Ecco,
abbiamo il nuovo Presidente della Repubblica in Italia. Questo evento ci induce
ad alcune riflessioni sulla natura del potere, sulla vita e sulla felicità. Sembra
che questo Mattarella sia una brava
persona o che perlomeno sia un ex democristiano, cristiano per davvero. Lo
dipingono come un uomo riservato e solitario esponente di una famiglia notabile
di Palermo, dove il padre è stato anch’egli ministro e il fratello Presidente
della Regione è stato ucciso dalla mafia. Mi pare una buona presentazione per
chi deve rappresentare uno Stato come l’Italia. Mi chiedo come uno possa
sentirsi catapultato sulla carica più importante della Repubblica. Qui occorrono alcune rislessioni sulla natura
del potere e sul desiderio di esso. Possiamo
definirlo come la possibilità di alcuni di disporre della vita di altri. Al
dilà della differenza tra il Potere di un Re e quello del Presidente di una
repubblica, e tralasciando il contrasto tra un potere dispotico ed un potere
democratico, sempre di quello si tratta, di incidere sulla vita di altri. E’
evidente che chi si occupa di politica vuole in qualche modo raggiungere il
potere altrimenti farebbe altro. Platone diceva che se non vogliamo occuparci
di politica lasciamo poi che al potere vadano gli stupidi e gli ignoranti. Nel migliore dei casi si vuole raggiungere il
potere per cambiare in meglio la vita del popolo ma anche per ambizione e cioè
per sentirsi riveriti e ascoltati. Ognuno di noi aspira alla felicità, cerca il
significato della sua vita e vuole compierlo,
vuole acquisire il senso della connessione con il trascendente, desidera
che gli altri lo rispettino e vuole sentirsi sicuro. Tutto questo lo puo’ ottenere in diversi modi a
seconda del suo livello di coscienza. Si va dalla violenza sugli altri, confondendo il dominio con la sicurezza, al
sacrificio di se per gli altri, manifastezione della estrema forma d’amore. E’ evidente che ai fini di una vita migliore
per tutti sarebbe opportuno che al potere ci andassero questi ultimi ma
purtroppo, da che mondo è mondo, non è cosi’,
le cariche più importanti le desiderano e le conquistano spesso i
prepotenti, i malfattori e i demagoghi, per tralasciare i pazzi ed i sadici. Il potere, proprio per questa sua
caratteristica di illusione di superiorità, funziona come un droga : ti fa
sentire forte e grande anche perchè oggetto di continuo servilismo da parte dei collaboratori. Non a caso in
tutte le tradizioni religiose il mistico, ovvero colui che vuole incontrare la
verità, abbandona il potere come la più pericolosa delle idolatrie. Si ricordano
le tentazioni di Gesù nel deserto per i cristiani. Tornando al tema della
felicità, dunque essa non ha a che fare con il potere ma con l’interpretazione
della propria natura. La saggezza greca diceva conosci te stesso e mantienti
lontano dalle passioni, questo ti porterà all’eudemonia ,ovvero la felicità.
Che c’é dunque da festeggiare per l’assunzione di un potere sia pure il più
alto dello Stato ? Nel sessantotto uno slogan recitava : la fantasia
al potere, sbagliando e confondendo fantasia con creatività, tuttavia il senso
era che al potere ci andassero coloro che non si identificano con esso ma che
usano le proprie risorse creative al servizio altrui . Speriamo che
Mattarella sia fra questi. Il fatto che abbia mostrato molta riservatezza fa
sperare che senta il peso di questa responsabilità e che non si esalti per il
potere in se ma lo senta come il compimento della sua missione in questa vita.
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sabato 7 febbraio 2015
giovedì 15 gennaio 2015
I fatti di Parigi
Image, hommage a Monet, acquerello su carta 25x35
Non si possono passare sotto silenzio i fatti di Parigi e anche noi abbiamo fatto le nostre considerazioni in seguito anche al post del primo dell'anno. Dopo la massiccia manifestazione di solidarietà a Charlie Hebdo siamo tutti più sicuri che l'Occidente reagirà con la necessaria determinazione agli attacchi dei terroristi ma viene da chiedersi: il messaggio forte che ha rappresentato con l'aiuto dei media a chi era diretto? Se era diretto ai fondamentalisti credo che non li spaventi certo anzi ritengo che era quello che volevano, cioè dare il massimo di pubblicità al fatto di sangue che beninteso era una vendetta verso chi, in un certo senso, prendeva in giro la loro cultura, relegata in Francia come in Italia o in Germania alle periferie e quindi a uno stato di subalternità. In queste condizioni sociali, in cui chi si sente escluso guarda con rabbia e disperazione gli inclusi, senza speranza del proprio riscatto, dove la forbice tra chi ha troppo e chi non ha a sufficienza non sembra diminuire, la religione diventa il manifesto della propria identità che non può essere messa in discussione nè tanto meno farne oggetto di satira perchè ciò diventa profanazione. L'etimologia del termine ci aiuta a comprendere: profano significa fuori dal tempio dove vive la dimensione del sacro, come realtà profonda, atemporale. Quel nocciolo di verità che è in noi e che non subisce gli influssi del tempo profano. Una volta anche da noi esisteva un proverbio che recitava: "Scherza coi fanti e lascia stare i santi", ed il motivo era ben questo, i diseredati alla fine non hanno che la loro identità religiosa e considerano oltremodo svilente fare dell'ironia sul loro credo. In una situazione di disagio sociale e di ignoranza ci si ammazza anche per il tifo sportivo figuriamoci per una fede. Del resto l'Islamismo quando gli arabi erano conquistatori e quindi dominavano da noi in Sicilia o in Spagna era molto tollerante, molto più che le varie sette cristiane tra di loro che uccidevano e torturavano per questioni dottrinarie. L'Islam era allora la religione dei dominatori e poteva permettersi la tolleranza anche perchè nessuno si permetteva di fare dell'ironia. Quando si è ridotto alle popolazioni più povere dominate dal colonialismo occidentale è diventato intollerante proprio per le ragioni esposte sopra. Quindi a parer mio non si tratta di guerra di religioni ma di conflitto tra chi non ha e chi ha troppo, tra il sud e il nord del mondo, tra le periferie e i centri decisionali. La religione, in questo caso come in altri, è la divisa di appartenenza in un pensiero dualistico tipico tra l'altro della nostra cultura, o incultura, del cosidetto benessere e della competizione permanente. Nel mondo globalizzato dunque è il dio denaro ed il potere connesso che provoca questi conflitti. Oltretutto oggi si è aggiunta la tecnica che si è asservita al nuovo capitalismo di cui subiamo le scelte per ridurci consumatori passivi anzicchè cittadini democratoci. Quando dunque si parla di islamismo e di fondamentalismo si dovrebbe aggiungere che questa intolleranza proviene sì da un mondo che non ha conosciuto l'epoca dei Lumi ma che tale situazione è anche generata dalla grande disparità tra chi domina e chi subisce, tra chi ha molto e chi troppo poco. In sostanza si è costituito in Europa un nuovo quarto stato formato prevalentemente da soggetti di questa cultura. La religione, vissuta in superfice, è la loro distinzione. Ma del resto non dimentichiamo che anche in nome della Dea Ragione si è ammazzato molto. E' l'assolutismo dogmatico che è di per se intollerante, di qualunque natura esso sia, condito con la superficialità di un pensiero dicotomico e paranoico fomentato dalle ingiustizie sociali. L'illuminista Voltaire affermava nel suo saggio sulla tolleranza: "Siamo abbastanza religiosi per odiare e perseguitare ma non lo siamo abbastanza per amare e soccorrere". L'esortazione del mio post precedente su una maggior religiosità per la pace era in questo senso. Ecco perchè credo che a Milano la Moschea debba essere costruita e che debba essere la più bella possibile a dimostrazione della attenzione e del rispetto che ogni religiosità merita anche se si manifesta in un credo che appartiene, in Europa, alle nuove povertà, la ricerca della bellezza si sa è anche un antidoto all'amore per la guerra. Per questo ritengo che la manifestazione di Parigi con questa esibizione di capi di stato sia stata inutile e forse dannosa, perchè il messaggio presuppone un destinatario che in questo caso non è chiaro, quando si annida nelle ingiustizie della nostra stessa società.
Non si possono passare sotto silenzio i fatti di Parigi e anche noi abbiamo fatto le nostre considerazioni in seguito anche al post del primo dell'anno. Dopo la massiccia manifestazione di solidarietà a Charlie Hebdo siamo tutti più sicuri che l'Occidente reagirà con la necessaria determinazione agli attacchi dei terroristi ma viene da chiedersi: il messaggio forte che ha rappresentato con l'aiuto dei media a chi era diretto? Se era diretto ai fondamentalisti credo che non li spaventi certo anzi ritengo che era quello che volevano, cioè dare il massimo di pubblicità al fatto di sangue che beninteso era una vendetta verso chi, in un certo senso, prendeva in giro la loro cultura, relegata in Francia come in Italia o in Germania alle periferie e quindi a uno stato di subalternità. In queste condizioni sociali, in cui chi si sente escluso guarda con rabbia e disperazione gli inclusi, senza speranza del proprio riscatto, dove la forbice tra chi ha troppo e chi non ha a sufficienza non sembra diminuire, la religione diventa il manifesto della propria identità che non può essere messa in discussione nè tanto meno farne oggetto di satira perchè ciò diventa profanazione. L'etimologia del termine ci aiuta a comprendere: profano significa fuori dal tempio dove vive la dimensione del sacro, come realtà profonda, atemporale. Quel nocciolo di verità che è in noi e che non subisce gli influssi del tempo profano. Una volta anche da noi esisteva un proverbio che recitava: "Scherza coi fanti e lascia stare i santi", ed il motivo era ben questo, i diseredati alla fine non hanno che la loro identità religiosa e considerano oltremodo svilente fare dell'ironia sul loro credo. In una situazione di disagio sociale e di ignoranza ci si ammazza anche per il tifo sportivo figuriamoci per una fede. Del resto l'Islamismo quando gli arabi erano conquistatori e quindi dominavano da noi in Sicilia o in Spagna era molto tollerante, molto più che le varie sette cristiane tra di loro che uccidevano e torturavano per questioni dottrinarie. L'Islam era allora la religione dei dominatori e poteva permettersi la tolleranza anche perchè nessuno si permetteva di fare dell'ironia. Quando si è ridotto alle popolazioni più povere dominate dal colonialismo occidentale è diventato intollerante proprio per le ragioni esposte sopra. Quindi a parer mio non si tratta di guerra di religioni ma di conflitto tra chi non ha e chi ha troppo, tra il sud e il nord del mondo, tra le periferie e i centri decisionali. La religione, in questo caso come in altri, è la divisa di appartenenza in un pensiero dualistico tipico tra l'altro della nostra cultura, o incultura, del cosidetto benessere e della competizione permanente. Nel mondo globalizzato dunque è il dio denaro ed il potere connesso che provoca questi conflitti. Oltretutto oggi si è aggiunta la tecnica che si è asservita al nuovo capitalismo di cui subiamo le scelte per ridurci consumatori passivi anzicchè cittadini democratoci. Quando dunque si parla di islamismo e di fondamentalismo si dovrebbe aggiungere che questa intolleranza proviene sì da un mondo che non ha conosciuto l'epoca dei Lumi ma che tale situazione è anche generata dalla grande disparità tra chi domina e chi subisce, tra chi ha molto e chi troppo poco. In sostanza si è costituito in Europa un nuovo quarto stato formato prevalentemente da soggetti di questa cultura. La religione, vissuta in superfice, è la loro distinzione. Ma del resto non dimentichiamo che anche in nome della Dea Ragione si è ammazzato molto. E' l'assolutismo dogmatico che è di per se intollerante, di qualunque natura esso sia, condito con la superficialità di un pensiero dicotomico e paranoico fomentato dalle ingiustizie sociali. L'illuminista Voltaire affermava nel suo saggio sulla tolleranza: "Siamo abbastanza religiosi per odiare e perseguitare ma non lo siamo abbastanza per amare e soccorrere". L'esortazione del mio post precedente su una maggior religiosità per la pace era in questo senso. Ecco perchè credo che a Milano la Moschea debba essere costruita e che debba essere la più bella possibile a dimostrazione della attenzione e del rispetto che ogni religiosità merita anche se si manifesta in un credo che appartiene, in Europa, alle nuove povertà, la ricerca della bellezza si sa è anche un antidoto all'amore per la guerra. Per questo ritengo che la manifestazione di Parigi con questa esibizione di capi di stato sia stata inutile e forse dannosa, perchè il messaggio presuppone un destinatario che in questo caso non è chiaro, quando si annida nelle ingiustizie della nostra stessa società.
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giovedì 1 gennaio 2015
Primo dell'anno 2015
Omaggio alla rosa, acquarello su carta 40x60
Il primo dell’anno é
dedicato alla Pace e ogni volta siamo
qui a riflettere sul significato di questa ricorrenza e cosa voglia dire, nel profondo, questa parola. E’ sempre ambigua
questa aspirazione alla pace in un mondo
che intanto prospera grazie alle guerre. Duemila anni di cristianesimo non hanno
risolto il problema delle continue guerre che insanguinano, di volta in volta ,ora
un paese ora un altro. Adesso è la volta
dell’Ucraina ma non dimentichiamo il
Medio Oriente e i paesi africani. Quando una questione diventa importante per
l’opinione pubblica di una nazione subito si trova qualcuno disposto a uccidere
e a sacrificare la vita per quella causa, anche se magari, passato un po’ di
tempo, questa viene superata dai fatti e la gente non la tiene più in nessuna
considerazione. Prendiamo ad esempio le guerre fra cattolici e protestanti nel
seicento europeo : per circa trent’anni non si poteva sopportare che
qualcuno professasse una dottrina diversa, alla fine non importava più niente a nessuno ma intanto un
sacco di gente era stata uccisa. Bisogna sempre trovare un nemico su cui
scaricare le colpe del nostro malessere esistenziale e delle ingiustizie
sociali. Sembra che noi amiamo la guerra
perché ci impedisce di guardarci dentro e di vedere il nostro lato ombra.
Hillmann, come dicevo nei post precedenti sull’argomento, ha scritto un libro
dal titolo significativo : Un terribile amore per la guerra. Le
motivazioni dunque sono spesso, palesi o nascoste, di natura religiosa, anche
perchè chi va in guerra e rischia la vita ritiene sempre di avere Dio o gli dei
dalla sua parte, le ragioni economiche spesso sono una scusa per giustificare la ferocia di una guerra. Ma allora che fare ? E’ inevitabile
questo precipitare nel pensiero dualistico amico-nemico ? A parer mio no ma cio’richiede un notevole
sforzo di educazione all’umiltà, alla pazienza, alla tolleranza e alla
comprensione che oggi, primo dell’anno dedicato dalla Chiesa alla Madre di
Gesù, ci ricordano che sono virtù femminili dimenticate dalla nostra cultura
sia pur detta cristiana e pur anche a volte dagli stessi movimenti femministi.
Allora si capirà che la violenza è stupidità e ignoranza ed essendo la causa di
natura religiosa con un processo omeopatico si dovranno usare le religioni per
guarire. La marcia per la Pace di Assisi, la città del Santo più olistico,
ecumenico ed evangelico insieme, dimostra quanto affermo. Riflettendo sull’
attualità del messaggio francescano e leggendo che, da quando il Papa ha preso il
nome del Santo Poverello, Assisi assiste ad un notevole incremento del turismo
religioso viene da chiedersi come mai in duemila anni certi passaggi dei
Vangeli sono stati trascurati dalla Chiesa fomentatrice nei secoli passati di
guerre terribili . Si afferma che il cristianesimo sia la religione
dell’amore ma quale esegesi dei Vangeli ha permesso la tortura, le persecuzioni, i delitti e le guerre ? In
nome di quale amore ? Francesco è una figura anomala o è la più corretta
corrispondenza tra la Parola e l’azione ? Ogni grande spiritualità insegna
il distacco dai beni materiali, dal potere, dalla fama e dagli onori. Vuoi vedere che è
proprio per evitare le guerre fratricide ? Quando il cristiano ascolta il
messaggio del suo fondatore , « Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non
come la dà il mondo, io la do a voi » (Giovanni 14/27)
comprende che questa condizione di pace è una totale rinuncia al
proprio Ego e quindi alle ragioni della guerra e un abbandonarsi
alla bellezza della vita ?
martedì 9 dicembre 2014
Ancora del grattacielo
Mia moglie mi ha passato questo articolo apparso sabato 6 dicembre su D la Repubblica che io certamente non avrei mai letto perchè scritto da Inès de la Fressange, modella e stilista francese. Tuttavia mi devo ricredere poichè ne condivido appieno quasi tutto il contenuto . Un elogio quindi alla brava autrice.Vuol dire, almeno penso, che alla fine c'è una verità e che forse una certa stampa sta occultando per favorire una ben nota economia speculativa che ruota intorno a grattacieli sempre più alti e sempre più costosi. Pare che l'altezza degli edifici, come scrive madame De la Frassange, continui a crescere e sia il simbolo della bellezza assoluta e della modernità tanto da scatenare in tutto il mondo,da Dubai, con la sua torre di 828 metri, a Shanghai, con la futura Bionic Tower di 1200 metri, la competizione fra gli archistar che realizzeranno il grattacielo più alto. Ma, scrive la Frassange: " Chi ha voglia di ritrovarsi ogni giorno al sessantaduesimo piano, in un open space? Non è forse più accattivante l'idea di una città con piccoli edifici di pietra o mattoni, loft, spazi verdi e buoni ristoranti con giardino?" Certo Ines, questo approccio alla città l'ho sempre sostenuto come si può leggere anche nel mo libro "L'altro architetto", Giampiero Casagrande Editore, che vi consiglio come regalo di Natale. Tra un tè e un pranzo potrebbe diventare una simpatica fonte di dibattito. Io comunque mi ritengo un architetto di "basse vedute" e sto ancora dalla parte di chi pensa che il grattacielo non ha un gran che di innovativo in un' epoca in cui si capisce l'importanza dell'ecologia. "Ma voi, durante un soggiorno a Parigi, preferireste alloggiare a Saint Germain des Près o negli edifici di vetro della Dèfense?" Domanda l'autrice dell'articolo citato. Io non ho dubbi preferirei alloggiare a Saint Germain ma anche se resto a Milano preferisco aggirarmi in Brera o tra le villette di via Lincoln, lì posso camminare ammirando terrazzini pieni di fiori che nonostante sia quasi inverno mostrano il meglio di sè. E voi?
lunedì 1 dicembre 2014
Lettera di Armando
Fiori allo specchio, olio su tela
A proposito degli sfratti e degli sgomberi di cui a Milano si discute e soprattutto si esegue, in attesa di EXPO, pubblichiamo la lettera di Armando pervenutaci prima del nostro convegno sull'emergenza abitativa del 10 novembre scorso. Esemplifica bene la situazione del diritto a una casa.
Milano 4.11.2014
Gentile direttore,
mi chiamo Armando e già dal mio nome potrà capire che le mie origini sono prettamente lombarde anche se questo dettaglio anagrafico è irrilevante di fronte a un problema che riguarda la casa e che coinvolge persone di diverse etnie ed età che vivono a Milano. Le chiedo innanzitutto scusa per non avere il coraggio di essere presente al suo convegno "Una casa per la vita" e di conseguenza per non avere la lealtà di guardare negli occhi il suo pubblico raccontando ciò che io ho provato di fronte all'umiliazione di uno sfratto. La scelta di scriverle, evitando di espormi a volto scoperto tra i suoi invitati, nasce dal fatto che fino ad ora ho cercato di proteggere la mia famiglia e soprattutto mio figlio che adoro e che ha già sofferto abbastanza a causa di alcuni momenti di smarrimento dei propri genitori.
Ho cinquant'anni anni, sono laureato in lettere moderne, non penso di essere nè vecchio nè giovane, anzi per una certa cultura sono ancora identificato come un bamboccione e forse, visti i fatti e vista la mia a volte ancora dipendenza economica e morale dai miei anziani genitori,ex insegnanti elementari, appartengo anch'io a questa ironizzata categoria. Ciò che voglio narrarle, affinchè possa essere utile a qualcuno che si trova nelle condizioni da cui io sono passato, riguarda lo sfratto dalla casa in cui ho abitato per circa dieci anni. Se chiudo gli occhi e ripenso a quel giorno in cui ho ricevuto dal tribunale l'intimazione di sfratto per morosità provo ancora un senso di inadeguatezza, accompagnato da vergogna, paura,senso di colpa, tormento, vuoto come quando si ha la sensazione che ormai la vita ha preso la strada dell'infelicità e nulla ha più senso . Premetto che sono religioso o, quanto meno, ho una mia religione ed è stata questa, insieme a quell'angelo di mia moglie, a far sì che il giorno stabilito per lo sfratto esecutivo non si traducesse in un appuntamento con la morte. L'appartamento in cui risiedevamo, situato in una zona semicentrale di Milano, era di circa settanta metriquadri e l'avevamo scelto insieme a Giovanna, mia moglie ingegnere, con l'entusiasmo di due ragazzini. Era piccolo e anche un po' scialbo ma aveva un delizioso terrazzino e questo raro dettaglio ci aveva convinti che, nonostante la richiesta da parte della proprietà fosse un po' altina, quello era il nostro nido, dopo tutto entrambi lavoravamo e pagare quell'affitto non sarebbe stato un problema. Per un certo numero di anni quella casa, che col tempo aveva assunto calore e sapore, era diventata il nostro luogo del cuore dove ci si ritrovava ogni sera a cena ad ascoltare i piccoli problemi del figlio che, mano mano, cresceva e dove le piante e i fiori del terrazzo mettevano radici sempre più lunghe come se ,allo stesso modo di noi, avessero pensato che lì avrebbero vissuto per sempre. Poi è subentrata la crisi, mia moglie che lavorava per una multinazionale ha perso il posto, io che avevo una piccola libreria indipendente sono fallito con la conseguenza, quasi immediata, di non poter più pagare l'affitto perchè quei pochi soldi che ancora avevamo da parte servivano per mangiare, per pagare le utenze e garantire almeno le cure mediche e scolastiche al figlio che cresceva. E' a questo punto che quella casa del cuore, tanto amata e che ormai profumava solo di noi, è diventata l'incubo delle nostre notti. Il proprietario, ricco immobiliarista con appartamenti in tutta Milano, in poco tempo ha scelto le vie legali e attraverso queste la congiura dello sfratto che, a poco a poco, ti toglie le forze perchè, nonostante tu sia incolpevole, non sai come uscire dalla tua morosità. Il proprietario dell'immobile diventa il tuo aguzzino, ti umilia, ti tortura diffidando di te e della tua buona fede, poi, in relazione alla legge in corso, ti sferra il colpo finale ottenendo l'intervento della forza pubblica e lo sgombero di quel nido che a tutti i costi cercavi di difendere. E' brutto dover lasciare così, con disperazione, quella che comunque era la propria abitazione, è brutto sapere che una tale mattina sfonderanno la tua porta e ti faranno lasciare tutto il tuo mondo, così com'è, dandoti l'opportunità entro due mesi di recuperare mobili e quant'altro, è brutto soprattutto spiegare tutto questo a un figlio adolescente e vedere che tua moglie soffre senza fartene una colpa e prova vergogna e rabbia verso una società dove è solo il denaro il sale della vita senza pensare che ci sono famiglie d'origine, come la mia e la sua, che avevano speso tutte le loro risorse economiche, con fatica ma soprattutto con orgoglio, per farci studiare e laureare.
Ecco, caro direttore, se vuole, visto che io al suo convegno non potrò esserci, per i motivi che ho esposto all'inizio, legga pure questa mia lettera, se lo ritiene, alla quale aggiungo un finale a sorpresa. Ce l'ho fatta ad evitare l'umiliazione dello sgombero grazie a un vero amico, uno di quelli che in questa società individualista è una perla rara. Lui contrariamente al mio ex padrone di casa, a cui avevo chiesto tempo e pazienza, mi ha dato fiducia prestandomi i soldi occorrenti per andare in un luogo nuovo dove ricominciare a vivere. Ora con mia moglie abitiamo a Chiaravalle, abbiamo trovato un bilocale grazioso e dignitoso che sembra portarci anche fortuna poichè Giovanna ha nuovamente un posto di lavoro e col suo guadagno stiamo sistemando le nostre pendenze economiche. Io invece, proprio in questo borgo, sto piano piano rinascendo e con l'aiuto di un frate aprirò presto un'altra piccola libreria. Siamo stati alla fine fortunati, mio padre dice sempre che quando meno te l'aspetti è la provvidenza ad aggiustare ogni cosa ed è quello che volevo ricordare a chi sta passando dalla mia stessa strada esortandolo a non perdere coraggio e soprattutto stima in se stesso. Infine vorrei dire poche parole ai suoi interlocutori: la casa, scrivono certi autori di livello, è come una seconda pelle immaginate il dolore quando te la strappano. Giovanna quando passiamo in macchina nelle vicinanze della nostra vecchia abitazione mi chiede ancora: "Fai un altro giro, mi mancano le mie piante". Grazie per avermi letto, un cordiale saluto. Armando
.
A proposito degli sfratti e degli sgomberi di cui a Milano si discute e soprattutto si esegue, in attesa di EXPO, pubblichiamo la lettera di Armando pervenutaci prima del nostro convegno sull'emergenza abitativa del 10 novembre scorso. Esemplifica bene la situazione del diritto a una casa.
Milano 4.11.2014
Gentile direttore,
mi chiamo Armando e già dal mio nome potrà capire che le mie origini sono prettamente lombarde anche se questo dettaglio anagrafico è irrilevante di fronte a un problema che riguarda la casa e che coinvolge persone di diverse etnie ed età che vivono a Milano. Le chiedo innanzitutto scusa per non avere il coraggio di essere presente al suo convegno "Una casa per la vita" e di conseguenza per non avere la lealtà di guardare negli occhi il suo pubblico raccontando ciò che io ho provato di fronte all'umiliazione di uno sfratto. La scelta di scriverle, evitando di espormi a volto scoperto tra i suoi invitati, nasce dal fatto che fino ad ora ho cercato di proteggere la mia famiglia e soprattutto mio figlio che adoro e che ha già sofferto abbastanza a causa di alcuni momenti di smarrimento dei propri genitori.
Ho cinquant'anni anni, sono laureato in lettere moderne, non penso di essere nè vecchio nè giovane, anzi per una certa cultura sono ancora identificato come un bamboccione e forse, visti i fatti e vista la mia a volte ancora dipendenza economica e morale dai miei anziani genitori,ex insegnanti elementari, appartengo anch'io a questa ironizzata categoria. Ciò che voglio narrarle, affinchè possa essere utile a qualcuno che si trova nelle condizioni da cui io sono passato, riguarda lo sfratto dalla casa in cui ho abitato per circa dieci anni. Se chiudo gli occhi e ripenso a quel giorno in cui ho ricevuto dal tribunale l'intimazione di sfratto per morosità provo ancora un senso di inadeguatezza, accompagnato da vergogna, paura,senso di colpa, tormento, vuoto come quando si ha la sensazione che ormai la vita ha preso la strada dell'infelicità e nulla ha più senso . Premetto che sono religioso o, quanto meno, ho una mia religione ed è stata questa, insieme a quell'angelo di mia moglie, a far sì che il giorno stabilito per lo sfratto esecutivo non si traducesse in un appuntamento con la morte. L'appartamento in cui risiedevamo, situato in una zona semicentrale di Milano, era di circa settanta metriquadri e l'avevamo scelto insieme a Giovanna, mia moglie ingegnere, con l'entusiasmo di due ragazzini. Era piccolo e anche un po' scialbo ma aveva un delizioso terrazzino e questo raro dettaglio ci aveva convinti che, nonostante la richiesta da parte della proprietà fosse un po' altina, quello era il nostro nido, dopo tutto entrambi lavoravamo e pagare quell'affitto non sarebbe stato un problema. Per un certo numero di anni quella casa, che col tempo aveva assunto calore e sapore, era diventata il nostro luogo del cuore dove ci si ritrovava ogni sera a cena ad ascoltare i piccoli problemi del figlio che, mano mano, cresceva e dove le piante e i fiori del terrazzo mettevano radici sempre più lunghe come se ,allo stesso modo di noi, avessero pensato che lì avrebbero vissuto per sempre. Poi è subentrata la crisi, mia moglie che lavorava per una multinazionale ha perso il posto, io che avevo una piccola libreria indipendente sono fallito con la conseguenza, quasi immediata, di non poter più pagare l'affitto perchè quei pochi soldi che ancora avevamo da parte servivano per mangiare, per pagare le utenze e garantire almeno le cure mediche e scolastiche al figlio che cresceva. E' a questo punto che quella casa del cuore, tanto amata e che ormai profumava solo di noi, è diventata l'incubo delle nostre notti. Il proprietario, ricco immobiliarista con appartamenti in tutta Milano, in poco tempo ha scelto le vie legali e attraverso queste la congiura dello sfratto che, a poco a poco, ti toglie le forze perchè, nonostante tu sia incolpevole, non sai come uscire dalla tua morosità. Il proprietario dell'immobile diventa il tuo aguzzino, ti umilia, ti tortura diffidando di te e della tua buona fede, poi, in relazione alla legge in corso, ti sferra il colpo finale ottenendo l'intervento della forza pubblica e lo sgombero di quel nido che a tutti i costi cercavi di difendere. E' brutto dover lasciare così, con disperazione, quella che comunque era la propria abitazione, è brutto sapere che una tale mattina sfonderanno la tua porta e ti faranno lasciare tutto il tuo mondo, così com'è, dandoti l'opportunità entro due mesi di recuperare mobili e quant'altro, è brutto soprattutto spiegare tutto questo a un figlio adolescente e vedere che tua moglie soffre senza fartene una colpa e prova vergogna e rabbia verso una società dove è solo il denaro il sale della vita senza pensare che ci sono famiglie d'origine, come la mia e la sua, che avevano speso tutte le loro risorse economiche, con fatica ma soprattutto con orgoglio, per farci studiare e laureare.
Ecco, caro direttore, se vuole, visto che io al suo convegno non potrò esserci, per i motivi che ho esposto all'inizio, legga pure questa mia lettera, se lo ritiene, alla quale aggiungo un finale a sorpresa. Ce l'ho fatta ad evitare l'umiliazione dello sgombero grazie a un vero amico, uno di quelli che in questa società individualista è una perla rara. Lui contrariamente al mio ex padrone di casa, a cui avevo chiesto tempo e pazienza, mi ha dato fiducia prestandomi i soldi occorrenti per andare in un luogo nuovo dove ricominciare a vivere. Ora con mia moglie abitiamo a Chiaravalle, abbiamo trovato un bilocale grazioso e dignitoso che sembra portarci anche fortuna poichè Giovanna ha nuovamente un posto di lavoro e col suo guadagno stiamo sistemando le nostre pendenze economiche. Io invece, proprio in questo borgo, sto piano piano rinascendo e con l'aiuto di un frate aprirò presto un'altra piccola libreria. Siamo stati alla fine fortunati, mio padre dice sempre che quando meno te l'aspetti è la provvidenza ad aggiustare ogni cosa ed è quello che volevo ricordare a chi sta passando dalla mia stessa strada esortandolo a non perdere coraggio e soprattutto stima in se stesso. Infine vorrei dire poche parole ai suoi interlocutori: la casa, scrivono certi autori di livello, è come una seconda pelle immaginate il dolore quando te la strappano. Giovanna quando passiamo in macchina nelle vicinanze della nostra vecchia abitazione mi chiede ancora: "Fai un altro giro, mi mancano le mie piante". Grazie per avermi letto, un cordiale saluto. Armando
.
giovedì 20 novembre 2014
Paesaggio in pericolo.
Borgo del Ponente Ligure, acquarello su carta.
Trent'anni sono trascorsi dalla pubblicazione di un mio libro redatto per conto della Regione Lombardia e con la collaborazione di vari esperti come Paolo Pastonesi, Enrico Banfi, Alfredo Pollini, Aldo Zurlini ed altri, un lavoro interdisciplinare su un pezzo di territorio molto delicato a nord di Milano verso Lecco, Montevecchia e il suo circondario, titolo dell'opera edita da Electa. Quel lavoro mi è stato recentemente ricordato da un professore dell'università di Ginevra in occasione dell'uscita del mio ultimo libro, L'altro architetto, uscito a febbraio con l'editore svizzero Casagrande. Perchè vi chiederete ricordo questo testo? Semplicemente perchè è una ricerca che cercava di dare una lettura sistemica al territorio abitato, cioè l'ecumene, interpretandolo come se fosse un palinsesto da decifrare per metterne in evidenza la complessità. Questo lavoro aprì la strada alla costituzione del Parco del Curone e Montevecchia che oggi costituisce un piccolo gioiello naturalistico al centro della Brianza ma non è questo che volevo ricordare. Il nostro intento era di mostrare come il territorio italiano fosse tutto un condensato di natura e storia di estremo interesse ed una zona apparentemente anonima, indagata in profondità, potesse mostrare aspetti di grande valore tanto da farne un luogo molto visitato da un pubblico eterogeneo, così da paragonarlo al Parco di Monza per numero di presenze domenicali. In questi trent'anni, nonostante il movimento e il partito dei verdi e l'ambientalismo ormai diffuso come coscienza, non è cambiato nulla per quanto riguarda il consumo del suolo e la prevenzione dei dissesti idrogeologici. Ogni anno abbiamo almeno un 'alluvione in qualche parte d'Italia, per non parlare delle frane. La politica non è stata in grado di porre in sicurezza il paesaggio italiano. Ogni governo considera i beni ambientali come una voce di secondaria importanza e il rilancio dell'economia per forza di cose deve passare attraverso l'attività edilizia. Così abbiamo continui assalti ad un equilibrio territoriale che ad ogni temporale mostra la sua fragilità. Inutile ricordare ai nostri governanti che l'Italia è il paese con più siti dichiarati Patrimonio universale dall'Unesco e che anche il turismo culturale è una risorsa notevole per un'economia intelligente. Ad ogni nuovo governo si spera sempre che ciò accada ma si rimane sempre delusi. Anche questo attuale formato da giovani rampanti, rottamatori di tutti, finisce per copiare i precedenti: accusano sempre gli altri e a parole risolvono tutto ma poi non fanno nulla per cambiare le cose e l'economia rimane ancorata all'attività edilizia ed alla cementificazione. E' da notare un paradosso per l'Italia: è il paesaggio più importante del pianeta da un punto di vista culturale ed ha la popolazione con meno cultura, rispetto agli altri paesi europei, uno su tre dei suoi abitanti è analfabeta di ritorno. Si legge meno che nel resto d'Europa e si investe meno nell'educazione. Gli insegnanti infatti sono i peggio pagati dell'UE. Abbiamo come conseguenza una popolazione mediamente ignorante che si lascia attrarre dalle sirene del populismo: Berlusconi giustamente diceva ai suoi che il pubblico televisivo, suo elettorato, andava considerato come un infante di dieci anni da trattare come tale. Vale a dire che abbiamo una popolazione che elegge i suoi rappresentanti con la pancia e non con la testa. Vedi dopo tangentopoli i Bossi, lo stesso Berlusconi, i Grillo e ora i Renzi. Abbiamo in sostanza i politici che ci meritiamo ma il paesaggio, che non è solo nostro, non li merita.
Trent'anni sono trascorsi dalla pubblicazione di un mio libro redatto per conto della Regione Lombardia e con la collaborazione di vari esperti come Paolo Pastonesi, Enrico Banfi, Alfredo Pollini, Aldo Zurlini ed altri, un lavoro interdisciplinare su un pezzo di territorio molto delicato a nord di Milano verso Lecco, Montevecchia e il suo circondario, titolo dell'opera edita da Electa. Quel lavoro mi è stato recentemente ricordato da un professore dell'università di Ginevra in occasione dell'uscita del mio ultimo libro, L'altro architetto, uscito a febbraio con l'editore svizzero Casagrande. Perchè vi chiederete ricordo questo testo? Semplicemente perchè è una ricerca che cercava di dare una lettura sistemica al territorio abitato, cioè l'ecumene, interpretandolo come se fosse un palinsesto da decifrare per metterne in evidenza la complessità. Questo lavoro aprì la strada alla costituzione del Parco del Curone e Montevecchia che oggi costituisce un piccolo gioiello naturalistico al centro della Brianza ma non è questo che volevo ricordare. Il nostro intento era di mostrare come il territorio italiano fosse tutto un condensato di natura e storia di estremo interesse ed una zona apparentemente anonima, indagata in profondità, potesse mostrare aspetti di grande valore tanto da farne un luogo molto visitato da un pubblico eterogeneo, così da paragonarlo al Parco di Monza per numero di presenze domenicali. In questi trent'anni, nonostante il movimento e il partito dei verdi e l'ambientalismo ormai diffuso come coscienza, non è cambiato nulla per quanto riguarda il consumo del suolo e la prevenzione dei dissesti idrogeologici. Ogni anno abbiamo almeno un 'alluvione in qualche parte d'Italia, per non parlare delle frane. La politica non è stata in grado di porre in sicurezza il paesaggio italiano. Ogni governo considera i beni ambientali come una voce di secondaria importanza e il rilancio dell'economia per forza di cose deve passare attraverso l'attività edilizia. Così abbiamo continui assalti ad un equilibrio territoriale che ad ogni temporale mostra la sua fragilità. Inutile ricordare ai nostri governanti che l'Italia è il paese con più siti dichiarati Patrimonio universale dall'Unesco e che anche il turismo culturale è una risorsa notevole per un'economia intelligente. Ad ogni nuovo governo si spera sempre che ciò accada ma si rimane sempre delusi. Anche questo attuale formato da giovani rampanti, rottamatori di tutti, finisce per copiare i precedenti: accusano sempre gli altri e a parole risolvono tutto ma poi non fanno nulla per cambiare le cose e l'economia rimane ancorata all'attività edilizia ed alla cementificazione. E' da notare un paradosso per l'Italia: è il paesaggio più importante del pianeta da un punto di vista culturale ed ha la popolazione con meno cultura, rispetto agli altri paesi europei, uno su tre dei suoi abitanti è analfabeta di ritorno. Si legge meno che nel resto d'Europa e si investe meno nell'educazione. Gli insegnanti infatti sono i peggio pagati dell'UE. Abbiamo come conseguenza una popolazione mediamente ignorante che si lascia attrarre dalle sirene del populismo: Berlusconi giustamente diceva ai suoi che il pubblico televisivo, suo elettorato, andava considerato come un infante di dieci anni da trattare come tale. Vale a dire che abbiamo una popolazione che elegge i suoi rappresentanti con la pancia e non con la testa. Vedi dopo tangentopoli i Bossi, lo stesso Berlusconi, i Grillo e ora i Renzi. Abbiamo in sostanza i politici che ci meritiamo ma il paesaggio, che non è solo nostro, non li merita.
martedì 4 novembre 2014
Locandina Convegno pubblico una Casa per la vita con Fondazione Cariplo,Comune Milano e le Cooperative
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