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domenica 4 ottobre 2020
giovedì 16 luglio 2020
venerdì 24 aprile 2020
Addio a un amico letterato
L'infinito, olio su tela
Caro Federico te ne sei andato cosi inaspettatamente dopo
che ci siamo sentiti al telefono in questo periodo di coronavirus che ci ha
costretti in casa. Erano ormai anni che seguivamo, Gabriella ed io, le tue
vicende di salute e contavamo che tu ormai ti fossi acclimatato con la tua
patologia, l’avessi in qualche modo compresa e accettata e dunque ci convivessi
bene per chissà quanti anni ancora e magari interpretandone il messaggio la
superassi. Non è stato cosi e un po’ di rabbia, debbo ammettere, questa tua
dipartita me l’ha lasciata. L’ultimo tuo commento al mio articolo, Coronavirus,
sul blog è finito con un accenno pessimistico a un Dio che ce l’ha con l’uomo
quindi nonostante la tua dichiarazione sorprendente di essere cattolico
cristiano, che non mi sarei aspettato, la tua divinità appartiene alla
tradizione dell’antico testamento o addirittura alla antica Grecia, il tuo
riferimento a Nietzsche lo attesta. Lui diceva che quel Dio era morto ma non
trovandone un altro è impazzito. Tu invece lo hai risuscitato nei panni del
punitore che manda le pandemie a una società corrotta, come a Sodoma e Gomorra.
Immagino che ora, dovunque tu sia, avrai svelato il mistero per cui ritengo
ininfluente che ti parli della mia concezione della trascendenza ma questo fa bene a me e quindi proseguo. Il
Nuovo Testamento, nonostante tutto, è un messaggio di amore che richiede
molteplici interpretazioni, la più accreditata è che Dio è amore e dunque si
veste della carne umana per indicare la strada della creatività e della vita
non quella della morte. Infatti, benchè ucciso dalla diffidenza, dalla paura e
dalla stupidità del Potere, risorge. Già
prima di Cristo i filosofi avevano detto che l’amore crea e l’odio distrugge,
Empedocle ad esempio, dunque è conseguente pensare che il Creatore non può che
essere creativo e quindi amante. Ne deriva che quando in te alberga l’amore,
sia verso te stesso che gli altri, sei simile a Dio ma, come affermano i
buddisti, in noi albergano, non so perché,
i semi di tutti i sentimenti, negativi e positivi, dunque dobbiamo
allenarci a sostenere quelli che ci fanno bene e lasciare inerti quelli che ci
danneggiano. Il messaggio cristiano può essere letto anche cosi: una strada per
star bene, in fin dei conti le Beatitudini sono questo. Del resto lo stesso
pagano Aristotele scriveva nell’Etica Nicomachea che le virtù sono per il bello
e quindi per la felicità. La psicoanalisi in tempi moderni ci ha abituati a
guardarci dentro e a scoprire l’inconscio, pieno di quelle cose che non ci
piacciono, cioè rabbia, paura, desiderio e cosi via, perché l’educazione ci ha
abituati a rimuoverle e con quello dobbiamo confrontarci. Quindi l’inconscio
collettivo della nostra società ipocrita e superficiale è una sorta di
ripostiglio dove stazionano le nostre forze distruttive che se non vengono
affrontate ci danneggiano, vedi la pandemia o la malattia. Il corpo è un
insieme di energia e informazioni e cosi la natura, il nostro corpo più grande,
e se questi messaggi sono cattivi ne
risentiamo anche a livello fisico oltre che psichico naturalmente. Ma sotto
tutto questo vi è uno strato originario di gioia pura, il nostro retaggio
divino. Per questo i bambini sono allegri e vivaci, loro sono più vicini a
questo fondo di verità, del resto il Cristo non dice forse: lasciate che i
bimbi vengano a me? Perdiamo questo stupore infantile e questa gioia
fondamentale quando sviluppiamo per paura un ego diffidente che si attacca alle
illusioni di felicità. Infatti tutte le tradizioni di saggezza, quindi anche il
Vangelo, non dicono forse che bisogna abbandonare le illusioni, cioè Maia, per
essere felici e costoro non vengono chiamati risvegliati, a indicare che in
realtà ritroviamo quello che in realtà già siamo? La favola dei fratelli Grimm “La
fortuna di Gianni” è emblematica. Venendo
a noi tu che eri un letterato e che hai scritto molto inseguendo un assoluto
attraverso l’amore per una donna che non trovavi mai, influenzato molto dalla
cultura romantica, non ti sei accorto forse che il tuo miglior personaggio è
stato Napoleone, il barbone dei giardini Montanelli che nell’Isola di Serifo, proprio
perché niente possiede, conduce tutta la compagnia di frustrati alla famosa
nuova terra. Credo dunque che tu sia andato
a cercare quest’ isola e spero l’abbia trovata ed abbia saziato la
nostra dotta ignoranza anche perché come ben ricordi Marcel Proust diceva che
il vero viaggio di scoperta non è quello di cercare nuove terre ma avere
nuovi occhi. Ciao Fede.
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giovedì 26 marzo 2020
Coronavirus
Nella lettera ai verdi sul
clima che ho scritto qualche mese fa e
che ha suscitato molto scalpore fra gli attivisti del movimento, con ventisei
commenti negativi e quattordici like, facevo una critica all'abuso della paura
dei cambiamenti climatici e soprattutto alla strumentalizzazione mediatica di
una adolescente di sedici anni, affermando che la terra è un sistema vivente ed
avrebbe trovato espedienti per ripristinare un equilibrio frantumato dall’
azione antropica predatoria dell’economia capitalista dopo la rivoluzione
industriale e che era necessario un nuovo umanesimo per superare il contrasto
uomo-natura di antica origine. Non immaginavo di essere profetico cosi a breve
termine e che questo espediente di riequilibrio si generasse cosi in fretta.
Infatti ritengo che la pandemia sia sostanzialmente una risposta della natura
alla rottura di questo equilibrio, una risposta alla mentalità meccanica e
rapace dell’economia di mercato e del conseguente consumismo spinto. Negli anni
ottanta definivamo la nostra civiltà occidentale la società del superfluo
cattivo, i nuovi paesi emergenti in questi anni per adeguarsi hanno, se
possibile, massimizzato questo spirito anti
ecologico e si sa che una massimizzazione dura in una struttura ad anello che
costituisce la caratteristica della mente umana, non chè della cultura e della
natura, trasforma un sistema ecologico che ottimizza tutti gli aspetti in
qualcosa che non funziona perché gli aspetti negativi non vengono più
compensati. Ora noi sappiamo che questa non è una mentalità di oggi, che questo
spirito di conquista e di sfruttamento è molto antico ma oggi è l’aggiunta
della tecnologia che ne ha fatto un potenziale distruttivo. Chi vuole
approfondire legga Verso una ecologia della mente di Gregory Bateson pubblicato
circa 40 anni fa. Ora a parer mio stiamo usando la stessa mentalità per
sconfiggere il virus massimizzando certi aspetti, come ad esempio l’isolamento,
la difesa, la disinfezione, la
sterilizzazione, le punizioni, l’ospedalizzazione coatta ecc. Come riprenderemo
a vivere normalmente quando nelle nostre menti si è inserito il germe della
diffidenza e della paura? Credo che in questo modo, passata la crisi, si dovrà
affrontare anche il problema della smilitarizzazione e del reinserimento dei
reduci come dopo una guerra. Ma questa non è una guerra e richiede invece
impegno a trasformare le storture che l’hanno generata ripristinando
l’equilibrio ma se non vi è la consapevolezza non ce ne è possibilità. Da anni
gli intellettuali più illuminati affermano che siamo al”punto di svolta”, negli
anni ottanta usci un libro del fisico americano Fritjof Capra con quel titolo ma
cosa è cambiato da allora? Nulla mi pare, se mai vi è stata un’accelerazione in
senso opposto di una economia interessata solo al profitto delle varie
multinazionali e una ulteriore spinta al consumismo. Credo dunque che passata
questa crisi si dovrà prendere in considerazione un nuova economia che accetti
l’ecologia umana, ecosofia, come guida
per migliorare e questo presuppone anche riscoprire la bellezza come fondamento
della natura che va rispettata. Ritengo che superata la pandemia ad esempio sia
necessario che i vari stati sovrani
rivedano i bilanci con il ridimensionamento delle spese militari a favore della
sanità e della ricerca. Il fatto poi che il virus sia di origine animale pone
anche la questione dell’alimentazione valorizzando scelte vegetariane. Siamo al
punto che il dopo o si caratterizzerà come un periodo di solidarietà
internazionale, facilitato anche dalle nuove tecnologie comunicative, per
cambiare approccio alla vita o si cadrà in un difensivismo nazionalistico che
rafforzerà la mentalità dualistica ed aggressiva provocando nuovi espedienti.
giovedì 23 gennaio 2020
Rigenerare le periferie
Pulire le scritte sui muri è un primo passo per la dignità di un quartiere (Baggio)
Il seguente scritto di Giovanni Poletti, ex presidente della cooperativa Abitare, sua relazione al nostro ultimo convegno sulla casa, rappresenta per noi la modalità giusta per operare una rigenerazione urbana.
Non è molto semplice
definire cosa sia la BELLEZZA legata alla casa ed al suo contesto.
In generale credo che ognuno abbia una
reazione diversa davanti alla BELLEZZA, e ritengo che queste diversità di
sensazioni siano ricollegabili ai differenti stati d’animo, ai problemi che ci
si porta addosso e alla complessiva situazione ambientale.
Ma se è impossibile
rispondere ai problemi personali è tuttavia attuabile una politica del BELLO,
inteso quale combinazione tra efficienza, funzionalità, qualità ambientale e
sociale e abitazione, ma non nel senso del rifugio, del fuggire, del
chiudere la porta blindata perché fuori il mondo è cattivo e mi vuole male.
Quando mai chi vive queste situazioni può vedere attorno a sé la BELLEZZA?
BELLEZZA vuol dire anche
armonia, ordine, direi buon gusto.
Si è vero, ma vediamo la
BELLEZZA attorno a noi quando c’è pulizia, quando i servizi tecnici del
caseggiato funzionano, quando il verde è ben tenuto, quando la raccolta
differenziata viene attuata correttamente, quando qualcuno interviene nel caso
di mancato rispetto del regolamento, quando si esce in strada e le buche
nell’asfalto vengono coperte, ecc….
Vengo a qualche cosa di più
concreto, convinto che qualsiasi intervento di risanamento, di riconversione al
BELLO, debba tenere conto di chi lo deve fruire e contribuire al suo
mantenimento.
Cambiare un citofono rotto,
cancellare scritte sui muri o sugli ascensori, avere paura a scendere in
cantina o quant’altro, senza accompagnare l’intervento risanatore con una
riqualificazione sociale, vuol dire riprodurre la malattia senza fare terapia.
Ovviamente non sto parlando
delle nuove bellissime costruzioni che mi riempiono di soddisfazione per la mia
Città, ma per le quali lascio ogni considerazione ad altri che interverranno
questa mattina.
Mi riferisco a quella
grande parte della Città che non fa parte del BELLO di Milano ed i cui abitanti
raramente sono nelle condizioni di vedere e godere del BELLO.
Ripropongo una sintesi del
Programma degli interventi già attuati su 1.700 abitazioni di una grande
Cooperativa Edificatrice, a Niguarda, oggi Coop. Abitare con 2.750 abitazioni,
a seguito della fusione con le Coop. Edificatrici di Affori e Dergano.
I problemi che si
presentavano erano i soliti, dopo anni di mancati interventi di manutenzione
ordinaria poi diventati ovviamente di straordinaria manutenzione. Conseguentemente
il comportamento degli abitanti denotava un certo distacco dalla Cooperativa e
dai suoi valori fondanti.
All’inizio del mio mandato
mi sono chiesto se veramente conoscessi le famiglie che vi alloggiavano e quali
fossero le loro attese, i problemi più acuti, le partite più in sofferenza.
Incaricammo due assistenti sociali di svolgere una ricerca mirata a tal fine
Contemporaneamente abbiamo svolto una indagine
sul patrimonio, sullo stato conservativo, ma con un occhio alle questioni più
critiche e come risolverle cogliendo l’occasione degli interventi programmabili
per fare un salto in avanti per la qualità dell’abitare.
In quel periodo la Lega
delle Cooperative del settore abitazione cambiò il concetto di Cooperativa di
Abitazione in Cooperativa di Abitanti. Questa non fu una mera variazione
lessicale, ma la base, la motivazione profonda di un radicale cambiamento della
strategia gestionale delle Cooperative.
Davanti ad uno strisciante problema
di impoverimento di quella cultura della partecipazione e della solidarietà, i
grandi pilastri degli ideali
cooperativi ci si rese conto che anche un valido programma di interventi sul patrimonio abitativo della Cooperativa
non era sufficiente ad invertire una rotta che ci stava portando diritto a
diventare un insieme di condomini litigiosi.
Una indagine del 1994 aveva
evidenziato che circa il 40% dei soci abitanti si era espresso positivamente circa
l’acquisto dei loro alloggi.
Era il segnale che il Corpo
Sociale, la Cooperativa si stava disgregando e che si doveva intervenire parallelamente
in diverse direzioni.
Decidemmo una operazione a
tenaglia: da un lato un esteso programma di interventi sul patrimonio edilizio,
quasi di riqualificazione e dall’altro un programma di rilancio, di
rafforzamento del tessuto sociale
Tema numero 1) il programma
di interventi sul patrimonio edilizio
Durata 15 anni, finanziamento
dei costi pari a 25 milioni di euro, con mutui venticinquennali, costi a carico
dei soci, sulla base della superficie degli alloggi, senza distinzione della
vetustà del quartiere, contributo a carico del bilancio della Cooperativa pari
al 15%.
Tutti iniziarono a
rimborsare i costi indipendentemente dalla
realizzazione degli interventi e dei loro costi.
Va rilevato che fu posta
grande attenzione alla qualità degli interventi con i seguenti punti di
forza:
- identificazione ed
eliminazione dell’amianto, nel rispetto delle vigenti normative. E non fu poca
cosa anche in termini di costi.
- cappotto
termico o insufflaggio per le facciate in rifacimento
-realizzazione di impianti
fotovoltaici per la produzione di energia elettrica su tutti i tetti
disponibili, con una produzione di 900
Kw di picco (contro una produzione italiana di 50.000 Kw.)
- aumento del verde in
misura del 20% e realizzazione di giardini con programmi pluriennali di
manutenzione
-ammodernamento delle
centrali termiche, con l’adozione di caldaie di ultima generazione e delle
pompe di calore
-piano di ammodernamento
degli ascensori.
- realizzazione in tutti i
quartieri di aree giochi per i bambini
- ammodernamento degli
impianti di ascensori realizzati in tutte le case.
Tema numero 2: attenzione
al Corpo Sociale
L’indagine espletata sul
corpo sociale valutando soprattutto le fasce più deboli o quelle situazioni
segnalate in difficoltà, mise in evidenza che il problema più grave era la
solitudine.
Causa primaria era lo
sfilacciamento dei rapporti familiari in particolare delle persone anziane; le
conseguenze erano il loro decadimento psico-fisico, con l’abbandono delle
terapie, la trascuratezza complessiva della persona e dell’alloggio.
Ci siamo chiesti cosa
mettere in campo per dare una risposta ai problemi evidenziati e più in
generale su quali basi rilanciare e rafforzare il tessuto sociale.
Abbiamo voluto scommettere
su due obbiettivi:
LA CULTURA E LA
SOCIALIZZAZIONE
PER LA CULTURA furono
realizzati il teatro della Cooperativa di via Hermada la cui programmazione
dopo 14 anni è più viva che mai e di alta qualità, con dieci posti di lavoro.
Il Centro Culturale di via
Hermada, dotato di una libreria con circa 10.000 volumi ed un posto di lavoro
L’edizione di un periodico
della Cooperativa inteso come “lavagna” a disposizione dei Soci
Spettacoli nei cortili
PER LA SOCIALIZZAZIONE, furono
realizzate in ogni quartiere, spazi dedicati alle attività sociali, con un
fondo cassa ed un coordinamento, gestiti direttamente dai Soci
Con la Caritas Ambrosiana è
in atto un servizio di trasporto dei Soci in difficoltà e bisognosi di
assistenza sanitaria o per l’espletamento di incombenze amministrative, ecc..
Queste le iniziative di alto
significato sociale ma anche espressione di una cultura cooperativa che si apre
al territorio con numerose iniziative:
ANZIANI:
- 900 anziani in difficoltà
affiancati da un programma di monitoraggio
- distribuzione pasti
caldi, servizio oggi effettuato dal comune.
- Monitoraggio e
prevenzione della legionella
- Case dell’acqua in ogni
quartiere
GIOVANI :
- realizzazione Centro
giovani
- assegnazioni alloggi a
studenti e rifugiati
DISABILI
-la realizzazione di un
Centro di assistenza per persone con disabilità anche non socie, gestito dalla
Coop. Diapason e situato all’interno di un nostro quartiere con 35 presenze quotidiane,
-l’assegnazione di alloggi
a particolari condizioni a Cooperative attive in ambiti della disabilità anche
psichiatrica.
In tutti i quartieri è presente
il servizio di portierato
Ogni tre anni sono rieletti
i Consigli di Quartiere
In sostanza l’obbiettivo di
fondo era LA PRESENZA CONCRETA DELLA COOPERATIVA là dove i bisogni erano più
significativi
In circa 20 anni di
attività delle nostre iniziative sociali anche aperte al territorio non abbiamo
mai dovuto registrare lamentele o mugugni da parte da parte degli abitanti.
Sottolineo che quanto sin
qui detto non erano buone idee ma precise e durature iniziative messe in atto.
DUE BREVI CONSIDERAZIONI:
Le ristrutturazioni alla
data odierna non hanno richiesto alcun intervento riparatore.
Le gare d’appalto non sono avvenute con la
regola del massimo ribasso, ma sulla base del miglior rapporto costi- benefici,
rispetto al capitolato di gara.
I risultati sul piano
sociale possono essere definiti buoni, ma non esaltanti. Le conseguenze della
crisi hanno inciso come in tutte le situazioni sui redditi delle famiglie e
conseguentemente sulla partecipazione e sulla disponibilità ad assumersi
responsabilità organizzative ed operative
Consentitemi alcune
annotazioni.
Siamo tutti consapevoli che
grandi aree da dedicare all’edilizia
residenziale non ci sono a meno che non le si voglia togliere al verde.
Fatto che non credo sia possibile, dopo la promessa del Comune di piantare tre
milioni di alberi.
Sappiamo che la popolazione
aumenta e presenta una domanda abitativa diversa al passato, molti diventano
cittadini a tempo determinato.
Sappiamo anche che una
larga parte dell’edilizia residenziale pubblica e privata è vetusta, anche in
condizioni disastrose rispetto ai parametri medi della sostenibilità tecnico -
ambientale.
Costruire in altezza
diventa una necessità, ma dà risposte al tema della residenzialità? Non risolve
i problemi anzidetti.
Diventa difficile parlare
di BELLEZZA, di ECOLOGIA in quelle situazioni.
ECOLOGIA vuol dire difesa
dell’ambiente, ovviamente non quello esistente in gran parte della Città,
dunque dobbiamo creare una nuova Milano. Si può sognare! ma chi guarda una
cartolina di Milano dieci anni fa ed oggi, nota una forte differenza.
Sogni? Cominciamo a non
fermarci allo Stadio di San Siro, ma mandare avanti la riconversione degli
scali ferroviari.
Mlano è la Città
dell’accoglienza, ma non può disporre di una normativa “ambrosiana” dell’integrazione
e questa assenza legislativa, ma soprattutto politica e culturale, non consente
di governare l’integrazione e l’insediamento degli immigrati. Anche per queste
situazioni bisogna creare opportunità di abitazioni anche miste. Capisco che i
sogni richiedono soldi. Ma sono problemi ormai inderogabili. A volte sul tema
casa ho la sensazione che tra la Regione ed il Comune di Milano esista una
conflittualità che ha tutta la parvenza di essere strumentale in vista delle
prossime elezioni amministrative, che avranno le periferie quale terreno di
scontro, peraltro non vedo un altro terreno di attacco all’attuale
Amministrazione comunale.
Bisogna recuperare nel
medio periodo un livello accettabile di sicurezza percepita. Estremizzando anche via Padova e viale Monza
potrebbero avere un quid di BELLEZZA se la sera la gente potesse passeggiare
senza paura.
Milano è una Città amabile,
dà grandi sensazioni, noi la vorremmo ancora più bella, più vissuta, con una
ampia armonizzazione centro/periferia. Il Comune sta attuando una politica più
rivolta alle periferie che nel passato, ma se non si risolvono certi nodi,
proprio legati alla casa, difficilmente potremo parlare di BELLEZZA in una
vasta parte della città.
Ma tutte queste buone
intenzioni sono sotto il coperchio dell’inquinamento. Si potrà parlare a lungo
di BELLEZZA se i fattori di inquinamento si aggravano sempre più, se Area C e B
sono pannicelli caldi che non risolvono il problema?
Viaggiando in superficie
con i mezzi pubblici salta agli occhi l’enorme numero di macchine ferme ai
margini delle strade riducendo le vie a sensi unici e determinando una media
delle velocità a minimi sopportabili. Un
problema enorme del quale non vedo la soluzione, ma sul quale auspicherei una
riflessione
Il fenomeno
dell’urbanizzazione di enormi masse di persone, sta facendo esplodere molte
grandi città. Inquinamento, differenze sociali, ghettizzazione dei poveri, si creano
situazioni esplosive, che in alcune realtà sono già ingestibili. Venti, trenta
milioni di individui che si accalcano continuamente, che si muovono a ritmi
frenetici non possono essere il futuro dell’umanità. Sembra peraltro
impensabile un ritorno alla campagna, alla montagna, al vivere bucolico.
Milano ha 1.400.000
abitanti ed è prevista in crescita per i prossimi dieci anni.
Le città come Milano sono
entità ancora governabili, ma certi fenomeni anche se si presentano con molta
minore violenza, ci devono far riflettere. E credo che ci stiamo attardando.
domenica 12 gennaio 2020
Gli alberi di via Bassini a Milano
Ho partecipato alla protesta per il taglio degli alberi in
via Bassini a Milano per i motivi seguenti. Milano è una città fortemente
urbanizzata, risulta essere, in Lombardia e in Italia, una delle ultime in
classifica per mq di verde per abitante (12,7 mq/ab contro 500/ab Sondrio). I
pochi parchi centrali, come in tutte le città storiche europee, sono i giardini
delle dimore nobiliari aperti al pubblico, il resto del verde si trova intorno
alle periferie, ma non dentro le periferie, grazie all’urbanistica dello
zoning, sono aree faticosamente sottratte alla speculazione edilizia. Questi
parchi esterni ben vengano per la CO2 ma a volte, se non vissuti, diventano
anch’essi dei non luoghi dove in certe ore vi è il deserto che attira chi
pratica attività illegali, vedi il bosco di Rogoredo per la droga. Dunque il
fazzoletto verde di via Bassini è tanto più prezioso in quanto si inserisce in
un’area semicentrale fortemente cementificata e viene fruito costantemente.
Bisogna inoltre ricordare che la funzione dell’albero non è solo quella di fare
da filtro agli inquinanti, ora certa architettura vorrebbe fare altrettanto con
le superfici di nuovi edifici, questa è una giustificazione scientifica che
corrisponde solo in parte alla necessità dell’albero in città, esso infatti ha
anche valenze simboliche ed estetiche che lo rendono un elemento assolutamente
integrato e coerente con la funzione dell’ abitare. Per Mircea Eliade, grande
storico delle religioni, “l’albero è arrivato al punto di esprimere tutto ciò
che l’uomo religioso considera reale e sacro per eccellenza”, anche i miti
sulla ricerca dell’immortalità mostrano un albero dai frutti d’oro. E’ un
organismo vivente che simboleggia la vita stessa, non si può abbatterlo senza
dare l’impressione del non rispetto per la vita, soprattutto poi in spregio
all’opinione degli abitanti, e dunque se accettiamo la definizione di
bellezza=rispetto per la vita, come affermo nel mio saggio del 2004 Ecologia e
Bellezza (Alinea editore) l’abbattimento denota scarsa attenzione alla qualità
urbana, quindi alla bellezza. Ho già scritto sul mio L’altro architetto
(Casagrande editore) che nelle aree urbane sarebbe meglio avere piccoli parchi
sotto casa che grandi esterni alla città perché la presenza di terreni non
impermeabilizzati oltre a permettere l’assorbimento della pioggia in estate
costituisce garanzia di temperature più miti e maggior circolazione d’aria. Ad
un mio articolo sulla Pietà di Michelangelo un lettore ha risposto: “Meglio un
albero”. Sono d’accordo solo in parte ma questo dimostra il valore che alcuni
gli danno. Non si può quindi tagliarli di soppiatto senza il consenso dei
cittadini. L’ambientalismo non è una moda ma una necessità e l’Istituto Uomo e
Ambiente se ne è fatto carico fin dal lontano 1984.
martedì 29 ottobre 2019
In ricordo di un amico che scompare
Infinito olio su tela 2008
Gaspare Lo Buglio era poco più che un ragazzo quando
partecipò alla fondazione dell’Istituto Uomo e Ambiente nel 1984. Era un
giovane architetto che veniva da Palermo e ci eravamo conosciuti all’Ipsia di
Lissone dove insegnavamo, lui si infervorò subito per le idee che allora andavo
mettendo a fuoco in merito alla necessità di rifondare l’architettura su basi
ecologiche, partecipò dunque all’atto costitutivo dell’associazione. Successivamente,
non ricordo i motivi, ci perdemmo di vista fin quando una decina d’anni fa si
presentò ad uno dei nostri numerosi convegni in Umanitaria e ricominciò a frequentarci.
Da allora è stato socio sostenitore ed ha partecipato alle nostre numerose
riunioni. Aveva un grande interesse per Leonardo da Vinci ed era diventato suo profondo
studioso e conoscitore. Raccontava di aver scoperto il nome della misteriosa modella per La
Gioconda e che ne avrebbe rivelate le prove in una esposizione che stava
preparando da lungo tempo. Lo andai a trovare dove abitava solo in modo molto spartano per scoprire i
suoi segreti ma era piuttosto riservato. Scoprimmo che amava una gattina che
gli faceva compagnia nel suo soggiorno bohemien. Lo scorso anno lo invitai a
tenere una relazione sull'armonia nell'ambito del convegno Sano, bello, felice
in architettura. Fu una rivelazione che piacque a tutti per la profondità e la
preparazione. Fra l’altro parlò della bellezza come antidoto alla guerra
mostrando i dipinti rinascimentali che ritraggono Venere e Marte dopo il coito
da cui nacque Armonia e mostrando come Venere riesca a domare Marte. Fu tra i primi a sottoscrivere il nostro Manifesto sul diritto alla bellezza naturale che presentammo lo scorso autunno. Ora se ne
è andato in silenzio a sessantasei anni improvvisamente, e misteriosamente come
aveva vissuto, nell'anno delle celebrazioni della ricorrenza della morte del
suo Leonardo da Vinci tanto amato lasciandoci un po’ tutti sgomenti e un po’ tristi
per non averlo forse pienamente compreso.
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