Caro Federico te ne sei andato cosi inaspettatamente dopo
che ci siamo sentiti al telefono in questo periodo di coronavirus che ci ha
costretti in casa. Erano ormai anni che seguivamo, Gabriella ed io, le tue
vicende di salute e contavamo che tu ormai ti fossi acclimatato con la tua
patologia, l’avessi in qualche modo compresa e accettata e dunque ci convivessi
bene per chissà quanti anni ancora e magari interpretandone il messaggio la
superassi. Non è stato cosi e un po’ di rabbia, debbo ammettere, questa tua
dipartita me l’ha lasciata. L’ultimo tuo commento al mio articolo, Coronavirus,
sul blog è finito con un accenno pessimistico a un Dio che ce l’ha con l’uomo
quindi nonostante la tua dichiarazione sorprendente di essere cattolico
cristiano, che non mi sarei aspettato, la tua divinità appartiene alla
tradizione dell’antico testamento o addirittura alla antica Grecia, il tuo
riferimento a Nietzsche lo attesta. Lui diceva che quel Dio era morto ma non
trovandone un altro è impazzito. Tu invece lo hai risuscitato nei panni del
punitore che manda le pandemie a una società corrotta, come a Sodoma e Gomorra.
Immagino che ora, dovunque tu sia, avrai svelato il mistero per cui ritengo
ininfluente che ti parli della mia concezione della trascendenza ma questo fa bene a me e quindi proseguo. Il
Nuovo Testamento, nonostante tutto, è un messaggio di amore che richiede
molteplici interpretazioni, la più accreditata è che Dio è amore e dunque si
veste della carne umana per indicare la strada della creatività e della vita
non quella della morte. Infatti, benchè ucciso dalla diffidenza, dalla paura e
dalla stupidità del Potere, risorge. Già
prima di Cristo i filosofi avevano detto che l’amore crea e l’odio distrugge,
Empedocle ad esempio, dunque è conseguente pensare che il Creatore non può che
essere creativo e quindi amante. Ne deriva che quando in te alberga l’amore,
sia verso te stesso che gli altri, sei simile a Dio ma, come affermano i
buddisti, in noi albergano, non so perché,
i semi di tutti i sentimenti, negativi e positivi, dunque dobbiamo
allenarci a sostenere quelli che ci fanno bene e lasciare inerti quelli che ci
danneggiano. Il messaggio cristiano può essere letto anche cosi: una strada per
star bene, in fin dei conti le Beatitudini sono questo. Del resto lo stesso
pagano Aristotele scriveva nell’Etica Nicomachea che le virtù sono per il bello
e quindi per la felicità. La psicoanalisi in tempi moderni ci ha abituati a
guardarci dentro e a scoprire l’inconscio, pieno di quelle cose che non ci
piacciono, cioè rabbia, paura, desiderio e cosi via, perché l’educazione ci ha
abituati a rimuoverle e con quello dobbiamo confrontarci. Quindi l’inconscio
collettivo della nostra società ipocrita e superficiale è una sorta di
ripostiglio dove stazionano le nostre forze distruttive che se non vengono
affrontate ci danneggiano, vedi la pandemia o la malattia. Il corpo è un
insieme di energia e informazioni e cosi la natura, il nostro corpo più grande,
e se questi messaggi sono cattivi ne
risentiamo anche a livello fisico oltre che psichico naturalmente. Ma sotto
tutto questo vi è uno strato originario di gioia pura, il nostro retaggio
divino. Per questo i bambini sono allegri e vivaci, loro sono più vicini a
questo fondo di verità, del resto il Cristo non dice forse: lasciate che i
bimbi vengano a me? Perdiamo questo stupore infantile e questa gioia
fondamentale quando sviluppiamo per paura un ego diffidente che si attacca alle
illusioni di felicità. Infatti tutte le tradizioni di saggezza, quindi anche il
Vangelo, non dicono forse che bisogna abbandonare le illusioni, cioè Maia, per
essere felici e costoro non vengono chiamati risvegliati, a indicare che in
realtà ritroviamo quello che in realtà già siamo? La favola dei fratelli Grimm “La
fortuna di Gianni” è emblematica. Venendo
a noi tu che eri un letterato e che hai scritto molto inseguendo un assoluto
attraverso l’amore per una donna che non trovavi mai, influenzato molto dalla
cultura romantica, non ti sei accorto forse che il tuo miglior personaggio è
stato Napoleone, il barbone dei giardini Montanelli che nell’Isola di Serifo, proprio
perché niente possiede, conduce tutta la compagnia di frustrati alla famosa
nuova terra. Credo dunque che tu sia andato
a cercare quest’ isola e spero l’abbia trovata ed abbia saziato la
nostra dotta ignoranza anche perché come ben ricordi Marcel Proust diceva che
il vero viaggio di scoperta non è quello di cercare nuove terre ma avere
nuovi occhi. Ciao Fede.
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venerdì 24 aprile 2020
Addio a un amico letterato
L'infinito, olio su tela
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mercoledì 14 settembre 2016
Assisi città della pace
Bouquet di rose inglesi, acquarello su carta
Assisi capitale della
pace da domenica 18 a martedi 20 settembre. Leggo sui quotidiani che 450 capi
religiosi si trovano nella città di San Francesco per promuovere la pace.
Iniziativa ormai alla trentesima edizione, visto che fu istituita da Giovanni
Paolo II nel 1986, raccoglie molti consensi e contraddice chi afferma che sono
le religioni a scatenare le guerre. E’ vero che nel passato vi sono state
guerre combattute per motivi religiosi ma il fondamento è sempre la ricerca del
potere e del prevalere gli uni sugli altri in un pensiero dominante dualistico
che divide l’umanità in amici e nemici. Questo non succedeva solo per le
religioni ma altresi per le patrie intese come qualcosa di assoluto che
alimentava la competizione fra gli esseri umani. In verità le guerre vengono
scatenate dalla volontà di potenza. Giustamente François Mauriac affermava che Nietzche
è il filosofo del senso comune infatti le nostre abitudini fomentano la volontà
di potenza. Vogliamo essere i migliori, i più bravi i più più di tutto e non ci
sentiamo mai appagati, creando cosi il conflitto in noi e con gli altri. Nella
psicologia buddista si afferma che in noi coabitano i semi di tutto, della
gioia e della solidarietà come della paura e della rabbia, queste sementi sono
a livello conscio o inconscio, sotterraneo, bisogna alimentare i semi positivi
della creatività, della concordia e della felicità anzicchè quelli negativi
dell’odio e della paura. L’iniziativa di Assisi va vista in quest’ottica perchè
purtroppo noi viviamo in un mondo che innaffia continuamente sentimenti
negativi attraverso la continua competizione e la continua esaltazione di
bisogni fittizi che ingigantiscono il sentimento
della mancanza. Il consumismo è alla base della nostra economia e ci rende
perennemente scontenti, la sobrietà invece puo’ essere felice in quanto non
alimenta continue mancanze ma si soddisfa del poco. Se mettiamo insieme volontà
di potenza e sentimento della mancanza abbiamo l’esplosivo che scatena le
guerre. Del resto una econonomia che si sostiene anche con la produzione di ordigni
bellici non puo’ essere cosi ipocrita da pretendere la pace. Ho già scritto di
Kant che diceva essere presupposti per una pace perpetua un organismo
internazionale riconosciuto per dirimere le contese fra stati e l’abolizione
degli eserciti permanenti. Queste sono due condizioni utopiche ancora lontane
da essere raggiunte nonostante l’Onu. E’ comunque bene che i capi religiosi si
riuniscano nel nome della pace ad Assisi, città bellissima e patria del Santo
più amato, per i motivi che dicevamo e perchè la vicinanza della bellezza puo’
essere un antidoto alla guerra, Venere disarma Marte ma bisogna passare dalla
filosofia dualistica dell’essere e del non essere a quella unificante dell’interessere.
Francesco infatti cantava:”Dolce è sentire che non sei più solo ma che fai
parte di una immensa vita”.
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domenica 2 agosto 2015
Della rabbia e della violenza
Giardini Montanelli, acquarello su carta
Quando era bambino avevamo un cane, anzi una cagnetta che quasi ogni anno veniva ingravidata da qualche randagio e partoriva cuccioli bellissimi. Almeno cosi sembravano a noi bimbi felici di assistere a questo miracolo della natura. In genere pero’ se ne dovevano tenere solo due, gli altri purtroppo venivano gettati nel fiume nottetempo dal Primo,il giardiniere. Questi due erano nutriti, fatti crescere ed infine regalati a qualche parente o amico. Un anno pero’ uno l’abbiamo tenuto ed era diventato un bel cane color nocciola che trotterellava allegro accanto alla madre durante le passeggiate nei boschi. Era entusiasmante vedere la sua vitalità, la sua gioia e la sua curiosità. Era pero’ come tutti i cuccioli viziati disubbidiente e non aveva ancora imparato a rispondere al richiamo. Un bel giorno decidemmo di andare a fare una bella passeggiata in pineta, tutta la famiglia di cinque persone e i due cani che festeggiavano l’evento abbaiando ripetutamente. Questa abetaia veniva attraversata da una strada, ancora sterrata, che conduceva ad un sanatorio e veniva percorsa due volte al giorno da una corriera che vi portava i visitatori dalla stazione ferroviaria, lontana un paio di chilometri. Il cucciolo aveva attraversato la strada ed annusava estasiato qualcosa che gli piaceva. Ad un tratto sentimmo il rombo del motore del pulmino, un residuato bellico, e vedemmo in lontananza il polverone che si avvicinava, abbiamo allora chiamato il cane che si attardava facendo finta di nulla. Infine, dopo numerosi urli, trotterellando ha attraversato la strada proprio nel momento in cui giungeva il mezzo che lo centro’ in pieno. Il cucciolo rimase stecchito al suolo, da parte del guidatore nessuna reazione, come se nulla fosse ha continuato la sua corsa lasciandoci ammutoliti di fronte alla tragedia. Quello che era felicità e grazia venne spazzato via dalla violenza dell’atto. Avrebbe potuto frenare o rallentare e quantomeno fermarsi e dimostrare dispiacere dopo l’investimento : nulla. Avevamo avuto l’impressione invece che avesse accelerato apposta per centrarlo. La violenza aveva messo fine ad una vita e dentro di noi bimbi il seme della tristezza, della paura e della rabbia iniziava a germogliare. E’ da questi episodi traumatici che nasce la rabbia. Questa è l’emozione che scatena le guerre. Raccontano gli psicologi che i soldati in battaglia vedono cadere i propri amici e si riempiono di rabbia che supera la paura e accende il desiderio di vendetta. Questi erano i sentimenti che provammo noi nei confronti del sadico autista. Per un bambino il cane è il suo amico. Esiste anche un’etica per il comportamento nei confronti degli animali e delle piante, benchè in Occidente poco seguita, del vivente insomma, perchè noi siamo in quanto apparteniamo ad una vita interrelata con altre vite non solo umane. Il buddista Thich Nhat Hanh lo chiama interessere che prevede la compassione per il vivente. In tempo di abbandono estivo di animali come se fossero cose è utile riflettere. La bellezza promessa di felicità in questo consiste.
Quando era bambino avevamo un cane, anzi una cagnetta che quasi ogni anno veniva ingravidata da qualche randagio e partoriva cuccioli bellissimi. Almeno cosi sembravano a noi bimbi felici di assistere a questo miracolo della natura. In genere pero’ se ne dovevano tenere solo due, gli altri purtroppo venivano gettati nel fiume nottetempo dal Primo,il giardiniere. Questi due erano nutriti, fatti crescere ed infine regalati a qualche parente o amico. Un anno pero’ uno l’abbiamo tenuto ed era diventato un bel cane color nocciola che trotterellava allegro accanto alla madre durante le passeggiate nei boschi. Era entusiasmante vedere la sua vitalità, la sua gioia e la sua curiosità. Era pero’ come tutti i cuccioli viziati disubbidiente e non aveva ancora imparato a rispondere al richiamo. Un bel giorno decidemmo di andare a fare una bella passeggiata in pineta, tutta la famiglia di cinque persone e i due cani che festeggiavano l’evento abbaiando ripetutamente. Questa abetaia veniva attraversata da una strada, ancora sterrata, che conduceva ad un sanatorio e veniva percorsa due volte al giorno da una corriera che vi portava i visitatori dalla stazione ferroviaria, lontana un paio di chilometri. Il cucciolo aveva attraversato la strada ed annusava estasiato qualcosa che gli piaceva. Ad un tratto sentimmo il rombo del motore del pulmino, un residuato bellico, e vedemmo in lontananza il polverone che si avvicinava, abbiamo allora chiamato il cane che si attardava facendo finta di nulla. Infine, dopo numerosi urli, trotterellando ha attraversato la strada proprio nel momento in cui giungeva il mezzo che lo centro’ in pieno. Il cucciolo rimase stecchito al suolo, da parte del guidatore nessuna reazione, come se nulla fosse ha continuato la sua corsa lasciandoci ammutoliti di fronte alla tragedia. Quello che era felicità e grazia venne spazzato via dalla violenza dell’atto. Avrebbe potuto frenare o rallentare e quantomeno fermarsi e dimostrare dispiacere dopo l’investimento : nulla. Avevamo avuto l’impressione invece che avesse accelerato apposta per centrarlo. La violenza aveva messo fine ad una vita e dentro di noi bimbi il seme della tristezza, della paura e della rabbia iniziava a germogliare. E’ da questi episodi traumatici che nasce la rabbia. Questa è l’emozione che scatena le guerre. Raccontano gli psicologi che i soldati in battaglia vedono cadere i propri amici e si riempiono di rabbia che supera la paura e accende il desiderio di vendetta. Questi erano i sentimenti che provammo noi nei confronti del sadico autista. Per un bambino il cane è il suo amico. Esiste anche un’etica per il comportamento nei confronti degli animali e delle piante, benchè in Occidente poco seguita, del vivente insomma, perchè noi siamo in quanto apparteniamo ad una vita interrelata con altre vite non solo umane. Il buddista Thich Nhat Hanh lo chiama interessere che prevede la compassione per il vivente. In tempo di abbandono estivo di animali come se fossero cose è utile riflettere. La bellezza promessa di felicità in questo consiste.
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