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venerdì 8 maggio 2015

Expo e Noexpo

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Oggi vorrei parlare di Expo e di Noexpo. Questa manifestazione mondiale che doveva essere il fiore all’occhiello di Milano rischia di diventare il motivo dominante per i prossimi dibattiti preelettorali. Vale a dire che un evento di coinvolgimento globale diventa uno spunto per le beghe di cortile della nostra politica. Il tema della manifestazione con le sue implicazioni ecologiche prometteva molto ma c’era anche da aspettarsi che le potenti multinazionali del cibo se ne approfittassero per farsi publicità. Del resto è nella natura di queste esposizioni prestarsi alla esibizione del potere della tecnica. Sono nate proprio per mostrarlo verso la metà dell’ottocento, secolo della cieca fiducia nella scienza. L’ultima edizione toccata all’Italia, sempre a Milano nel 1906, infatti, aveva come tema i trasporti, in omaggio al traforo del Sempione appena inaugurato, e fu realizzata in Piazza d’Armi, attuale ex Fiera.  E’ chiaro che i centodieci anni passati da allora hanno cambiato di molto la nostra sensibilità rispetto all’impatto della tecnica sul mondo naturale. Due guerre mondiali con milioni di morti e soprattutto lo sviluppo delle armi ci hanno obbligato a guardare con una certa paura e diffidenza i prodotti delle scoperte scientifiche soprattutto in ragione del fatto di aver messo nelle manni di pochi la possibilità di distruggere tutti. Ora in tempi di globalizzazione e di crisi ecologica, le comunicazioni e i trasporti si sono accelerati a dismisura tanto  che è da condividere l’opinione di Marc Augè sugli eccessi della contemporaneità : eccesso di tempo, eccesso di spazio ed eccesso di individualismo.  Bisognava tenerne conto nella progettazione dell’evento, come bisognava tener conto che un tema simile, Nutrire il pianeta, in un momento di crisi planetaria con le periferie in rivolta, poteva scatenare reazioni contrarie. Non voglio entrare nel  merito delle violenze degli antagonisti o casseur, comunque in quanto violenze da condannare, ma si sa da sempre che la rabbia accumulata poi si scatena in atti violenti, per fortuna nel nostro caso perlopiù sulle cose. Il  fatto che l’organizzazione abbia preferito destinare un’area apposita all’evento , anzicchè ad esempio diffonderlo in più punti della città, trasformandolo cosi  in una specie di Gardaland del cibo, ha contribuito ad isolarlo dal contesto urbano e creerà problemi circa il riutilizzo di quelle aree a fine Expo. Mi pare insomma che, come al solito, si siano privilegiati gli interessi dei potenti e i vecchi schemi organizzativi. Non voglio dire che cosi  si sarebbero  evitate le contestazioni ma almeno si sarebbe comunicato un messaggio più consono ai tempi che, come dicevo, non sono quelli d’inizio novecento con l’ubriacatura di euforia  per il progresso tecnico scientifico.