Leggo sui giornali i
commenti allarmanti sugli atti di terrorismo legati al fanatismo islamico
dell’Isis e mi chiedo:" quale potrebbe essere un rimedio efficace per prevenirli?".
Come sempre, succede anche nelle malattie del corpo, per trovare la cura è
necessario comprenderne la natura. Ogni volta che accadono fatti di sangue c’è
la grancassa dei media che li amplifica e ci costringe a subirne l’influsso
negativo che ha effetti contagiosi sulle persone cosidette psicolabili.
Analizzando la nostra società, che Marc Augè definisce surmodernitè, notiamo
tre eccessi: eccesso di tempo, di spazio e di individualismo. Il risultato è
che un fatto che accade a migliaia di chilometri di distanza noi lo viviamo
come se fosse qui nello stesso momento e il mondo ci appare costellato di
azioni violente. Ci sono strumenti per modificare tale percezione generata dai
media? In verità noi stiamo vivendo il tempo della Tecnica, cioè dove questa ha
preso il sopravvento, spinta dal capitalismo globalizzato, sulla politica come
scienza dello stare insieme per il bene comune fomentando l’individualismo
funzionale ai consumi. La Tecnica, come ogni strumento, puo essere usata per il
bene o per il male, un coltello puo’ servire per ferire o per sbucciare una
mela. A noi la scelta ma quando la Tecnica da strumento diventa il fine è
probabile che ci si sia dimenticati le
sue origini positive per l’uomo. Dunque la tecnica della comunicazione viene
usata dall’Isis per ampliare l’effetto delle sue stragi e per promuoverne la
diffusione anche attraverso le menti disturbate. Il male purtroppo è
contagioso. L’individualismo spinto della nostra cultura poi é da una parte una
buona cosa per la libertà e l’affermazione dei diritti ma dall’altra, in regime
di consumismo e di tecnica al suo servizio, la persona si trova più esposta ad
essere influenzata dai persuasori più meno occulti che vogliono condizionarla.
Questo accade in tutti i campi, quando non c’è una comunità di riferimento, si
chiami famiglia, chiesa, partito o altro. L’io è politico dichiara Hillman,
altrimenti si è più soli e sono forti le suggestioni che fanno leva sugli
archetipi dell’eroe, del giustiziere e del martire, cioè si influenza il
protagonismo di chi ha un fragile ego
con manie di grandezza e culto di Thanatos anzicchè di Eros, le due forze
archetipiche. Insomma credo che queste stragi, di qualunque matrice, siano il
frutto di un inconscio collettivo che si ribella all’asservimento consumistico.
Dunque i rimedi sono da ricercarsi nell’ aumento del livello di cultura e nell’educazione
che contrastano la dipendenza dai mass-media, oltre che nella riduzione delle
ingiustizie sociali tra chi ha troppo e chi nulla. Un nuovo umanesimo dunque
orientato alla bellezza e non alla guerra.
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domenica 24 luglio 2016
sabato 9 luglio 2016
La sindaca di Roma
Il risveglio, olio su tela,
Roma ha un nuovo
sindaco, una ragazza di 37 anni. Questo fatto potrebbe sembrare un evento
positivo per la democrazia e per le aspettative di potere di certo femminismo.
Ma occorre fare alcune riflessioni con il rischio di sembrare politicamente
scorretti. Mi chiedo: è bene che una giovane donna che fino a ieri aveva un
lavoro precario, faceva l’avvocato per il recupero crediti, ricopra la massima
carica nella capitale d’Italia? A volte nella vita siamo apparentemente
vincenti e ci troviamo in posizioni brillanti e invidiabili ma non sempre questa è una fortuna per la società e per la persona in questione. Spero di
essere contraddetto dai fatti e dalle prossime delibere di questa giunta ma il
potere richiede capacità, equilibrio e saggezza che normalmente i giovani non
hanno, altrimenti puo far male. Non esiste una scuola che te lo insegni, in
democrazia chiunque puo’ teoricamente ricoprire alte cariche soprattutto
attraverso il consenso generato dai mas media. Vi è sulla stampa un plauso
generale a che dei giovani siano saliti al potere ma personalmente non lo
condivido. Leggo
nei resoconti giornalistici che una delle novità della politica italiana
sarebbe quello di avere dei trenta -quarantenni al potere e che sarebbe da
considerarsi segno di cambiamento in positivo. Non sono d'accordo con questa
interpretazione. La giovinezza in se non è una virtù. Abbiamo avuto anche in
passato politici molto giovani che hanno lasciato un pessimo esempio di
gestione del potere. Alcuni sono stati presi letteralmente con le mani nel
sacco. A dire il vero il sessantotto, nonostante sia stato una rivolta giovanile, non ha
lasciato nulla nell'etica della gestione della cosa pubblica se non
l'aspirazione a sgomitare per restare in posti di rilievo il più a lungo
possibile. In verità più un politico è giovane e più ci si chiede come abbia
fatto ad accedere ad alte cariche a quell'età se non con mezzi di dubbia
natura. Certo un segnale positivo sta
nel fatto che almeno è in atto un ricambio generazionale e che certe facce non
le vedremo più tanto spesso in televisione ma non è questo il punto e non è certo
questo che ci garantirà una vita migliore. Dunque non è di giovani rampanti che
ha bisogno la nostra politica e la nostra società. Il giovanilismo è un
atteggiamento molto pericoloso, era molto presente nel fascismo e nel nazismo
dove veniva esaltata la giovinezza come "primavera di bellezza".
Tutte le rivolte che hanno portato a involuzioni verso regimi totalitari sono
state effettuate da giovani ambiziosi e assolutisti. Non si tratta quindi di un
fatto positivo in se che dei giovani salgano
al governo della Repubblica quando altri coetanei sono senza lavoro. Non è una
questione di età o di sesso il buon uso del potere per il bene comune, anzi è
proprio dove manca la democrazia che assistiamo a governanti fanciulli: nelle
monarchie di un tempo gli eredi al trono potevano essere anche dei minori. In
una democrazia matura invece la scelta dei rappresentanti dovrebbe essere
motivata da esperienza e merito. Altrimenti si cade nella demagogia dove le
scelte sono determinate dalle emozioni e dalle suggestioni generate da chi
riesce a intercettare l'umore del momento ed interpreta l'esigenza di una
figura apparentemente forte che prometta cose impossibili.
Quello che noi auspichiamo
invece è che la crisi abbia insegnato
che nell'economia e nella politica, ovvero nel sistema di poteri ad esse
relativo, si debba inserire più creatività, nell'accezione che qui, in questo
blog, ne abbiamo data, e non è detto che i giovani siano più creativi. Ciò vuol
dire che la società deve permettere l'emergere dei veri talenti e delle forze
che possano contribuire ad una maggiore giustizia sociale. Per raggiungere
questo obiettivo è necessaria una nuova mobilità nella distribuzione dei
poteri, che venga dunque abbandonato il familismo amorale, come viene definito
all'estero il costume italiano di accesso ai privilegi, e che la società
guarisca dalla nevrosi del potere, come volontà di potenza senza sentimento
sociale. Questo sicuramente renderebbe la vita più bella, libera e degna di
essere vissuta. I modelli dunque non sono da ricercare tra i giovani rampanti
ma tra gli uomini di una certa età che hanno speso la vita per un obiettivo
valido, gli esempi non mancano, da Papa Bergoglio a Mandela, ma la difficoltà sta
nel seguire il loro esempio senza lasciarsi smarrire dalle sirene del potere a
tutti i costi.
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domenica 19 giugno 2016
Dell'opera di Christo
Antibes, acquarello su carta
Ho già espresso il mio
parere altrove sull’arte e sugli artisti (vedi in questo medesimo blog il post
Dell’arte e degli artisti, inoltre a chi volesse approfondire consiglierei la
lettura dei miei ultimi due libri, Ecologia e Bellezza, Alinea 2004, e L’altro
architetto, Casagrande 2014. Non mi lascio pero’ sfuggire l’occasione di
commentare l’opera di Christo sul Lago d’Iseo visto che compare spesso su fb.
Questa Land Art, cosidetta, non si puo’ ascrivere alle categorie dell’Arte,
come del resto l’arte concettuale. Analizzando pero’ il fenomeno definito artistico
ci chiediamo in che senso cosi lo si dichiara. Chi è artista dunque? La mia
risposta: colui che discende nel profondo del suo animo e raggiunge il nocciolo
di verità di natura estetica e sacra. Il suo operare è una necessità insita al
suo essere nel mondo. Una necessità che lo spinge ad utilizzare la materia per trascenderla,
cioè per raggiungere lo spirito. Non a caso ho equiparato l’artista allo
sciamano delle culture arcaiche che aveva il compito di unire la terra al cielo
e dare l’esperienza del trascendente. Questa concezione dell’arte è parte della
Storia nonostante le diverse sfumature
con cui nei diversi periodi si colora. Le Muse nell’antica Grecia avevano
appunto il compito di ispirare l’artista affinchè riuscisse in questa missione.
Bisogna anche sottolineare che l’artista-sciamano deve per forza operare in
piena libertà per ascoltarsi ed esercitare la sua sensibilità. Friedrich
Schiller nel periodo romantico sottolinea questo affermando che l’arte crea da
sè le sue regole. Questa affermazione pero’ ha dato la stura ad ogni
manifestazione fuori dalle regole per cui tutti i pazzi si credono artisti.
Quando nel dopoguerra la provocazione è diventata sinonimo di arte, e questa si
è legata al potere dei mass-media, si è assistito ad ogni genere di
performances di personaggi sostenuti da committenti interessati più che altro
alla pubblicità che l’evento comporta. Per quanto mi riguarda faccio mie l’affermazione
di Kant che “l’arte non puo’essere bella se non quando noi, pur essendo coscienti
che è arte, la consideriamo come natura” e quella di Florenskij che “il vero
artista sale nudo al mondo ultrasensibile e ne discende con verità ineffabili.
La differenza dunque tra il folle presuntuoso e l’artista sta proprio nell’umiltà
di quest’ultimo che sente di essere un canale della creatività universale. Ecco
qui sottolineiamo che lo stigma dell’arte è la creatività intesa come capacità
di creare più vita. Ora che possiamo dire della passerella sul lago di Christo?
Crea si più vita, nel senso che attira ogni sorta di curiosi condizionati dai
media, ma la natura del lago non ne viene certo beneficiata. Si puo’ affermare
che Gardaland è arte nel senso suddetto? Direi di no, in buona sostanza si puo’
affermare che diverte alcuni, in specie i bambini, ma nessuno dei critici si
sentirebbe di paragonarla alla Pietà Rondanini. Ordunque siamo seri! Di quale
arte stamo parlando quando cosi definiamo l’opera di Christo, forse di
blasfemia stiamo parlando, visto che Christo vuole paragonarsi a Cristo che
camminava e faceva camminare sulle acque. Attenzione pero’, ho più volte
affermato che la crisi ecologica è stata generata dalla crisi estetica dell’ultimo
secolo e qui ne abbiamo la dimostrazione eclatante.
venerdì 27 maggio 2016
Delle elezioni del sindaco di Milano
Giardini Montanelli, acquarello su carta
Sono prossime le
votazioni per la scelta del sindaco a Milano. Come sempre succede ad ogni
tornata elettorale si sprecano le ipotesi di vittoria. Vincerà il centrodestra
o il centrosinistra? Ormai nessuno vuol più essere semplicemente o di destra o
di sinistra. A parte la discutibile diversità fra le due coalizioni che, stando
alla tradizione, dovrebbero portare al potere
nel primo caso il cosidetto
padronato, cioè chi il potere lo ha già, e nel secondo i diseredati e chi li
rappresenta, pare che ciascuno accampi il diritto di ergersi a paladino del
popolo. Le due anime si sono ormai confuse nell’aspirazione al potere tout
court, anche perchè a ben dire, a parte la sinistra di Rizzo, anche la
coalizione di centrosinistra è formata
dalla borghesia milanese più o meno illuminata e dai suoi managers. Quale
differenza dunque sussiste tra uno schieramento e l’altro? Si dice che bisogna guardare i programmi. Ma
i programmi si somigliano: tutti vogliono mostrare di tenerci a risolvere i
problemi dei cittadini, tutti i problemi e rendere gli elettori più felici.
Vota per me e ti faro’ felice, potrebbe essere lo slogan di destra e di
sinistra. Ma come? Più sicurezza, meno tasse, più assistenza, più lavoro,
più...più di tutto insomma. Ambedue affermano di voler risanare le periferie,
ognuno vuole più verde e meno traffico, tutti esibiscono onestà e coerenza. Ma
di queste promesse c’è possibilità che
qualcosa si realizzi al di là delle parole? L’amministrazione uscente quando ha
vinto le elezioni nel 2011ha festeggiato con musiche, peana e biciclettate,
sembrava che più che elezioni democratiche avesse vinto una guerra e fosse giunta l’ora della liberazione da un
regime oppressivo durato un ventennio, ma alla fine ha deluso la maggior parte
delle aspettative. A proposito ma la vogliamo finire di festeggiare una
elezione come se fosse una partita di calcio vinta? Non vi è nulla da
festeggiare ma da rimboccarsi le maniche, cioè prendere coscienza del lavoro da
compiere per il benessere della comunità e lavorare di conseguenza tenendo
presente le difficoltà che questo comporta. In primis non bisogna sottovalutare
il sistema burocratico che ingabbia le innovazioni per sua natura essendo
conservativo. Una riforma della burocrazia non sarebbe male, sia che venga da
destra che da sinistra. L’amministrazione Pisapia ha dato l’impressione di
schierarsi più dalla parte dei potenti che non dei cittadini comuni, si è
vantata di cose decise e iniziate da altri, Expo, Porta Nuova, eventi vari
della Moda, M4 e cosi via fallendo miseramente sulla tanto millantata
partecipazione a causa di una comunicazione spesso arrogante e spocchiosa. Del
resto uno dei suoi assessori più quotati si è dimesso. In buona sostanza ha
dato l’impressione irritante del “ siamo bravi solo noi perchè siamo noi”, soprattutto
da parte di assessori troppo giovani ed inesperti scelti con logiche dubbie. In
sintesi, a parte i programmi corposi, che pero’ poi camminano con le gambe degli
uomini, occorre più consapevolezza e senso di responsabilità di chi “vince” le elezioni, altro che canti e
festeggiamenti per l’assunzione del Potere. Serve più umiltà e senso estetico,
il bello come buono, vero e giusto, ricordando con Stendhal che la bellezza è
promessa di felicità.
martedì 19 aprile 2016
Impatto ambientale
A proposito del
referendum sulle trivelle del Mar Adriatico fallito miseramente per non aver
raggiunto il quorum riporto quanto scrivevo nel mio libro “L’uomo, l’ambiente,
la casa” sulla questione dell’impatto della tecnologia sull’ambiente. La valutazione
di impatto ambientale è un fenomeno
tipico della nostra civiltà, che si avvelena e poi controlla che il veleno non
sia mortale. Pertanto essa costituisce a
monte un problema di natura culturale, controllato negli effetti con le
tecniche delle scienze naturali riconducibili alle scienze esatte. Esiste pero’
un importante aspetto della valutazione di impatto che sfugge alla valutazione
delle scienze chimico-fisiche ed è l’impatto di natura visivo-percettiva.Si
tratta di un impatto totalmente psicologico, legato alle opinioni di chi
fruisce l’ambiente, cioè l’abitante, pertanto verifiche e valutazioni sono da
affrontarsi solo con quelle discipline legate ai fenomeni culturali. A questo
punto credo sia onesto sottolineare che se nella valutazione di impatto basata
su considerazioni di ordine scientifico, chimico-fisico, pur essendoci una
buona dose di aleatorietà, è pero’ possibile una certa obiettività, nella
valutazione “culturale” dell’impatto tutto è molto più complesso perchè entrano
in gioco fattori diversi, legati appunto alle tendenze culturali, ai rapporti
tra cultura dominante e culture subalterne ed anche al sapere non scientifico.
Impatto, come si diceva, presuppone già una sorta di scontro tra l’intervento
dell’uomo e l’ambiente preesistente; una mentalità che bene o male rifiuta questo
scontro, ma ricerca l’armonia è sicuramente la migliore garanzia di corretta
valutazione di impatto. Infatti quando il
dott Paul Racamier afferma che i “malati mentali” sono molto più
sensibili alla struttura fisica e all’aspetto dello spazio in cui vivono di quanto
non lo siano le persone cosidette normali, cio’ deriva dal fatto che le persone
cosidette normali sono, in realtà, normalizzate, adattate a forza al loro nuovo
ambiente. Se si assimila dunque la nostra cultura a una cultura di normalizzati
la valutazione degli effetti di impatto psicologico sarebbe già in se sbagliata
se rapportata solo alla nostra cultura. In realtà il primo impatto di un
intervento dell’uomo nell’ambiente è di natura visivo-percettiva, cioè mentale,
e quindi psicologica, antropologica e sociologica. Allora la prima cosa da
chiedersi quando si debba intervenire in una data regione credo proprio che sia
se la cultura (o le culture) ivi presenti siano in grado di accettare, senza
troppi contraccolpi cio’ che si deve insediare, sia un opificio o una strada o
una centrale elettrica o infine delle piattaforme per la ricerca del petrolio.
Il geografo Eugenio turri aveva brillantemente analizzato in Semiologia del
paesaggio italiano come una trasformazione violenta del paesaggio ad opera
della nostra civiltà tecnicista possa incidere sulla psicologia della
popolazione locale legata a quei luoghi
da generazioni. A questo una politica della bellezza dovrebbe tendere.
lunedì 18 aprile 2016
lunedì 4 aprile 2016
Dell'eleganza in città
Borgo ligure, acquarello su carta
Oggi un’altra
categoria in crisi è l’eleganza. Essa ha a che fare con la bellezza. Deriva dal
verbo latino elegere che è un rafforzativo di legere corrispondente sia all’italiano scegliere che leggere.
Eleganza vuol dunque significare saper
scegliere. E’ sinonimo di grazia, accuratezza, garbo, leggiadria, ricercatezza,
gentilezza. Il contrario di trascuratezza e sciatteria. Eleganza vuol dire
anche cura e attenzione. Un’architettura
elegante è quella che deriva da una cura particolare nella scelta delle misure,
dei rapporti geometrici, dei materiali e della decorazione. La sezione aurea,
per esempio, è il rapporto più elegante in natura, scoperto dagli egizi e dai
greci empiricamente. Misura è un’altra versione di eleganza. E’ elegante un
manifatto che denota energia non sprecata. Anche dal punto di vista statico è
elegante un’opera che mostra forza e al tempo stesso grazia, dove si intravede
studio e rispetto, dove un problema complesso è risolto con semplicità:
semplicità e complessità sono due opposti che la bellezza contiene e tende a far
coincidere, come altri, con eleganza. Coincidentia oppositorum, dichiara
Niccolo Cusano per denotare la bellezza divina. Ecco! eleganza come lettura divina, giusto
equilibrio fra gli opposti. A noi sembra
elegante un’opera umana che si contrappone alle forze naturali con il minimo
sforzo, come le cattedrali gotiche,, nelle quali le pietre pesanti sfidano la
forza di gravità e sembrano esaltare la leggerezza per raggiungere grandi
altezze. Ancora due opposti che si uniscono, pesantezza e leggerezza, come si
puo’ notare la bellezza è misteriosa. Oggi non c’è molta eleganza nella società
globalizzata, cosi come nell’architettura evento mediatico conseguente. (da L’altro
architetto, Casagrande editore)
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