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domenica 2 agosto 2015

Della rabbia e della violenza

                                            Giardini Montanelli, acquarello su carta


Quando era bambino avevamo un cane, anzi una cagnetta che quasi ogni anno veniva ingravidata da qualche randagio e partoriva cuccioli bellissimi. Almeno cosi sembravano a noi bimbi felici di assistere a questo miracolo della natura. In genere pero’ se ne dovevano tenere solo due, gli altri purtroppo venivano gettati nel fiume nottetempo dal Primo,il giardiniere. Questi due erano nutriti,  fatti crescere ed infine regalati a qualche parente o amico. Un anno pero’ uno l’abbiamo tenuto ed era diventato un bel cane color nocciola che trotterellava allegro accanto alla madre durante le passeggiate nei boschi. Era entusiasmante vedere la sua vitalità, la sua gioia e la sua curiosità. Era pero’ come tutti i cuccioli viziati disubbidiente e non aveva ancora imparato a rispondere al richiamo.  Un bel giorno decidemmo di andare a fare una bella passeggiata in pineta, tutta la famiglia di cinque persone e i due cani che festeggiavano l’evento abbaiando ripetutamente. Questa abetaia veniva attraversata da una strada, ancora sterrata, che conduceva ad un sanatorio e veniva percorsa due volte al giorno da una corriera che vi portava i visitatori dalla stazione ferroviaria,  lontana un paio di chilometri. Il cucciolo aveva attraversato la strada ed annusava estasiato qualcosa che gli piaceva. Ad un tratto  sentimmo il rombo del motore del pulmino, un residuato bellico, e vedemmo in lontananza il polverone che si avvicinava, abbiamo allora chiamato il cane che si attardava facendo finta di nulla. Infine, dopo numerosi urli, trotterellando ha attraversato la strada proprio nel momento in cui giungeva il mezzo che lo centro’  in pieno. Il cucciolo rimase stecchito al suolo, da parte del guidatore nessuna reazione, come se nulla fosse ha continuato la sua corsa lasciandoci ammutoliti di fronte  alla tragedia. Quello che era felicità e grazia venne spazzato via dalla violenza  dell’atto. Avrebbe potuto frenare o rallentare e quantomeno fermarsi e dimostrare dispiacere dopo l’investimento : nulla. Avevamo avuto l’impressione invece che avesse accelerato apposta per  centrarlo.  La violenza aveva messo fine ad una vita e dentro di noi bimbi il seme della tristezza, della paura e della rabbia iniziava a germogliare.  E’ da questi episodi traumatici che nasce la rabbia. Questa è l’emozione che scatena le guerre. Raccontano gli psicologi che i soldati in battaglia vedono cadere i propri amici e si riempiono di rabbia che supera la paura e accende il desiderio di vendetta.  Questi erano i sentimenti che provammo noi nei confronti del sadico autista. Per un bambino il cane è il suo amico.  Esiste anche un’etica  per il comportamento nei confronti degli animali e delle piante, benchè in Occidente poco seguita, del vivente insomma, perchè noi siamo in quanto apparteniamo ad una vita interrelata con altre vite non solo umane. Il buddista Thich Nhat Hanh lo chiama interessere che prevede la compassione per il vivente. In tempo di abbandono estivo di animali come se fossero cose è utile riflettere. La bellezza promessa di felicità in questo consiste.

martedì 3 settembre 2013

Pacifismo ai tempi della guerra in Siria


Appena finita la guerra la mia famiglia era ancora sfollata in montagna, nella bergamasca. Avevo 3 o 4 anni e abitavamo una villa con un grande giardino. Una notte, nel campo di fronte al nostro cancello, al di la del viale di tigli, si sentirono delle urla, così mi dissero perché a quell'etá il sonno è profondo e non ricordo di averle sentite. Era inverno e c'era la neve che si stava scogliendo sul prato. Il mattino dopo mio padre mi portò con se a vedere cosa era successo. Attraversammo il campo in direzione di un gruppetto di persone che sostavano guardando a terra. Quando arrivammo ci accorgemmo di una grande macchia rossa nella neve. Avevano nella notte ucciso un uomo, pare un "fascista" che andava a trovare la moglie nel vicino sanatorio. Una vendetta di qualche presunto "partigiano" che non aveva deposto le armi. L'avevano ammazzato a calci e per terra, dopo che lo avevano portato via con un carretto, erano rimasti i denti rotti e il sangue. Perché raccontare questo aneddoto, vi chiederete? Perché credo che questo episiodio sia stato il mio primo contatto con un delitto assurdo, la banalitá del male e abbia segnato indelebilmente la mia sensibilitá. Da li è sorto il mio rifiuto della violenza e della guerra. Ma essere pacifista non è un problema da poco, i mass media ci rimandano in tempo reale le immagini di questi bambini siriani che assistono quotidianamente ai massacri della guerra civile. Diventaranno pacifisti? Non credo. Solo se saranno capaci di dominare la rabbia e la paura. Non è un compito facile e quindi la maggior parte saranno dominati dallo spirito di vendetta che fará di loro i fautori di altri conflitti. Questa è la turpe ereditá della guerra: creare i presuposti psicologici per altre guerre. Hilmann affermava che vi è "un terribile amore per la guerra", diventato poi il titolo di uno dei suoi ultimi libri. Estirpare questo archetipo è pressoché impossibile se non lo riconosciamo come tale. Ma noi viviamo in una societá organizzata su modelli che esaltano il conflitto. I valori che respiriamo fin dall'infanzia esaltano le virtu belliche che ritroviamo anche nella vita civile. Fino a non molto tempo fa, ancora oggi in provincia, il maschio si identificava con la divisa che in gioventù aveva indossato da militare. L'economia esalta la competitivitá con un linguaggio da guerra, conquiste di mercati, vittorie, sconfitte, combattimenti e il dio denaro regna sovrano. Le guerre hanno sempre dei risvolti economici, chi lucra sulla rabbia e la paura? L'opinione pubblica viene manipolata usando ad arte i mezzi di comunicazione di massa per provocare lo sdegno necessario per giustificare la guerra. Si parla infatti di guerra di immagini e della propaganda ma è su questo fondamento di aggressivitá, generato dalla paura e dalla rabbia, che poggia la morale publica che la promuove. Come per il dilemma siriano, Tolstoj si interrogava sulla moralitá di intervenire in un conflitto attraverso il suo personaggio Levin in Anna Karenina: "se tu vedi uno che assale una donna o un bambino che fai? Non intervieni?" Risposta: " Si ma questa è una mia scelta persoale per difendere il più debole e non per uccidere." Gli stati invece quando decidono di entrare in una guerra, da una parte o dall'altra, sanno che rilasciano licenza di uccidere come del resto lo sanno i produttori di armi che vendono ai contendenti. Bisognebbe denunciare e punire le banche che si prestano a questi trasferimenti di denaro come per il riciclo di origine mafiosa. Colpisci chi specula e guadagna con la guerra e toglierai di mezzo molte fonti che la alimentano. Veniamo ora al punto dolente della guerra siriana, dell'uso dei gas e dei bambini uccisi o resi orfani. La comunitá internazionale deve intervenire o no? A parere mio non si migliora la situazione aggiungendo della violenza alla violenza e aumentendo il substrato di paura e di rabbia. La guerra è un fuoco che si alimenta con le rivendicazioni, le vendette e le punizioni. Gli esempi della storia, anche recente, sono li a dimostrarlo. La follia si disarma con la pacatezza, la saggezza e la calma. Con il passaggio da un pensiero dicotomico ad un pensiero sistemico. Kant indicava due strade per la pace perpetua. Una è quella di un organismo di diritto internazionale riconosciuto che giudichi le cause fra stati, ed ora c'è l'ONU. La seconda è l'abolizione degli eserciti permanenti, ovvero la smilitarizazzione della societá e della cultura. Questa è ancora di là da venire e riguarda tutti, è una nuova cultura che coinvolge anche l'economia: altro che missili per operazioni chirurgiche. "La bellezza salverá il mondo" diceva il principe Miskin nell'Idiota di Dostoevskj, Hillmann diceva la stessa cosa in modo diverso, ma quale bellezza vi è nei missili che esplodendo producono altre macerie e morti oltre a quelli che giá ci sono? Diamo il mondo ai poeti e salveremo la terra.