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domenica 18 dicembre 2016

Del potere e del prestigio

                                       Colazione da Gabriella,olio su tela


Le cronache degli ultimi giorni riportano gli episodi giudiziari che coinvolgono i sindaci delle due principali città italiane: Roma e Milano. E’ facile riflettere che la classe politica italiana non é mai stata cosi sfiduciata. E’ di ieri l’episodio dell’aggressione di un parlamentare da parte dei cosidetti “Forconi”. L’episodio è stato condannato da tutti ma é un segnale inquietante della rabbia che serpeggia fra i cittadini verso chi governa, fra rappresentati e rappresentanti. Anche l’Istituto del Sindaco a elezione diretta con i casi suddetti mostra le corde e mette in discussione il sistema delle scelte dei candidati, da parte dei partiti o dei movimenti. Una società sana produce rappresentanti prestigiosi e capaci, una società malata produce rappresentanti inadeguati. Il potere del resto fa gola a tutti ma gli spiriti più evoluti non sono disposti a barattarlo con la propria onestà e coerenza, ne consegue che in momenti di crisi valoriale vengano selezionati quelli che invece sono disposti a tutto . Un proverbio napoletano recita:” Comannà é meglio che fottere”, a sottolineare che da sempre il potere come possibilità di comandare sugli altri dona piacere soprattutto agli sprovveduti, cioé quelli che non hanno altre risorse intellettuali , morali o spirituali. Quando Mara tento’ il Budda gli propose appunto di darsi alla politica. La stessa cosa fece il demonio nel deserto quando tento’ il Cristo. In questa situazione dunque rischiamo di mandare al potere il peggio della società, gli arrivisti, gli impostori, gli arroganti e prepotenti, quelli che da sempre sono stati definiti i cosidetti demagoghi. E veniamo ai due sindaci: ho già espresso in altro scritto il mio parere sulla Raggi, troppo giovane e sprovveduta buttata li da un movimento di protesta che sta dilagando proprio grazie allo scontento generale della situazione descritta e che non ha certo avuto il tempo di selezionare i propri quadri.  Il sindaco di Milano invece é un manager  capace che è stato in grado di organizzare  Expo nei tempi stabiliti e con grande successo. Sala dunque è uomo di prestigio con esperienza e capacità che rischia di essere messo in difficoltà dalla magistratura per gli appalti di Expo. Il potere giudiziario in Italia,, da Tangentopoli in avanti, condiziona la politiica e questo é un altro segnale negativo del rapporto  malato fra cittadini e delegati a rappresentarli. Anche i magistrati infatti non rinunciano al vizio del protagonismo e dell’arrivismo usando gli avvisi di garanzia come armi per colpire influenzando i mass-media che notoriamente costruiscono o abbattono il consenso politico. In questa situazione si crea una grande confusione in cui la gente finisce per odiare la politica e i suoi rappresentanti, manda al potere chi non se lo meriterebbe e la selezione, anzicché la comunità, la fa la magistratura che invece dovrebbe intervenire solo occasionalmente e in silenzio. Si innesca cosi un clima di sospetto e di sfiducia verso questi privilegiati che oltretutto godono di stipendi altissimi rispetto alla media e questo, in periodo di crisi, é estremamente pericoloso. Cosi le riforme pur necessarie le tentano personaggi non all’altezza e senza il prestigio necessario per cui vengono bocciate. Il socialismo riformista purtroppo in Italia ha sempre avuto vita difficile e non da ieri.


sabato 9 luglio 2016

La sindaca di Roma


                                                   Il risveglio, olio su tela,

Roma ha un nuovo sindaco, una ragazza di 37 anni. Questo fatto potrebbe sembrare un evento positivo per la democrazia e per le aspettative di potere di certo femminismo. Ma occorre fare alcune riflessioni con il rischio di sembrare politicamente scorretti. Mi chiedo: è bene che una giovane donna che fino a ieri aveva un lavoro precario, faceva l’avvocato per il recupero crediti, ricopra la massima carica nella capitale d’Italia? A volte nella vita siamo apparentemente vincenti e ci troviamo in posizioni brillanti e invidiabili ma non sempre questa è una fortuna per la società e per la persona in questione. Spero di essere contraddetto dai fatti e dalle prossime delibere di questa giunta ma il potere richiede capacità, equilibrio e saggezza che normalmente i giovani non hanno, altrimenti puo far male. Non esiste una scuola che te lo insegni, in democrazia chiunque puo’ teoricamente ricoprire alte cariche soprattutto attraverso il consenso generato dai mas media. Vi è sulla stampa un plauso generale a che dei giovani siano saliti al potere ma personalmente non lo condivido. Leggo nei resoconti giornalistici che una delle novità della politica italiana sarebbe quello di avere dei trenta -quarantenni al potere e che sarebbe da considerarsi segno di cambiamento in positivo. Non sono d'accordo con questa interpretazione. La giovinezza in se non è una virtù. Abbiamo avuto anche in passato politici molto giovani che hanno lasciato un pessimo esempio di gestione del potere. Alcuni sono stati presi letteralmente con le mani nel sacco. A dire il vero il sessantotto, nonostante sia stato una rivolta giovanile, non ha lasciato nulla nell'etica della gestione della cosa pubblica se non l'aspirazione a sgomitare per restare in posti di rilievo il più a lungo possibile. In verità più un politico è giovane e più ci si chiede come abbia fatto ad accedere ad alte cariche a quell'età se non con mezzi di dubbia natura.  Certo un segnale positivo sta nel fatto che almeno è in atto un ricambio generazionale e che certe facce non le vedremo più tanto spesso in televisione ma non è questo il punto e non è certo questo che ci garantirà una vita migliore. Dunque non è di giovani rampanti che ha bisogno la nostra politica e la nostra società. Il giovanilismo è un atteggiamento molto pericoloso, era molto presente nel fascismo e nel nazismo dove veniva esaltata la giovinezza come "primavera di bellezza". Tutte le rivolte che hanno portato a involuzioni verso regimi totalitari sono state effettuate da giovani ambiziosi e assolutisti. Non si tratta quindi di un fatto positivo in se  che dei giovani salgano al governo della Repubblica quando altri coetanei sono senza lavoro. Non è una questione di età o di sesso il buon uso del potere per il bene comune, anzi è proprio dove manca la democrazia che assistiamo a governanti fanciulli: nelle monarchie di un tempo gli eredi al trono potevano essere anche dei minori. In una democrazia matura invece la scelta dei rappresentanti dovrebbe essere motivata da esperienza e merito. Altrimenti si cade nella demagogia dove le scelte sono determinate dalle emozioni e dalle suggestioni generate da chi riesce a intercettare l'umore del momento ed interpreta l'esigenza di una figura apparentemente forte che prometta cose impossibili.

Quello che noi auspichiamo invece  è che la crisi abbia insegnato che nell'economia e nella politica, ovvero nel sistema di poteri ad esse relativo, si debba inserire più creatività, nell'accezione che qui, in questo blog, ne abbiamo data, e non è detto che i giovani siano più creativi. Ciò vuol dire che la società deve permettere l'emergere dei veri talenti e delle forze che possano contribuire ad una maggiore giustizia sociale. Per raggiungere questo obiettivo è necessaria una nuova mobilità nella distribuzione dei poteri, che venga dunque abbandonato il familismo amorale, come viene definito all'estero il costume italiano di accesso ai privilegi, e che la società guarisca dalla nevrosi del potere, come volontà di potenza senza sentimento sociale. Questo sicuramente renderebbe la vita più bella, libera e degna di essere vissuta. I modelli dunque non sono da ricercare tra i giovani rampanti ma tra gli uomini di una certa età che hanno speso la vita per un obiettivo valido, gli esempi non mancano, da Papa Bergoglio a Mandela, ma la difficoltà sta nel seguire il loro esempio senza lasciarsi smarrire dalle sirene del potere a tutti i costi. 






venerdì 27 maggio 2016

Delle elezioni del sindaco di Milano

                                                 Giardini Montanelli, acquarello su carta

Sono prossime le votazioni per la scelta del sindaco a Milano. Come sempre succede ad ogni tornata elettorale si sprecano le ipotesi di vittoria. Vincerà il centrodestra o il centrosinistra? Ormai nessuno vuol più essere semplicemente o di destra o di sinistra. A parte la discutibile diversità fra le due coalizioni che, stando alla tradizione, dovrebbero portare al potere  nel primo caso il  cosidetto padronato, cioè chi il potere lo ha già, e nel secondo i diseredati e chi li rappresenta, pare che ciascuno accampi il diritto di ergersi a paladino del popolo. Le due anime si sono ormai confuse nell’aspirazione al potere tout court, anche perchè a ben dire, a parte la sinistra di Rizzo, anche la coalizione di centrosinistra  è formata dalla borghesia milanese più o meno illuminata e dai suoi managers. Quale differenza dunque sussiste tra uno schieramento e l’altro?  Si dice che bisogna guardare i programmi. Ma i programmi si somigliano: tutti vogliono mostrare di tenerci a risolvere i problemi dei cittadini, tutti i problemi e rendere gli elettori più felici. Vota per me e ti faro’ felice, potrebbe essere lo slogan di destra e di sinistra. Ma come? Più sicurezza, meno tasse, più assistenza, più lavoro, più...più di tutto insomma. Ambedue affermano di voler risanare le periferie, ognuno vuole più verde e meno traffico, tutti esibiscono onestà e coerenza. Ma di  queste promesse c’è possibilità che qualcosa si realizzi al di là delle parole? L’amministrazione uscente quando ha vinto le elezioni nel 2011ha festeggiato con musiche, peana e biciclettate, sembrava che più che elezioni democratiche avesse vinto una guerra  e fosse giunta l’ora della liberazione da un regime oppressivo durato un ventennio, ma alla fine ha deluso la maggior parte delle aspettative. A proposito ma la vogliamo finire di festeggiare una elezione come se fosse una partita di calcio vinta? Non vi è nulla da festeggiare ma da rimboccarsi le maniche, cioè prendere coscienza del lavoro da compiere per il benessere della comunità e lavorare di conseguenza tenendo presente le difficoltà che questo comporta. In primis non bisogna sottovalutare il sistema burocratico che ingabbia le innovazioni per sua natura essendo conservativo. Una riforma della burocrazia non sarebbe male, sia che venga da destra che da sinistra. L’amministrazione Pisapia ha dato l’impressione di schierarsi più dalla parte dei potenti che non dei cittadini comuni, si è vantata di cose decise e iniziate da altri, Expo, Porta Nuova, eventi vari della Moda, M4 e cosi via fallendo miseramente sulla tanto millantata partecipazione a causa di una comunicazione spesso arrogante e spocchiosa. Del resto uno dei suoi assessori più quotati si è dimesso. In buona sostanza ha dato l’impressione irritante del “ siamo bravi solo noi perchè siamo noi”, soprattutto da parte di assessori troppo giovani ed inesperti scelti con logiche dubbie. In sintesi, a parte i programmi corposi, che pero’ poi camminano con le gambe degli uomini, occorre più consapevolezza e senso di responsabilità  di chi “vince” le elezioni, altro che canti e festeggiamenti per l’assunzione del Potere. Serve più umiltà e senso estetico, il bello come buono, vero e giusto, ricordando con Stendhal che la bellezza è promessa di felicità.   

sabato 27 febbraio 2016

Moda e arte

                                     La Santa, acquarello su carta, cm 30x40

Leggo sui giornali che la moda ha adottato l’arte ma esiste una sostanziale differenza tra le due benchè spesso la moda si definisca appannaggio dei creativi. Le mode infatti (con questo intendo tutto cio’ che fa tendenza) enfatizzano le aspirazioni collettive del momento e siccome questo è sempre intrecciato con il potere e con l’invidia di esso, e dei suoi simboli,  mettono in scena  quanto è status symbol del momento. Che poi cambia per generare nuovi consumi, a volte visti con assolutismo perchè si aspira ad un proprio potere. La moda quindi semplifica e falsa, dando malessere e frustrazione se si trasferiscono su di essa i valori della vita. La bellezza, che dovrebbe essere alla base della ricerca artistica, sta nella diversità e nella complessità perchè funzionali alla vita. La moda dunque , se viene  investita delle nostre esigenze di assoluto e la si trasforma in culto, allora diventa una droga per anestetizzare i veri bisogni di unificazione.  Alla domanda quindi in che cosa consista la differenza tra moda ed arte si puo’ rispondere che la moda è una parodia dell’arte. Mentre la vera arte pesca nella bellezza cosmica la moda cerca di costruire modelli cui aderire. Qualche volta si serve dell’arte ma mentre quest’ultima  scava in profondità e trova la natura estetica dell’essere che dà libertà ed armonia, la prima utilizza il più delle volte il fascino del potere per creare falsi modelli di perfezione e provoca asservimento se non la si prende come un futile gioco. I giovani sono esposti a questo in quanto sentono più forte il bisogno di appartenere a qualcosa di esteriore: una comunità, un paese, una squadra  ecc. Il bisogno religioso di bellezza, e quindi cioè di unità interiore, negato si degrada dunque in bisogno di aderire a modelli esteriori imposti.  Tanto più uno è diviso dentro e tanto più si attacca a modelli esterni che sono dei sostituti di unità e quindi di amore. Si potrebbe dire che la moda è inerente allo stato di coscienza ordinario, quello causale funzionale, l’arte invece è tipica dello stato di coscienza acausale, simbolico e quindi straordinario.L’arte cerca e trova, la moda cerca e, non trovando, imita. Il fenomeno della moda è più eclatante nel campo dell’abbigliamento perchè vestirsi è comune a tutti gli uomini, che bene o male soggiacciono alle mode, ma esiste anche in tutti gli altri campi tipici dell’arte e soprattutto è presente in quello che riguarda l’abitare, altra funzione connessa all’essere uomini. Di per sè imitare non è assolutamente negativo, anzi. Anche un grande poeta come Goethe difendeva l’imitazione purchè subordinata alla verità. Per cui seguire mode non è  in sè un  male, a meno che non siano palesemente distruttive o autolesive, ma come al solito tutto si complica quando viene introdotto l’elemento potere.  Se uno pensa di acquisire più potere,  quindi prestigio, e si investe il fatto esteriore di un valore assoluto la moda allora diventa competizione vitale: se riesci a seguirla sei qualcuno se no non sei nessuno. In questo caso è un fattore alienante perchè impedisce la vera crescita che è trovare il Sè, ovvero quella parte che ci mette in sintonia con il mondo e con la natura, che è essenzialmente artistica e ci dà benessere ed energia. L’arte vera infatti è sempre un’ operazione di risacralizzazione  e quindi trasfigura i mezzi materiali di cui si serve. La moda ha un fine economicistico e utilitaristico che si scontra con le esigenze ecoantropologiche di equilibrio creativo. Nell’arte i mezzi materiali diventano oggetti di culto, nelle mode vengono consumati, buttati e finiscono nelle discariche.  

lunedì 3 febbraio 2014

Nuovo umanesimo?

Dove va la società? Siamo nell'epoca della tecnica ,ovvero della razionalità funzionale, dicono i filosofi, ma funzionale a chi? Al potere del denaro che è ristretto in poche mani e pilota le scelte economiche e politiche. Secondo alcuni non c'è scampo: è finita l'epoca dell'umanesimo e con essa la possibilità di invertire la rotta verso il baratro dell'autodistruzione. Io non son d'accordo con queste cassandre che fanno delle loro funeste previsioni un motivo di fama e di trionfo del loro ego. Ci vuole un nuovo umanesimo. In fin dei conti l'uomo a livello profondo è sempre uguale e le sue aspirazioni sono fondamentalmente sempre le stesse: vogliamo infatti essere felici, relizzarci,scoprire il significato della nostra esistenza e compierlo, nonchè acquisire il senso della connessione con il Trascendente. Il problema è come vogliamo realizzare queste mete. Vi sono quelli che ritengono che il loro destino sia quello di dominare e cercano con sempre più dominio un surrogato di eternità, sono per lo più coloro che cercano il potere a tutti i costi, vi sono altri che si rifugiano nelle religioni trovando nei riti e nei dogmi un appagamento al loro bisogno di infinito, gli uni non escludono gli altri ovvero a volte la religione copre l'esigenza di dominare, infine esistono i poeti, i mistici e i filosofi ovvero quelli che si immergono nel mare dell'essere e ne emergono con verità ineffabili. Questi ultimi sono i più creativi perchè sono i più distaccati dall'egolatria che prevede il culto della personalità e l'illusione che il potere sia succedaneo di immortalità, come del resto il sesso, non a caso Platone li aveva indicati come i Custodi. Purtroppo di queste tre categorie la prima è quella che è disposta a tutto pur di avere il Potere ed è anche quella che alla fine la spunta meglio sui poeti e i filosofi. In verità anche nelle democrazie noi mandiamo in genere al potere il peggio della società, basti vedere gli scandali di sesso e di denaro dei nostri politici  che ultimamante riempiono i giornali. Inoltre i primi sono facile preda, proprio perchè hanno una personalità incompleta, di delirio di onnipotenza e da qui discendono tutte le degenerazioni che abbiamo osservato nel corso del' 900.  Il sesso, proprio perchè è il  portatore della vita, per questi diventa un'altra illusione di potenza e di immortalità e ciò vale sia per gli uomini che per le donne. A questo proposito basti pensare ai tempi dell'impero romano dove Messalina, prima moglie di Claudio, narra la cronaca di quell'epoca, si mascherava e faceva la gara in un lupanare con la più famosa prostituta a chi aveva più amplessi in un giorno. Come si vede nulla è nuovo sotto il sole per quanto riguarda le possibili degenerazioni di potere e di sesso, sono del resto arcinote le perversioni di Hitler. Ma forse proprio per questo si può pensare di correggerli. Come? Non è facile dare suggerimenti ma gli effetti di queste storture dovrebbero essere sempre comunicate da una generazione all'altra. Hanno ragione gli ebrei a temere che le nuove generazioni dimentichino la Shoah, il negazionismo ha questo scopo far dimenticare gli effetti della follia per illudersi di nuovo con il Potere.

domenica 29 dicembre 2013

Buon Anno

Leggo nei resoconti giornalistici dell'anno trascorso, come d'uso a fine anno, che una delle novità della politica italiana sarebbe quello di avere dei trenta -quarantenni al potere e che sarebbe da considerarsi segno di cambiamento in positivo. Non sono d'accordo con questa interpretazione dei media. La giovinezza in se non è una virtù. Abbiamo avuto anche in passato politici molto giovani che hanno lasciato un pessimo esempio di gestione del potere. Alcuni sono stati presi letteralmente con le mani nel sacco. A dire il vero il 68, nonostante sia stato una rivolta giovanile, non ha lasciato nulla nell'etica della gestione della cosa pubblica se non l'aspirazione a sgomitare per restare in posti di rilievo il più a lungo possibile. In verità più un politico è giovane e più ci si chiede come abbia fatto ad accedere ad alte cariche a quell'età se non con mezzi di dubbia natura.  Certo un segnale positivo sta nel fatto che almeno è in atto un ricambio generazionale e che certe facce non le vedremo più tanto spesso in televisione ma non è questo il punto e non è certo questo che ci garantirà una vita migliore. Abbiamo contemporaneamente un presidente molto anziano che ha dimostrato di essere uno dei migliori politici di sempre. Dunque non è di giovani rampanti che ha bisogno la nostra politica e la nostra società. Il giovanilismo è un atteggiamento molto pericoloso, era molto presente nel fascismo e nel nazismo dove veniva esaltata la giovinezza come "primavera i bellezza". Tutte le rivolte che hanno portato a involuzioni verso regimi totalitari sono state effettuate da giovani ambiziosi e assolutisti. Non si tratta quindi di un fatto positivo in se  che dei giovani salgano al governo della Repubblica quando altri coetanei sono senza lavoro. Non è una questione di età o di sesso il buon uso del potere per il bene comune, anzi è proprio dove manca la democrazia che assistiamo a governanti fanciulli: nelle monarchie di un tempo gli eredi al trono potevano essere anche dei minori. In una democrazia matura invece la scelta dei rappresentanti dovrebbe essere motivata da esperienza e merito. Altrimenti si cade nella demagogia dove le scelte sono determinate dalle emozioni e dalle suggestioni generate da chi riesce a intercettare l'umore del momento ed interpreta l'esigenza di una figura apparentemente forte che prometta cose impossibili.
Quello che noi auspichiamo invece per l'anno a venire è che la crisi abbia insegnato che nell'economia e nella politica, ovvero nel sistema di poteri ad esse relativo, si debba inserire più creatività, nell'accezione che qui ne abbiamo data, e non è detto che i giovani siano più creativi. Ciò vuol dire che la società deve permettere l'emergere dei veri talenti e delle forze che possano contribuire ad una maggiore giustizia sociale. Per raggiungere questo obiettivo è necessaria una nuova mobilità nella distribuzione dei poteri, che venga dunque abbandonato il familismo amorale, come viene definito all'estero il costume italiano di accesso ai privilegi, e che la società guarisca dalla nevrosi del potere, come volontà di potenza senza sentimento sociale. Questo sicuramente renderebbe la vita più bella, libera e degna di essere vissuta. I modelli dunque non sono da ricercare tra i giovani rampanti ma tra gli uomini di una certa età che hanno speso la vita per un obiettivo valido, gli esempi non mancano, da Papa Bergoglio a Mandela, ma la difficoltà sta nel seguire il loro esempio senza lasciarsi smarrire dalle sirene del potere a tutti i costi.