando mostra il suo lato benedetto. Il Salvator Mundi di Leonardo da Vinci invece corrisponde proprio a questa definizione, anzi lo si può considerare come l’emblema di questa funzione dell’arte. La faccia del Cristo è il divino che si è incarnato e dunque la Bellezza e quindi il risultato della sua ricerca attraverso la natura che si specchia nel volto degli uomini di valore, antichi e moderni. E’ l’Uomo universale, nuovo Adamo, modello di etica ed estetica. Quando Dostoevskij fece dire al principe Miskin che la bellezza salverà il mondo forse a questo si riferiva, non a caso « salvator mundi ». Prendiamo dunque questo fatto di cronaca come un buon segnale per il recupero di una’antica gerarchia di valori che risponda al bisogno di bellezza.
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lunedì 20 novembre 2017
Salvator Mundi
Salvator Mundi, attribuito a Leonardo da Vinci, è stato battuto da Christie’s a New York per la cifra record di 450 milioni di dollari, il prezzo massimo mai pagato per un’opera d’arte all’incanto. Questo evento ci induce a una riflessione. La bellezza non ha prezzo e il fatto che questo dipinto di Leonardo, che gareggiava con gli artisti del suo tempo per raggiungere la Bellezza Universale, sia andato a questa cifra iperbolica non ci scandalizza, anzi ci riempie di orgoglio e soddisfazione. Ma è l’arte che ne viene valorizzata ? Niente affatto, a parer mio, anzi da quando in economia si è passati dal valore d’uso al valore di scambio noi paghiamo la rarità dell’oggetto e la sua conseguente richiesta da parte di collezionisti tanto ricchi quanto eccentrici che pagano per l’ambizione di possedere quello che altri non si possono permettere. Basti dare un’occhiata alla graduatoria dei prezzi d’asta più alti per opere di pittura che, se è vero che il primo è Leonardo, il secondo posto appartiene ad uno pressocchè sconosciuto al grande pubblico Willem De Kooning con un’opera di espressionismo astratto che lascia basiti e ci vuole una guida per penetrarne il significato. Stefano Zecchi giustamente afferma nel suo ultimo libro Paradiso Occidente che l’arte deve spiegare e non essere spiegata, vale a dire che un’opera che ha bisogno di un interprete e non emoziona non è arte, almeno nel significato originario del termine. Se deve essere spiegata è una degenerazione intellettualistica dell’arte che non ha più come scopo la bellezza . Il valore venale che le si attribuisce non è altro dunque che una convenzione finanziaria su un oggetto dichiarato artistico da un ristretto numero di persone interessate a lucrarci sopra e che hanno il potere per farlo. Niente a che vedere con l’opera di Leonardo da Vinci. Fra l’altro il suddetto artista, statunitense di origine olandese, in là con gli anni si ammalò di Alzaimer e continuò a dipingere e non è possibile distinguere le opere di prima e dopo che salgono a questi valori, 300 milioni di dollari. Che cosa paga dunque il collezionista ? La produzione della malattia ? Notiamo una tendenza che esalta thanatos più che eros in questo mercato dell’arte. Già di per sè la corrente espressionista mette in mostra i disagi interiori dell’artista, le emozioni negative, e questo passi in ragione del fatto che i pittori di quel periodo si sentono espropriati della loro funzione sociale di raccontare la realtà profonda ma quando diventa astratta è insopportabilmente espressione di una confusione mentale che non può che condurre all’abisso della negazione assoluta. Questo esemplifica bene il percorso dell’arte contemporanea, che cosa si colleziona dunque ? Il nichilismo etico ed estetico non può che condurre fuori dal campo dell’arte che per tradizione tende al trionfo della vita, se la bellezza non è che la vita quando mostra il suo lato benedetto. Il Salvator Mundi di Leonardo da Vinci invece corrisponde proprio a questa definizione, anzi lo si può considerare come l’emblema di questa funzione dell’arte. La faccia del Cristo è il divino che si è incarnato e dunque la Bellezza e quindi il risultato della sua ricerca attraverso la natura che si specchia nel volto degli uomini di valore, antichi e moderni. E’ l’Uomo universale, nuovo Adamo, modello di etica ed estetica. Quando Dostoevskij fece dire al principe Miskin che la bellezza salverà il mondo forse a questo si riferiva, non a caso « salvator mundi ». Prendiamo dunque questo fatto di cronaca come un buon segnale per il recupero di una’antica gerarchia di valori che risponda al bisogno di bellezza.
martedì 11 aprile 2017
della produzione di armi
Papa Francesco nel suo messaggio il giorno delle Palme ha detto di pregare
perchè tra l’altro si convertano i cuori dei produttori e dei trafficanti di
armi. Questa affermazione mi pare rivoluzionaria, non so se ci si rende conto
della sua portata. Nel nostro mondo occidentale così civile e cristianizzato la
produzione di armi da guerra è ai primi
posti nella classifica dell’industria manifatturiera. Il che vuol dire
che la nostra economia si regge anche sulla fabbricazione e la vendita di armi.
Ad esempio in Italia il settore è quello più florido, pure in periodo di crisi,
dal 2011 è aumentato del 48 percento con un fatturato di circa 20 miliardi
l’anno. Vi sono industrie insospettabili che producono armi e questa esportazione si rivolge
principalmente verso il medio oriente teatro di guerre. Si ha un bel dire che
servono alla difesa e che la nostra costituzione ripudia la guerra come mezzo
per risolvere i conflitti fra Stati ma se ne è permessa la produzione e la
vendita è chiaro che servendo per la guerra il settore sarà più o meno florido in
relazione all’andamento dei conflitti nel mondo. Viviamo una evidente
schizofrenia : ripudiamo la
violenza e la guerra ma il nostro benessere si sostiene con la produzione di
armi da guerra. Non si può difendere il paradosso con la scusa della difesa del
lavoro e dell’occupazione. Se ci saranno produttori di armi ci saranno guerre
anche se apparentemente verranno vendute a paesi non in guerra. Emanuele Kant
giustamente diceva che finchè vi saranno eserciti permanenti verrà sempre
voglia di servirsene, altrimenti a che servono i militari e le armi ?
Il lavoro lo si dovrebbe garantire in altri settori ad esempio incentivando il
settore dei beni ambientali e culturali, in un paese come il nostro dovrebbe
essere il settore trainante invece è ancora sottovalutato rispetto alle sue
potenzialità. Un bell’esempio per il nostro paese sarebbe la riconversione
delle fabbriche di armi in qualcosa di utile per la pace che viene assicurata
non certo dagli arsenali bellici sia pure con la scusa della difesa. Se
dividiamo il mondo in amici e nemici prima o poi ci ritroveremo con le armi in
mano. Ermete Trismegisto affermava « come sopra cosi sotto » o come
dentro cosi fuori se vogliamo evitare le guerre dobbiamo unificarci, far pace
con noi stessi, integrarci, rivolgerci alla nostra parte bambina, si deve
innescare la compassione ed evitare il potere come dominio. Riempirci di poesia
insomma e di sentimento della bellezza. Accedere dunque alla dimensione
estetica e sacra del nostro essere. Non a caso Dostoevskij affermava che la
bellezza salverà il mondo. Per le armi
si dovrebbe fare come per la droga, vietare la produzione e sanzionare
l’eventuale commercio, si suppone infatti che facciano più male delle sostanze
stupefacenti. Sarebbe così anche più
facile prevenire gli attentati terroristici indagando sul traffico illegale. Ma
sarà difficile se il Pil nazionale dipende anche da questo settore. Per questo
dicevo che l’affermazione del Papa è in qualche modo eversiva.
lunedì 18 maggio 2015
Della pena di morte
Fico d'India, acquarello su carta.
Il tribunale di Boston ha
condannato alla pena di morte il giovane terrorista ceceno che durante la
maratona di due anni fa, insieme al fratello, fece esplodere due bombe procurando la morte di tre persone.
Questa condanna verrà eseguita mediante iniezione letale. Lo stato del
Massachusetts ha abolito da anni la pena di morte ma quel delitto viene
considerato federale ed è prevista quella condanna. Gli Stati Uniti dunque non
vogliono allinearsi con la maggior parte
dei paesi occidentali il cui sistema giudiziario ha soppresso tale pena.
Ogni tanto la legge del taglione viene applicata nonostante ogni volta susciti
riprovazione nel mondo civile e scateni campagne mediatiche contrarie. Già nel 1859 Victor Hugo scrisse una lettera,
pubblicata su tutti i giornali liberi d’Europa, rivolta all’America per
scongiurare l’ esecuzione della condanna all’impiccagione di John Brown sostenitore
della liberazione degli schiavi. Ma invano. Tale fatto contribui a scattenare poi la guerra civile. Non si
vuole intendere insomma che la vita di un uomo non appartiene allo Stato e che
affermare questo significa avallare un pensiero riduttivo e consumistico della
vita che giustifica un assassinio, sia
pure legale.Non mi capacito come in un paese civile ci possano essere ancora
delle persone che di professione fanno il boia, come non si comprenda che un
atto cosi violento non faccia che elevare il livello di violenza insito in
quella società. Tant’è che gli omicidi avvengono con più frequenza. In sostanza
la violenza di Stato scatena la violenza privata, non è vero che la paura di
una tale condanna fa da deterrente al manifestarsi di azioni analoghe. L’ahimsa
di Gandhi, non capisco come l’India non abbia compreso il messaggio, la non
violenza, è una condizione prima mentale e poi fisica. Dunque una popolazione
che accetta la pena di morte è già in un atteggiamento di violenza mentale che
la rende corresponsabile di quell’assassinio e se è questa la situazione come è
possibile che esca dalla condizione riduttiva di un pensiero dicotomico e
paranoico che vede nella distruzione di un nemico la propria salvezza ? E’
questa legge dell’occhio per occhio e dente per dente, che spesso ipocritamente
viene rimproverata a popolazioni considerate
meno civili, che vale la pena di mettere in discussione perchè finchè sarà la
caratteristica della giustizia di un paese non si puo’ sperare di migliorarne
la convivenza civile. Gli assassini e i delinquenti non nascono sotto i cavoli
ma da un substrato di coscienza collettiva che contiene in se il germe della
violenza che si manifesta in personalità poco evolute. Ordunque non si puo’
pensare di guarire la violenza con altra violenza, non si fa che incrementarne
la densità. L’odio viene guarito dall’amore ma la paura lo allontana. Del resto
già il nostro Cesare Beccaria aveva spiegato che non vi è paragone fra un
omicidio privato ed uno pubblico, l’uno nascosto nell’ombra con tutte le
conseguenze di rimorsi e sensi di colpa, vedi Delitto e Castigo di Dostoevskij,
e l’altro reso spettacolare ed esaltato come atto di giustizia che viene
decretato e sadicamente procrastinato nei bracci della morte dove per anni il
detenuto soggiorna in attesa del giorno fatale. Spero, come già affermava Hugo,
che il paese della Libertà si renda conto finalmente della sua incongruenza.
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Ubicazione:
Milan, Italie
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