Nella lettera ai verdi sul
clima che ho scritto qualche mese fa e
che ha suscitato molto scalpore fra gli attivisti del movimento, con ventisei
commenti negativi e quattordici like, facevo una critica all'abuso della paura
dei cambiamenti climatici e soprattutto alla strumentalizzazione mediatica di
una adolescente di sedici anni, affermando che la terra è un sistema vivente ed
avrebbe trovato espedienti per ripristinare un equilibrio frantumato dall’
azione antropica predatoria dell’economia capitalista dopo la rivoluzione
industriale e che era necessario un nuovo umanesimo per superare il contrasto
uomo-natura di antica origine. Non immaginavo di essere profetico cosi a breve
termine e che questo espediente di riequilibrio si generasse cosi in fretta.
Infatti ritengo che la pandemia sia sostanzialmente una risposta della natura
alla rottura di questo equilibrio, una risposta alla mentalità meccanica e
rapace dell’economia di mercato e del conseguente consumismo spinto. Negli anni
ottanta definivamo la nostra civiltà occidentale la società del superfluo
cattivo, i nuovi paesi emergenti in questi anni per adeguarsi hanno, se
possibile, massimizzato questo spirito anti
ecologico e si sa che una massimizzazione dura in una struttura ad anello che
costituisce la caratteristica della mente umana, non chè della cultura e della
natura, trasforma un sistema ecologico che ottimizza tutti gli aspetti in
qualcosa che non funziona perché gli aspetti negativi non vengono più
compensati. Ora noi sappiamo che questa non è una mentalità di oggi, che questo
spirito di conquista e di sfruttamento è molto antico ma oggi è l’aggiunta
della tecnologia che ne ha fatto un potenziale distruttivo. Chi vuole
approfondire legga Verso una ecologia della mente di Gregory Bateson pubblicato
circa 40 anni fa. Ora a parer mio stiamo usando la stessa mentalità per
sconfiggere il virus massimizzando certi aspetti, come ad esempio l’isolamento,
la difesa, la disinfezione, la
sterilizzazione, le punizioni, l’ospedalizzazione coatta ecc. Come riprenderemo
a vivere normalmente quando nelle nostre menti si è inserito il germe della
diffidenza e della paura? Credo che in questo modo, passata la crisi, si dovrà
affrontare anche il problema della smilitarizzazione e del reinserimento dei
reduci come dopo una guerra. Ma questa non è una guerra e richiede invece
impegno a trasformare le storture che l’hanno generata ripristinando
l’equilibrio ma se non vi è la consapevolezza non ce ne è possibilità. Da anni
gli intellettuali più illuminati affermano che siamo al”punto di svolta”, negli
anni ottanta usci un libro del fisico americano Fritjof Capra con quel titolo ma
cosa è cambiato da allora? Nulla mi pare, se mai vi è stata un’accelerazione in
senso opposto di una economia interessata solo al profitto delle varie
multinazionali e una ulteriore spinta al consumismo. Credo dunque che passata
questa crisi si dovrà prendere in considerazione un nuova economia che accetti
l’ecologia umana, ecosofia, come guida
per migliorare e questo presuppone anche riscoprire la bellezza come fondamento
della natura che va rispettata. Ritengo che superata la pandemia ad esempio sia
necessario che i vari stati sovrani
rivedano i bilanci con il ridimensionamento delle spese militari a favore della
sanità e della ricerca. Il fatto poi che il virus sia di origine animale pone
anche la questione dell’alimentazione valorizzando scelte vegetariane. Siamo al
punto che il dopo o si caratterizzerà come un periodo di solidarietà
internazionale, facilitato anche dalle nuove tecnologie comunicative, per
cambiare approccio alla vita o si cadrà in un difensivismo nazionalistico che
rafforzerà la mentalità dualistica ed aggressiva provocando nuovi espedienti.
Federico Bock Sul complesso articolo di Maurizio, posso dire che sono d'accordo quando stigmatizza la paura dei cambiamenti climatici. Infatti i mutamenti della biosfera sono la "vita" stessa del pianeta. Meno d'accordo mi trovo sulla demonizzazione dell'economia capitalista. Sono fautore di un sistema misto pubblico/privato, recepito dalla nostra Carta, non meno che dai sacri testi europei (cfr. mio articolo "Potere, consenso e democrazia (l'inafferrabilità)"). Per verificare che il comunismo, come contraltare al capitalismo, non è mai esistito altro che in Trozki, consiglio la lettura del mio amico Nino Salamone, professore di Sociologia alla Bicocca (Il ventennio di fuoco della Rivoluzione russa, 1918-1938, Ed, PGreco, 2019). Del resto, fu lo stesso Lenin a coniare l'espressione "capitalismo di stato", mentre quello di Stalin fu il ben noto "socialismo reale", valevole per la modernizzazione del paese ma ben poco rispettoso dell'uomo e della natura in genere. Non mi azzardo a fare previsioni sul dopo-coronavirus. Ciò di cui non si può parlare, si deve tacere, dice Wittgenstein col suo famoso aforisma emblematico della filosofia occidentale contemporanea, nel senso che ci si può esprimere solo là dove sia possibile adoperare la logica, e questo non mi sembra il caso del nostro coronavirus, al cospetto del quale la scienza ha sinora soltanto manifestato la sua aporia, preferendo continuare a esplorare l'inesplorabile dell'universo, piuttosto che apprestare armi sempre più sofisticate o ricercatissimi algoritmi ad uso dell'ipertrofia finanziaria. Non è questione di essere ottimisti o pessimisti, magari guardinghi, questo sì. Rammentando che il più delle volte l'umanità si muove in stato di necessità e non di libertà (forse nell'arte...). L'"eterno ritorno" è sempre in agguato. "Tutto è nato dalla prima Causa", dicevano i neoplatonici, dicevano i cabbalisti, diceva anche Nietzsche a proposito della circolarità del tempo. Soprattutto lo dice l'Eterno ad Adamo (Gen. 3, 19); "...perché sei polvere, e polvere ritornerai". Non è vero che "Dio è morto" (ancora Nietzsche). E' bello, vivo e vegeto, ma c'è il rischio, con questa umanità, che non sia più, ahimè, antropocentrico.
RispondiEliminaCaro Fede mi piace il tuo commento che gronda di sapere. Non volevo fare una critica in generale al sistema capitalistico, anch'io sono per una economia mista, ma mi riferivo al neoliberismo di mercato in relazione ad una economia che si regge sul consumo di risorse e sulla competitività senza limiti. Quanto al dopo virus si spera che qualcuno prenda atto di questo ma ho paura che finito il pericolo tutti torneranno a fare come prima, anzi ci sarà un momento di euforia che spingerà in tal senso anche ci saranno delle conseguenze non facilmente superabili. Qui non si tratta di essere pessimisti o ottimisti ma se mai realisti e cioè saper leggere i messaggi della vita. Quanto alla conclusione direi che non è proprio il caso di tirare in ballo il Creatore ma se proprio vogliamo credo che l'incapacità di leggere nelle cose sia proprio un fatto della nostra civiltà in astinenza di amore e di bellezza.
RispondiEliminaSi può pensare che il coronavirus potrà generare diversi atteggiamenti e che sarà necessario pensare un cambiamento di mentalità.Riusciranno intellettuali e persone meno agguerrite a realizzare un nuovo mondo? Si tratterà di una utopia o una distopia? Un mondo dove almeno prevalga la bellezza sarebbe auspicabile.
RispondiEliminaGrazie Anna per il tuo commento, non credo alle utopie ma alla lettura profonda della realtà. Si tratta di vedere se i potenti sanno interpretarla o no e non solo loro ma anche la scienza. Il bisogno di bellezza per esempio è una realtà che è sconsideratamente negata, come del resto l'interdipendenza dei fenomeni.
RispondiEliminaFedereico Bock, commentatore intelligente di questo blog, non è più tra noi, nella notte tra il 7 e l'8 marzo se ne è andato lasciandoci con un vuoto incolmabile. Il suo ultimo commento sembra quasi un addio.
RispondiEliminaErrata corrige se ne è andato la notte fra il 7 e l'8 aprile.
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