Leggo sul Corriere che la giornata mondiale per l’ambiente quest’anno é
dedicata alla città e l’articolo decrive ipotesi di ecopolis ipertecnologiche
con edifici che, sia pure a risparmio energetico, si sviluppano in altezze
vertiginose con la scusante di risparmiare suolo. Costruire in
altezza é un modello architettonico dei primi del novecento spacciato per
ultramoderno. Concesso che la nuova città ecologica nasce sulla metropoli esistente si deve tuttavia
affermare che la soluzione in altezza non si inquadra nelle aspirazioni degli urbanisti a forte
connotazione ecosofica. Qualcuno afferma che gli edifici abitativi non
dovrebbero superare i quattro piani, noi non saremo cosi tassativi, si puo
arrivare anche a sei-otto, ma la soluzione sta nel ritorno all’isolato urbano
di antica tradizione. Questo era la carattaristica della città europea a
partire dal medioevo, viene trasformato nel XIX secolo e viene abolito nel XX
dal Movimento Moderno. In effetti l’architettura moderna si è definita e si
definisce in contrapposizione alla città. Gli edifici alti dovrebbero essere
limitati invece alla funzione del terziario oppure anche per ospitare coltivazioni
speciali. Queste costruzioni chiamate biotorri o fattorie verticali
moltiplicano per più piani il terreno che sottraggono alla base. Ma oggi il
grave problema che una cultura ecologica dovrà risolvere restano le periferie generatrici di
malessere e ghettizzazione dove
esplodono periodicamente le rivolte violente che spesso hanno per protagonisti
gli immigrati. Il fatto di essere degli esclusi li rende nemici e il resto
della civitas li vive come pericolo. Questo impedisce la loro integrazione in
una società sempre più rigida nella difesa dei priovilegi. Il fatto é che nella
città vivono separate due realtà : quella degli inclusi e quella degli
esclusi che abitano le periferie. Finché queste sono i luoghi dell’esclusione
non si puo pensare di vivere felici nel resto della città. Occorre dunque
creare zone di mescolanza sociale dove ogni soggetto si senta accettato per
quello che é. Una società migliore produce manufatti migliori. Se non vi sono i
presupposti perché ogni individuo abbia le opportunità per realizzarsi e se le condizioni economiche sono sempre più
distanziate e irrigidite è normale che non vi sia né bellezza né felicità
perché vi è uno stato di guerra permanente tra chi ha troppo e chi ha troppo
poco. La nuova polis dovrà essere prima di tutto città della pace dove le
architetture manifesteranno questa passione per la bellezza come rispetto per
la vita.
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