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domenica 4 maggio 2014

Guerre di religione

Parliamo ancora di guerra e di pace, le immagini dei cristiani uccisi e crocifissi in Siria ci inorridiscono, non possiamo sapere se sono autentiche perchè potrebbero essere manipolate dalla propaganda  e messe in rete per rovesciare lo sdegno generale dell’Occidente sulla parte nemica, tuttavia purtroppo sappiamo che simili atrocità non sono risparmiate nelle guerre e soprattutto in quelle a forte impronta religiosa. Il fatto di utilizzare i mezzi della Rete per documentarle fa parte delle possibilità messe in campo dalla tecnologia e al contempo fa parte degli eccessi della modernità, ma queste cose sono accadute anche in altri tempi, basti leggere i resoconti dei testimoni della conquista di Gerusalemme nella prima crociata per avere un saggio sulle atrocità dei cristiani riversate, in questo caso, sui mussulmani. Quando uno dei contendenti crede di avere  Dio dalla sua parte non vi sono limiti  alle atrocità ed al disprezzo della vita dell’avversario e purtroppo in tutte le guerre ogni contendente ritiene di avere questa esclusiva. Gli atti di fede non mi sono mai piaciuti proprio perchè presuppongono una scelta di campo rigida e irremovibile  che serve solo a svalutare le scelte di altri e ad aderire al pensiero riduttivo e dicotomico amico-nemico.   Con l’editto di Costantino, di cui lo scorso anno ricorreva l’anniversario, a mio parere, il Cristianesimo ha tradito il  suo messaggio per legarsi al potere. Tuttavia l’affermazione evangelica, « date a Cesare quel che é di Cesare e a Dio quel che é di Dio » lo ha messo in salvo da un abbraccio mortifero. In Europa infatti, benché  guerre di religioni terribili  si siano combattute, si é potuto sviluppare anche un pensiero laico e umanistico che sotto un certo profilo ha influenzato la stessa Chiesa.  Le democrazie occidentali, derivate dalla rivoluzione francese, hanno potuto nascere in conseguenza anche di questo. Non é accaduto la stessa cosa per l’Islam dove potere e religione sono rimasti uniti in un abbraccio inscindibile. Da qui la difficoltà dei regimi democratici  islamici di staccarsi dal fanatismo religioso. Personalmente ritengo che sarebbe una bella cosa che la Chiesa cattolica rinunciasse alla  recita del Credo nella Messa che è un lascito del Concilio di Trento, della controriforma e delle guerre tra cattolici e protestanti. Se Dio è amore,  come papa Bergoglio continua a sottolineara, non ha bisogno di tutte quelle affermazioni altisonanti che ai più non significano nulla perché  appartengono a una visione veterotestamentaria  superata e fautrice di divisioni fra gli uomini. Vorrei sottolineare la differenza fra fede e consapevolezza, la prima viene dall’esterno e prevede un’adesione ad una dottrina con un credo la seconda viene dall’interno e prevede un diverso stato di coscienza, più profondo, ottenuto con fatica e perrseveranza. Le religioni a questo livello di coscienza dovrebbero portare  ad uno stato, in cui ci si sente amore, invece che alle guerre, frutti della divisione generata dai credi.

domenica 29 dicembre 2013

Buon Anno

Leggo nei resoconti giornalistici dell'anno trascorso, come d'uso a fine anno, che una delle novità della politica italiana sarebbe quello di avere dei trenta -quarantenni al potere e che sarebbe da considerarsi segno di cambiamento in positivo. Non sono d'accordo con questa interpretazione dei media. La giovinezza in se non è una virtù. Abbiamo avuto anche in passato politici molto giovani che hanno lasciato un pessimo esempio di gestione del potere. Alcuni sono stati presi letteralmente con le mani nel sacco. A dire il vero il 68, nonostante sia stato una rivolta giovanile, non ha lasciato nulla nell'etica della gestione della cosa pubblica se non l'aspirazione a sgomitare per restare in posti di rilievo il più a lungo possibile. In verità più un politico è giovane e più ci si chiede come abbia fatto ad accedere ad alte cariche a quell'età se non con mezzi di dubbia natura.  Certo un segnale positivo sta nel fatto che almeno è in atto un ricambio generazionale e che certe facce non le vedremo più tanto spesso in televisione ma non è questo il punto e non è certo questo che ci garantirà una vita migliore. Abbiamo contemporaneamente un presidente molto anziano che ha dimostrato di essere uno dei migliori politici di sempre. Dunque non è di giovani rampanti che ha bisogno la nostra politica e la nostra società. Il giovanilismo è un atteggiamento molto pericoloso, era molto presente nel fascismo e nel nazismo dove veniva esaltata la giovinezza come "primavera i bellezza". Tutte le rivolte che hanno portato a involuzioni verso regimi totalitari sono state effettuate da giovani ambiziosi e assolutisti. Non si tratta quindi di un fatto positivo in se  che dei giovani salgano al governo della Repubblica quando altri coetanei sono senza lavoro. Non è una questione di età o di sesso il buon uso del potere per il bene comune, anzi è proprio dove manca la democrazia che assistiamo a governanti fanciulli: nelle monarchie di un tempo gli eredi al trono potevano essere anche dei minori. In una democrazia matura invece la scelta dei rappresentanti dovrebbe essere motivata da esperienza e merito. Altrimenti si cade nella demagogia dove le scelte sono determinate dalle emozioni e dalle suggestioni generate da chi riesce a intercettare l'umore del momento ed interpreta l'esigenza di una figura apparentemente forte che prometta cose impossibili.
Quello che noi auspichiamo invece per l'anno a venire è che la crisi abbia insegnato che nell'economia e nella politica, ovvero nel sistema di poteri ad esse relativo, si debba inserire più creatività, nell'accezione che qui ne abbiamo data, e non è detto che i giovani siano più creativi. Ciò vuol dire che la società deve permettere l'emergere dei veri talenti e delle forze che possano contribuire ad una maggiore giustizia sociale. Per raggiungere questo obiettivo è necessaria una nuova mobilità nella distribuzione dei poteri, che venga dunque abbandonato il familismo amorale, come viene definito all'estero il costume italiano di accesso ai privilegi, e che la società guarisca dalla nevrosi del potere, come volontà di potenza senza sentimento sociale. Questo sicuramente renderebbe la vita più bella, libera e degna di essere vissuta. I modelli dunque non sono da ricercare tra i giovani rampanti ma tra gli uomini di una certa età che hanno speso la vita per un obiettivo valido, gli esempi non mancano, da Papa Bergoglio a Mandela, ma la difficoltà sta nel seguire il loro esempio senza lasciarsi smarrire dalle sirene del potere a tutti i costi.