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martedì 9 dicembre 2014
Ancora del grattacielo
Mia moglie mi ha passato questo articolo apparso sabato 6 dicembre su D la Repubblica che io certamente non avrei mai letto perchè scritto da Inès de la Fressange, modella e stilista francese. Tuttavia mi devo ricredere poichè ne condivido appieno quasi tutto il contenuto . Un elogio quindi alla brava autrice.Vuol dire, almeno penso, che alla fine c'è una verità e che forse una certa stampa sta occultando per favorire una ben nota economia speculativa che ruota intorno a grattacieli sempre più alti e sempre più costosi. Pare che l'altezza degli edifici, come scrive madame De la Frassange, continui a crescere e sia il simbolo della bellezza assoluta e della modernità tanto da scatenare in tutto il mondo,da Dubai, con la sua torre di 828 metri, a Shanghai, con la futura Bionic Tower di 1200 metri, la competizione fra gli archistar che realizzeranno il grattacielo più alto. Ma, scrive la Frassange: " Chi ha voglia di ritrovarsi ogni giorno al sessantaduesimo piano, in un open space? Non è forse più accattivante l'idea di una città con piccoli edifici di pietra o mattoni, loft, spazi verdi e buoni ristoranti con giardino?" Certo Ines, questo approccio alla città l'ho sempre sostenuto come si può leggere anche nel mo libro "L'altro architetto", Giampiero Casagrande Editore, che vi consiglio come regalo di Natale. Tra un tè e un pranzo potrebbe diventare una simpatica fonte di dibattito. Io comunque mi ritengo un architetto di "basse vedute" e sto ancora dalla parte di chi pensa che il grattacielo non ha un gran che di innovativo in un' epoca in cui si capisce l'importanza dell'ecologia. "Ma voi, durante un soggiorno a Parigi, preferireste alloggiare a Saint Germain des Près o negli edifici di vetro della Dèfense?" Domanda l'autrice dell'articolo citato. Io non ho dubbi preferirei alloggiare a Saint Germain ma anche se resto a Milano preferisco aggirarmi in Brera o tra le villette di via Lincoln, lì posso camminare ammirando terrazzini pieni di fiori che nonostante sia quasi inverno mostrano il meglio di sè. E voi?
venerdì 25 luglio 2014
La Casa degli artisti a Milano
Marius Ledda China su cartoncino 40x50
Il Principe dei gigli dal Palazzo di Cnosso, Creta.
Corso Garibaldi 89A, Casa degli Artisti. Negli anni tra il 1932 e il 1935 il pittore Marius Ledda, di cui abbiamo parlato nei precedenti post denunciando la trascuratezza dell'Amministrazione Comunale nei suoi confronti, provenendo da Parigi venne ospitato con il suo studio nella suddetta Casa che era un esempio del mecenatismo milanese dell'epoca. Insieme a lui avevano l'atelier parecchi altri pittori di fama come Mario Sironi piuttosto che Lucio Fontana, prima dei tagli. L'edificio era stato progettato e realizzato per ospitare infatti gli artisti che frequentavano il quartere di Brera, allora effettivamente il crogiuolo della cultura figuratva milanese, non come oggi appannaggio di Banche e Sarti. I fratelli Bogani lo costruirono tra il 1910 e il 1913 come palazzo esclusivo di laboratori artistici per scultori, pittori e fotografi. Ai vari piani infatti si distribuivano gli ateliers che si aprivano verso nord con delle grandi vetrate per la luce indiretta ed ampi terrazzi che si affacciavano su un giardino, uno dei rarissimi scampoli di verde del centro. Nel 1935 era stato espropriato dal Comune che prevedeva di dare in concessione ad alcune Società Edilizie tutto il quartiere per essere "riqualificato" secondo logiche speculative e quindi anche l'edificio in oggetto doveva essere abbattuto. Per fortuna la guerra scombinò tutto con i bombardamenti, non sempre questi sono dannosi, distrusse tutto intorno tranne la Casa degli artisti che miracolosamente rimase in piedi, a volte la creatività ha la meglio in condizioni estreme.. Anche nel dopoguerra continuò ad ospitare artisti, come Lilloni ad esempio, fino al 2007, anno in cui venne definitamente sgomberato con le forze dell'ordine e infine abbandonato. Domanda: cosa intende farne l'attuale amministrazione? Per ora non è chiaro e l'edificio si presenta in penose condizioni, tutto puntellato e ricoperto da impalcature. Nella Milano dei nuovi grattacieli voluti da un'amministrazione riverente al profitto ed al globalismo senza qualità ci sarà pure spazio per un esempio di quella che in altri tempi era l'etica della cosidetta borghesia illuminata: guadagnare sì da una parte ma per investire poi in un'idea di bellezza che passava attraverso il rispetto e l'ammirazione per gli artisti. Questo spirito oggi si è perso, come ho scritto in più occasioni, per ossequio al denaro che in questo inizio di secolo pare essere l'unico interesse di una cultura dominata dalle banche. Siamo in attesa di risposte convincenti.
Corso Garibaldi 89A, Casa degli Artisti. Negli anni tra il 1932 e il 1935 il pittore Marius Ledda, di cui abbiamo parlato nei precedenti post denunciando la trascuratezza dell'Amministrazione Comunale nei suoi confronti, provenendo da Parigi venne ospitato con il suo studio nella suddetta Casa che era un esempio del mecenatismo milanese dell'epoca. Insieme a lui avevano l'atelier parecchi altri pittori di fama come Mario Sironi piuttosto che Lucio Fontana, prima dei tagli. L'edificio era stato progettato e realizzato per ospitare infatti gli artisti che frequentavano il quartere di Brera, allora effettivamente il crogiuolo della cultura figuratva milanese, non come oggi appannaggio di Banche e Sarti. I fratelli Bogani lo costruirono tra il 1910 e il 1913 come palazzo esclusivo di laboratori artistici per scultori, pittori e fotografi. Ai vari piani infatti si distribuivano gli ateliers che si aprivano verso nord con delle grandi vetrate per la luce indiretta ed ampi terrazzi che si affacciavano su un giardino, uno dei rarissimi scampoli di verde del centro. Nel 1935 era stato espropriato dal Comune che prevedeva di dare in concessione ad alcune Società Edilizie tutto il quartiere per essere "riqualificato" secondo logiche speculative e quindi anche l'edificio in oggetto doveva essere abbattuto. Per fortuna la guerra scombinò tutto con i bombardamenti, non sempre questi sono dannosi, distrusse tutto intorno tranne la Casa degli artisti che miracolosamente rimase in piedi, a volte la creatività ha la meglio in condizioni estreme.. Anche nel dopoguerra continuò ad ospitare artisti, come Lilloni ad esempio, fino al 2007, anno in cui venne definitamente sgomberato con le forze dell'ordine e infine abbandonato. Domanda: cosa intende farne l'attuale amministrazione? Per ora non è chiaro e l'edificio si presenta in penose condizioni, tutto puntellato e ricoperto da impalcature. Nella Milano dei nuovi grattacieli voluti da un'amministrazione riverente al profitto ed al globalismo senza qualità ci sarà pure spazio per un esempio di quella che in altri tempi era l'etica della cosidetta borghesia illuminata: guadagnare sì da una parte ma per investire poi in un'idea di bellezza che passava attraverso il rispetto e l'ammirazione per gli artisti. Questo spirito oggi si è perso, come ho scritto in più occasioni, per ossequio al denaro che in questo inizio di secolo pare essere l'unico interesse di una cultura dominata dalle banche. Siamo in attesa di risposte convincenti.
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