Vedo sui giornali che
a Milano si dibatte molto intorno alla destinazione a verde degli ex scali ferroviari ed anche di altre aree,
come se questa destinazione in se costituisca una panacea di tutti i mali della
città. Ecco cosa scrivevo a proposito dei parchi su L’altro architetto.
Il problema del verde
in città è annoso e si trascina dalla prima rivoluzione industriale. In genere
nella città europea i parchi centrali sono i giardini dei palazzi nobiliari di
un tempo, che sono diventati pubblici. All’esterno sono invece aree faticosamente
sottratte alla speculazione edilizia e attrezzate per il tempo libero. Ora, non
è detto che grandi aree verdi, a parte il benefico effetto sul clima urbano,
siano luoghi di delizie: occorre che prima di tutto vi sia una buona
sorveglianza, i quartieri che vi si affaccino non siano solo malfamati, e che
quindi il parco non diventi a sua volta un non-luogo, abbandonato in certe ore
del giorno. Esso va vissuto. Sarebbe meglio avere tanti piccoli giardini che
non grandi parchi che nessuno gode. I grandi parchi dovrebbero funzionare come
oasi del continuum costruito, dove chi vuole può avere la possibilità anche di
praticare l’agricoltura e coltivarsi un orto: allora si avrebbe una presenza
continua di persone che tornano alla natura per lavorare la terra come un
tempo, con una produzione di frutti che può costituire una risorsa. Del resto
anche il paesaggio agrario che circonda le aree urbane ha una sua nobiltà
storica, che dovrebbe essere difesa. Vivendo nelle città, spesso, ci
dimentichiamo che è dalla natura che scaturisce la vita, anche la nostra, e
quindi il sentimento legato alla bellezza, che ce la fa scoprire, si rivolge in
primis a lei, se accettiamo la definizione: bellezza uguale rispetto per la
vita. La natura quindi è bella in quanto, per dirla con i Greci, è
manifestazione di cosmos, ovvero dell’estetica dell’essere. Tuttavia in natura
vigono le differenze: ogni organismo e luogo hanno un loro potenziale
energetico relativo alla loro funzione nel sistema. Certi organismi noi li
vediamo brutti perché li togliamo dal loro contesto vitale e proiettiamo su di
loro le nostre parti poco gradevoli. Alla domanda se, allora, sia bella solo la
natura, si può rispondere che è bella la natura, ma è altrettanto bella la
produzione artistica in chiave ecologica. Ecco perché i giardini, i parchi e
gli alberi nelle città ingentiliscono e umanizzano panorami artificiali a volte
squallidi e costituiscono una componente estetica non indifferente nelle aree
abitative e lavorative. Da L'altro architetto . Giampiero Casagrande editore