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domenica 26 agosto 2018

Il ponte maledetto




                
Che orribile tragedia il crollo del ponte Morandi sul Polcevera a Genova ! Si rimane esterefatti di fronte alle immagini diffuse dai media ed emergono dal nostro animo emozioni confuse di pietà, rabbia e paura che ci costringono a riflettere sull’accaduto e sulle sue cause. Secondo dati recenti più del 60% dei ponti costruiti in Italia dagli anni cinquanta ai settanta sono a rischio cedimento. Cinque sono crollati negli ultimi due anni. In questo caso il destino beffardo ha fatto cadere proprio un simbolo della tecnica e della modernità di quando l’idea di progresso era diventata un’incontrastata guida in ogni ambito del fare e l’ingegneria italiana veniva ammirata in tutto il mondo. Oggi parliamo di mancata manutenzione, di disastro annunciato da molti segnali e questo ci fa ancora più arrabbiare, ci si sente fragili nelle mani di una economia che ha come primo obiettivo lucrare guadagni sempre più alti a scapito della sicurezza e del bene comune. Galli della Loggia sul Corriere si chiedeva dove fosse lo Stato e denunciava in questa scarsa idea di Stato la causa dei mali italiani. Altri commentatori hanno dichiarato che gli italiani sono contrari all’industria e al progresso e quindi hanno favorito i contestatori della Gronda che avrebbe alleggerito il traffico sul ponte maledetto. Personalmente ritengo che questo crollo, come del resto gli altri, sia invece un segnale della debolezza del concetto di progresso che aleggiava intorno alla metà del secolo scorso. Ho già scritto diversi articoli su questo Blog, e nel mio libro L’altro architetto,  di denuncia rispetto a  questa idea di progresso e di economia. Questo ponte crollato ne è l’emblema. Ciò infatti ha a che  fare con il concetto di bellezza mescolata alla volontà di potenza, da questo punto di vista era l’ogoglio di Genova che si paragonava a New York. Questa bellezza però frutto della presuntuosa sfida alle leggi della statica in nome del progresso mi rammentano l’apologo di Dedalo e Icaro. La presunzione e la provocazione sono sentimenti negativi che fanno disastri quando sono applicati all’architettura dei ponti soprattutto se non accompagnati da una manutenzione necessaria. Ma tralasciando l’intento che qualcuno definirebbe moralistico e invece cercando di interpretare la malattia e non solo il sintomo mi riallaccio ad un mio articolo del 2016, a commento  dei 50 anni dalla pubblicaione del libro di Calvino Speculazione edilizia. La cementificazione della Liguria, che lo scrittore denunciava già negli anni 60, è continuata in crescendo e l’hanno chiamata boom economico, questa è la vera causa del crollo del ponte sul Polcevera che simbolicamente ha spezzato in due le Riviere sfigurate da una politica urbanistica improntata alla « deregulation » cui è stato dato il nome di rapallizzazione  a ricordare ciò che è avvenuto nella ridente cittadina ligure.  Cause generali dunque sono state l’aumento del traffico e a monte la scelta di privilegiare il trasporto su gomma anzicchè su rotaia, queste ed altre quisquilie sempre orientate da una economia che  fa il bello e il cattivo tempo in Italia dove la politica è fragile come il ponte e la bellezza è considerata un lusso.

  
       

       

         
  


   
                 


venerdì 8 maggio 2015

Expo e Noexpo

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Oggi vorrei parlare di Expo e di Noexpo. Questa manifestazione mondiale che doveva essere il fiore all’occhiello di Milano rischia di diventare il motivo dominante per i prossimi dibattiti preelettorali. Vale a dire che un evento di coinvolgimento globale diventa uno spunto per le beghe di cortile della nostra politica. Il tema della manifestazione con le sue implicazioni ecologiche prometteva molto ma c’era anche da aspettarsi che le potenti multinazionali del cibo se ne approfittassero per farsi publicità. Del resto è nella natura di queste esposizioni prestarsi alla esibizione del potere della tecnica. Sono nate proprio per mostrarlo verso la metà dell’ottocento, secolo della cieca fiducia nella scienza. L’ultima edizione toccata all’Italia, sempre a Milano nel 1906, infatti, aveva come tema i trasporti, in omaggio al traforo del Sempione appena inaugurato, e fu realizzata in Piazza d’Armi, attuale ex Fiera.  E’ chiaro che i centodieci anni passati da allora hanno cambiato di molto la nostra sensibilità rispetto all’impatto della tecnica sul mondo naturale. Due guerre mondiali con milioni di morti e soprattutto lo sviluppo delle armi ci hanno obbligato a guardare con una certa paura e diffidenza i prodotti delle scoperte scientifiche soprattutto in ragione del fatto di aver messo nelle manni di pochi la possibilità di distruggere tutti. Ora in tempi di globalizzazione e di crisi ecologica, le comunicazioni e i trasporti si sono accelerati a dismisura tanto  che è da condividere l’opinione di Marc Augè sugli eccessi della contemporaneità : eccesso di tempo, eccesso di spazio ed eccesso di individualismo.  Bisognava tenerne conto nella progettazione dell’evento, come bisognava tener conto che un tema simile, Nutrire il pianeta, in un momento di crisi planetaria con le periferie in rivolta, poteva scatenare reazioni contrarie. Non voglio entrare nel  merito delle violenze degli antagonisti o casseur, comunque in quanto violenze da condannare, ma si sa da sempre che la rabbia accumulata poi si scatena in atti violenti, per fortuna nel nostro caso perlopiù sulle cose. Il  fatto che l’organizzazione abbia preferito destinare un’area apposita all’evento , anzicchè ad esempio diffonderlo in più punti della città, trasformandolo cosi  in una specie di Gardaland del cibo, ha contribuito ad isolarlo dal contesto urbano e creerà problemi circa il riutilizzo di quelle aree a fine Expo. Mi pare insomma che, come al solito, si siano privilegiati gli interessi dei potenti e i vecchi schemi organizzativi. Non voglio dire che cosi  si sarebbero  evitate le contestazioni ma almeno si sarebbe comunicato un messaggio più consono ai tempi che, come dicevo, non sono quelli d’inizio novecento con l’ubriacatura di euforia  per il progresso tecnico scientifico.