Leggo sui giornali
che la moda ha adottato l’arte ma esiste una sostanziale differenza tra le due
benchè spesso la moda si definisca appannaggio dei creativi. Le mode infatti
(con questo intendo tutto cio’ che fa tendenza) enfatizzano le aspirazioni collettive
del momento e siccome questo è sempre intrecciato con il potere e con l’invidia
di esso, e dei suoi simboli, mettono in
scena quanto è status symbol del
momento. Che poi cambia per generare nuovi consumi, a volte visti con assolutismo
perchè si aspira ad un proprio potere. La moda quindi semplifica e falsa, dando
malessere e frustrazione se si trasferiscono su di essa i valori della vita. La
bellezza, che dovrebbe essere alla base della ricerca artistica, sta nella
diversità e nella complessità perchè funzionali alla vita. La moda dunque , se
viene investita delle nostre esigenze di
assoluto e la si trasforma in culto, allora diventa una droga per anestetizzare
i veri bisogni di unificazione. Alla
domanda quindi in che cosa consista la differenza tra moda ed arte si puo’
rispondere che la moda è una parodia dell’arte. Mentre la vera arte pesca nella
bellezza cosmica la moda cerca di costruire modelli cui aderire. Qualche volta
si serve dell’arte ma mentre quest’ultima scava in profondità e trova la natura estetica
dell’essere che dà libertà ed armonia, la prima utilizza il più delle volte il
fascino del potere per creare falsi modelli di perfezione e provoca
asservimento se non la si prende come un futile gioco. I giovani sono esposti a
questo in quanto sentono più forte il bisogno di appartenere a qualcosa di
esteriore: una comunità, un paese, una squadra ecc. Il bisogno religioso di bellezza, e
quindi cioè di unità interiore, negato si degrada dunque in bisogno di aderire
a modelli esteriori imposti. Tanto più
uno è diviso dentro e tanto più si attacca a modelli esterni che sono dei
sostituti di unità e quindi di amore. Si potrebbe dire che la moda è inerente
allo stato di coscienza ordinario, quello causale funzionale, l’arte invece è
tipica dello stato di coscienza acausale, simbolico e quindi
straordinario.L’arte cerca e trova, la moda cerca e, non trovando, imita. Il
fenomeno della moda è più eclatante nel campo dell’abbigliamento perchè
vestirsi è comune a tutti gli uomini, che bene o male soggiacciono alle mode,
ma esiste anche in tutti gli altri campi tipici dell’arte e soprattutto è
presente in quello che riguarda l’abitare, altra funzione connessa all’essere
uomini. Di per sè imitare non è assolutamente negativo, anzi. Anche un grande
poeta come Goethe difendeva l’imitazione purchè subordinata alla verità. Per
cui seguire mode non è in sè un male, a meno che non siano palesemente
distruttive o autolesive, ma come al solito tutto si complica quando viene
introdotto l’elemento potere. Se uno pensa
di acquisire più potere, quindi
prestigio, e si investe il fatto esteriore di un valore assoluto la moda allora
diventa competizione vitale: se riesci a seguirla sei qualcuno se no non sei
nessuno. In questo caso è un fattore alienante perchè impedisce la vera
crescita che è trovare il Sè, ovvero quella parte che ci mette in sintonia con
il mondo e con la natura, che è essenzialmente artistica e ci dà benessere ed
energia. L’arte vera infatti è sempre un’ operazione di risacralizzazione e quindi trasfigura i mezzi materiali di cui
si serve. La moda ha un fine economicistico e utilitaristico che si scontra con
le esigenze ecoantropologiche di equilibrio creativo. Nell’arte i mezzi
materiali diventano oggetti di culto, nelle mode vengono consumati, buttati e
finiscono nelle discariche.
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sabato 27 febbraio 2016
Moda e arte
La Santa, acquarello su carta, cm 30x40
Etichette:
arte,
bellezza,
creatività,
ecologia,
Goethe,
Moda,
potere,
status symbol
martedì 9 dicembre 2014
Ancora del grattacielo
Mia moglie mi ha passato questo articolo apparso sabato 6 dicembre su D la Repubblica che io certamente non avrei mai letto perchè scritto da Inès de la Fressange, modella e stilista francese. Tuttavia mi devo ricredere poichè ne condivido appieno quasi tutto il contenuto . Un elogio quindi alla brava autrice.Vuol dire, almeno penso, che alla fine c'è una verità e che forse una certa stampa sta occultando per favorire una ben nota economia speculativa che ruota intorno a grattacieli sempre più alti e sempre più costosi. Pare che l'altezza degli edifici, come scrive madame De la Frassange, continui a crescere e sia il simbolo della bellezza assoluta e della modernità tanto da scatenare in tutto il mondo,da Dubai, con la sua torre di 828 metri, a Shanghai, con la futura Bionic Tower di 1200 metri, la competizione fra gli archistar che realizzeranno il grattacielo più alto. Ma, scrive la Frassange: " Chi ha voglia di ritrovarsi ogni giorno al sessantaduesimo piano, in un open space? Non è forse più accattivante l'idea di una città con piccoli edifici di pietra o mattoni, loft, spazi verdi e buoni ristoranti con giardino?" Certo Ines, questo approccio alla città l'ho sempre sostenuto come si può leggere anche nel mo libro "L'altro architetto", Giampiero Casagrande Editore, che vi consiglio come regalo di Natale. Tra un tè e un pranzo potrebbe diventare una simpatica fonte di dibattito. Io comunque mi ritengo un architetto di "basse vedute" e sto ancora dalla parte di chi pensa che il grattacielo non ha un gran che di innovativo in un' epoca in cui si capisce l'importanza dell'ecologia. "Ma voi, durante un soggiorno a Parigi, preferireste alloggiare a Saint Germain des Près o negli edifici di vetro della Dèfense?" Domanda l'autrice dell'articolo citato. Io non ho dubbi preferirei alloggiare a Saint Germain ma anche se resto a Milano preferisco aggirarmi in Brera o tra le villette di via Lincoln, lì posso camminare ammirando terrazzini pieni di fiori che nonostante sia quasi inverno mostrano il meglio di sè. E voi?
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