Le cronache degli ultimi giorni riportano gli
episodi giudiziari che coinvolgono i sindaci delle due principali città
italiane: Roma e Milano. E’ facile riflettere che la classe politica italiana
non é mai stata cosi sfiduciata. E’ di ieri l’episodio dell’aggressione di un
parlamentare da parte dei cosidetti “Forconi”. L’episodio è stato condannato da
tutti ma é un segnale inquietante della rabbia che serpeggia fra i cittadini
verso chi governa, fra rappresentati e rappresentanti. Anche l’Istituto del
Sindaco a elezione diretta con i casi suddetti mostra le corde e mette in
discussione il sistema delle scelte dei candidati, da parte dei partiti o dei
movimenti. Una società sana produce rappresentanti prestigiosi e capaci, una società
malata produce rappresentanti inadeguati. Il potere del resto fa gola a tutti
ma gli spiriti più evoluti non sono disposti a barattarlo con la propria onestà
e coerenza, ne consegue che in momenti di crisi valoriale vengano selezionati
quelli che invece sono disposti a tutto . Un proverbio napoletano recita:”
Comannà é meglio che fottere”, a sottolineare che da sempre il potere come possibilità
di comandare sugli altri dona piacere soprattutto agli sprovveduti, cioé quelli
che non hanno altre risorse intellettuali , morali o spirituali. Quando Mara
tento’ il Budda gli propose appunto di darsi alla politica. La stessa cosa fece
il demonio nel deserto quando tento’ il Cristo. In questa situazione dunque
rischiamo di mandare al potere il peggio della società, gli arrivisti, gli
impostori, gli arroganti e prepotenti, quelli che da sempre sono stati definiti
i cosidetti demagoghi. E veniamo ai due sindaci: ho già espresso in altro
scritto il mio parere sulla Raggi, troppo giovane e sprovveduta buttata li da
un movimento di protesta che sta dilagando proprio grazie allo scontento
generale della situazione descritta e che non ha certo avuto il tempo di
selezionare i propri quadri. Il sindaco
di Milano invece é un manager capace che
è stato in grado di organizzare Expo nei
tempi stabiliti e con grande successo. Sala dunque è uomo di prestigio con
esperienza e capacità che rischia di essere messo in difficoltà dalla
magistratura per gli appalti di Expo. Il potere giudiziario in Italia,, da
Tangentopoli in avanti, condiziona la politiica e questo é un altro segnale negativo
del rapporto malato fra cittadini e
delegati a rappresentarli. Anche i magistrati infatti non rinunciano al vizio
del protagonismo e dell’arrivismo usando gli avvisi di garanzia come armi per
colpire influenzando i mass-media che notoriamente costruiscono o abbattono
il consenso politico. In questa situazione si crea una grande confusione in cui
la gente finisce per odiare la politica e i suoi rappresentanti, manda al
potere chi non se lo meriterebbe e la selezione, anzicché la comunità, la fa la
magistratura che invece dovrebbe intervenire solo occasionalmente e in
silenzio. Si innesca cosi un clima di sospetto e di sfiducia verso questi
privilegiati che oltretutto godono di stipendi altissimi rispetto alla media e
questo, in periodo di crisi, é estremamente pericoloso. Cosi le riforme pur
necessarie le tentano personaggi non all’altezza e senza il prestigio
necessario per cui vengono bocciate. Il socialismo riformista purtroppo in
Italia ha sempre avuto vita difficile e non da ieri.
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domenica 18 dicembre 2016
martedì 22 novembre 2016
Degli scali ferroviari a Milano
Città ideale, acquarello e pastello su carta, 2006
Degli scali ferroviari a Milano
A Milano si dibatte sulla destinazione degli
ex scali ferroviari e vengono proposte varie ipotesi di utilizzo con indici di
edificabilità piuttosto alti in relazione alle richieste del prezzo di vendita
da parte delle FS. Il solito ragionamento è questo: siccome il valore delle
aree edificabili limitrofe è tot anche le FS è giusto che pretendano un
corrispettivo adeguato da parte del Comune. E’ assurdo che questo accada tra
due enti che avrebbero come scopo il servizio ai cittadini e il bene comune. Pare infatti che, forti di questo ragionamento
e sostenute dalla proposta della giunta Pisapia, bocciata in consiglio
comunale, di un alto indice di edificabilità le FS abbiano pensato bene di
affidarsi ad una agenzia che le mettesse sul mercato.
Sarebbe opportuno ricordare alla proprietà che il valore delle aree non
viene generato da loro azioni sul territorio ma dallo sviluppo che il Comune ha
programmato. E’ lunga la storia della regolamentazione del valore aggiunto in
urbanistica e non siamo ancora giunti alla fine in assenza di una chiara legge
dei suoli. Negli anni 60 e 70 il CIMEP espropriava a prezzi agricoli i terreni
per costruire edilizia convenzionata e popolare perchè la cultura dell’epoca
indicava il valore aggiunto dei terreni edificabili non un diritto della
proprietà ma un di più generato dalle scelte del Comune che in qualche modo
attraverso gli oneri di ubanizzazione doveva tornare a lui. Non stiamo a
sottolineare le storture e le deroghe a tale prassi. Ricordo per inciso il
dibattito che genero’ l’istitutzione dei PPA, ovvero piani pluriennali di
attuazione, che temporalizzavano la realizzazione del piano regolatore in
ragione proprio del fatto che non era un
diritto del privato il valore aggiunto. In seguito ovviamente sono stati aboliti. La giurisprudenza infatti
é riuscita ad avvallare il diritto dei proprietari di essere rimborsati, in
caso di esproprio, al prezzo di mercato che é quello di scambio anche se il
valore dipende dalle scelte del PGT. Cosi la gran parte dei proprietari
espropriati ha fatto causa al Cimep e sono stati rimborsati. Siamo arrivati
dunque all’uso in urbanistica della compensazione per mettere tutti sullo stesso
piano, in sostanza l’esproprio è diventato una contrattazione fra il privato e
il Comune, un baratto: io ti do una cosa a te tu dai una cosa a me . Questo in
teoria per non generare disuguaglianze fra i vari proprietari quando la legge
stabilisce che in caso di esproprio per pubblica utilità vanno rimborsati al
prezzo di mercato delle aree. Tutto cio’ a livello dei privati ma qui
trattandosi di enti pubblici la cosa è diversa, in buona sostanza ambedue gli
enti dovrebbero avere come scopo il bene pubblico e quindi rispondere
adeguatamente ai bisogni dei cittadini. Questi ultimi vanno indagati con
serietà, fuori dalle diatribe dei partiti e, una volta individuati, dovrebbero
fare da base alle scelte urbanistiche. Uno di sicura notorità é il bisogno di
bellezza. Ora é evidente che in una città cosi densamente edificata con
periferie trascurate, spesso disagiate e cosparse di non luoghi, questo bisogno
si traduce in necessità di natura e
risulta pregnante anche in relazione alle sondabili richieste dei cittadini e
dei comitati. Un’altra domanda palese é
quella di case a bassi costi e prevalentmente in affitto. Le cifre mostrano
chiaramente la situazione, basta guardale: il numero di sfratti per morosità
sempre più alto, i senza fissa dimora, il pendolarismo e i giovani obbligati a
vivere nella casa dei genitori ecc. Una cosa invece di cui non si sente proprio
il bisogno sono nuovi interventi speculativi in un momento in cui l’invenduto
del mercato immobiliare è a livelli piuttosto consistenti. E’ inevitabile
quindi suggerire, come è già stato fatto da diversi autori, la destinazione a
parchi con una modesta quota di edificabile all’intorno, prevalentemente in
housing sociale, inframmezzato da poca edilizia di libero mercato che
servirebbe ad incamerare gli oneri di urbanizzazione e a creare quel mix sociale
tanto auspicato dalla letteratura urbanistica. E’ importante sottolineare pero’,
come dicevo in altro scritto, che questi parchi vengano progettati e
realizzati con cura in contemporanea con
le costruzioni ai margini puntando sulla qualità altrimenti si rischia il
degrado. Questa dovrebbe essere la
proposta dell'amministrazione comunale
alle FS che essendo un’azienda statale non dovrebbe comportarsi come un privato
e tendere al proprio guadagno e non al benessere dei cittadini, ricordando che il plus valore è generato dalle scelte
comunali.
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giovedì 10 novembre 2016
Elezioni americane
Fiori allo specchio, olio su tela 2013
Poiché tutti
commentano la sorpresa della vittoria di Donald Trump alla corsa per la Casa
Bianca cerchero’anch’io di dare una interpretazione a questo evento. Ho già
scritto su questo blog nel 2013 un post su la politica ai tempi della
televisione che poi è stato pubblicato anche su Corriere online. In sostanza
lamentavo nelle democrazie occidentali ipermediatiche la scissione fra i
cittadini e la rappresentanza politica. In tempi in cui i mass media erano
molto ridotti la elaborazione teorica avveniva nei circoli e nei salotti borghesi
e trovava uno sbocco attraverso il passaparola di attivisti che si assumevano
il compito di divulgare il nuovo messaggio. Basti pensare ai rivoluzionari
russi piuttosto che al nostro Mazzini che dalla clandestinità influenzava l’azione
di migliaia di giovani. Esisteva cioé un rapporto diretto fra la elaborazione
delle idee politiche e la loro applicazione. In regime di sovrabbondanza dei
media, soprattutto la televisione,che vengono manipolati
da gruppi di potere interessati si ha un allargamento dell’informazione ma
al contempo un abbassamento del livello
di autonomia intellettuale. In sostanza veniamo trasformati da cittadini in
consumatori passivi e la politica diventa marketing televisivo, come qualsiasi
prodotto di consumo.Le elezioni americane sono un esempio emblematico di quanto
detto infatti i candidati investono molto in spot pubblicitari e usano a
dismisura il mezzo televisivo per autopromuoversi, il sostegno di media é
essenziale per la campagna presidenziale. Tutta questa organizzazione del
consenso a volte infastidisce e mostra l’arroganza tipica del potere di
sostituirsi in toto all’opinione reale della gente che, benchè anestetizzata, tuttavia
non è stupida e qualche volta reagisce in modo imprevedibile. Nel caso suddetto
Hillary aveva il sostegno di tutti i media ma ha perso proprio perchè non
piaceva, troppo immersa nell’apparato, e vi è stata una sorta di ribellione al
cosidetto establishement. Non è che Trump non sia un prodotto televisivo, lo è
e come, tuttavia dà l’impressione di
essere più originale e fuori dalla casta politica. Interpreta insomma l’istanza
di rinnovamento che serpeggia nei cuori della gente costretta a subire le decisioni
più che partecipare a prenderle. E’ chiaro che ambedue i candidati non sono che
burattini nelle mani dei poteri economici. Come dicevo a proposito del
berlusconismo lo spirito di un’epoca trova poi il modo di incarnarsi in un
soggetto che si trova nel posto giusto al momento giusto ed è spinto dalla sua
divorante ambizione. Tump oggi é l’espressione di questa esigenza di più
fantasia al potere, speriamo che riesca a stupirci.
mercoledì 26 ottobre 2016
Dei parchi urbani
Giardimi Montanelli, acquarello su carta, 2009
Vedo sui giornali che
a Milano si dibatte molto intorno alla destinazione a verde degli ex scali ferroviari ed anche di altre aree,
come se questa destinazione in se costituisca una panacea di tutti i mali della
città. Ecco cosa scrivevo a proposito dei parchi su L’altro architetto.
Il problema del verde
in città è annoso e si trascina dalla prima rivoluzione industriale. In genere
nella città europea i parchi centrali sono i giardini dei palazzi nobiliari di
un tempo, che sono diventati pubblici. All’esterno sono invece aree faticosamente
sottratte alla speculazione edilizia e attrezzate per il tempo libero. Ora, non
è detto che grandi aree verdi, a parte il benefico effetto sul clima urbano,
siano luoghi di delizie: occorre che prima di tutto vi sia una buona
sorveglianza, i quartieri che vi si affaccino non siano solo malfamati, e che
quindi il parco non diventi a sua volta un non-luogo, abbandonato in certe ore
del giorno. Esso va vissuto. Sarebbe meglio avere tanti piccoli giardini che
non grandi parchi che nessuno gode. I grandi parchi dovrebbero funzionare come
oasi del continuum costruito, dove chi vuole può avere la possibilità anche di
praticare l’agricoltura e coltivarsi un orto: allora si avrebbe una presenza
continua di persone che tornano alla natura per lavorare la terra come un
tempo, con una produzione di frutti che può costituire una risorsa. Del resto
anche il paesaggio agrario che circonda le aree urbane ha una sua nobiltà
storica, che dovrebbe essere difesa. Vivendo nelle città, spesso, ci
dimentichiamo che è dalla natura che scaturisce la vita, anche la nostra, e
quindi il sentimento legato alla bellezza, che ce la fa scoprire, si rivolge in
primis a lei, se accettiamo la definizione: bellezza uguale rispetto per la
vita. La natura quindi è bella in quanto, per dirla con i Greci, è
manifestazione di cosmos, ovvero dell’estetica dell’essere. Tuttavia in natura
vigono le differenze: ogni organismo e luogo hanno un loro potenziale
energetico relativo alla loro funzione nel sistema. Certi organismi noi li
vediamo brutti perché li togliamo dal loro contesto vitale e proiettiamo su di
loro le nostre parti poco gradevoli. Alla domanda se, allora, sia bella solo la
natura, si può rispondere che è bella la natura, ma è altrettanto bella la
produzione artistica in chiave ecologica. Ecco perché i giardini, i parchi e
gli alberi nelle città ingentiliscono e umanizzano panorami artificiali a volte
squallidi e costituiscono una componente estetica non indifferente nelle aree
abitative e lavorative. Da L'altro architetto . Giampiero Casagrande editore
venerdì 30 settembre 2016
Ancora di periferie
L'albero dei poeti, acquarello su carta 2011
Perchè è cosi
difficile risanare le periferie? Come già esposto in un mio recente articolo è
stata la prima rivoluzione industriale a generare i grandi agglomerati
periferici, in Francia chiamati banlieues.Le fabbriche si sono stabilite fuori
dalle mura della città storica ed hanno pompato manodopera, dalle campagne
prima, dai paesi sottosviluppati e dal terzo mondo poi, che avendo necessità
abitative ha obbligato amministratori e imprenditori a costruire case nel
circondario. Quando le fabbriche si sono trasferite, nel processo di
terziarizzazione della città, sono rimaste le case con i grandi buchi delle
aree ex industriali. Queste abitazioni naturalmente non brillano per qualità e
soprattutto spesso mancano delle infrastrutture necessarie che l’amministrazione pubblica o i privati
lasciano in sospeso per anni. E’ emblematica la questione dei problemi legati
all’igiene edilizio nella fine ottocento in Inghilterra e da noi nella prima
metà del secolo scorso.Molte volte questa situazione è durata per diverso tempo
tanto da far crescere due o tre generazioni di abitanti in situazioni precarie.
Questa realtà ha provocato e approfondito il solco che separava e separa i
diseredati dai privilegiati, ovvero i poveri dai ricchi, oggi in regime di
globalismo e di sviluppo dei trasporti è più profonda la disuguaglianza fra
periferia e centro di una stessa città che tra paesi diversi. Teniamo presente
che ormai il termine “periferico”si applica a tutto cio’ che viene trascurato.
Infatti la casualità e l’abbandono, oltre alla trascuratezza, sono lo stigma di
queste conurbazioni dove regna il disprezzo per la vita comune. Plotino
affermava che è brutto cio’ che la nostra anima trascura, cioè senza cura, è evidente dunque che le categorie del brutto le troviamo prevalentemente in
periferia. Naturalmente cio’ non è sempre vero ma nell’immaginario comune è
cosi. Ora per rendere il brutto bello occorrono primariamente da parte del
soggetto pianificatore cura, attenzione e amore ma non è semplice in una
popolazione abituata da sempre al brutto. La cura è qui intesa come esecuzione
a regola d’arte, l’attenzione è il contrario di negligenza e disattenzione, nel
nostro caso rispetto al sito e all’utenza, il risultato migliore essendo sempre
quel manufatto che si potrebbe considerare come se fosse sempre esistito: cioè
che finisce per arricchire e completare un luogo. Infine l’amore è quindi una
volontà che inserisce il proprio fare in una finalità di benessere e rispetto
per la vita. Queste qualità soggettive si sostanziano poi negli oggetti in ordine, equilibrio, eleganza e coerenza.
Vi pare che queste siano condizioni facilmente raggiungibili? A volte occorrono
decenni per invertire la tendenza al degrado, non bastano interventi episodici
calati dall’alto e nemmeno abbattimenti a volte necessari. Torno a ripetere
quanto affermato in un mio precedente scritto e nel mio libro, “L’altro
architetto”, che la presenza del verde, nel senso di giardini ben curati,
alberi, fiori ed elementi vegetali puo’ aiutare a invertire la tendenza al
degrado perchè la loro bellezza, frutto della cura, è fortemente contagiosa,
come anche curare l’arredo urbano che denota ordine e presenza dell’autorità,
senza considerare il risanamento delle case i cui abitanti sono affetti da sick
building sindrome, sindrome da edificio malato, pare che il 20% del patrimonio
immobiliare italiano sia costruito con materiali che creano questo problema.
Senza fare i soliti proclami di interventi magniloquenti da affidare al solito
archistar di turno cominciamo da qui.
Queste note sono tratte dal libro L'altro architetto che verrà ripresentato il 7 ottobre ore 17 a Bordighera all'Istituto internazionale di Studi Liguri via Romana 39
Queste note sono tratte dal libro L'altro architetto che verrà ripresentato il 7 ottobre ore 17 a Bordighera all'Istituto internazionale di Studi Liguri via Romana 39
mercoledì 14 settembre 2016
Assisi città della pace
Bouquet di rose inglesi, acquarello su carta
Assisi capitale della
pace da domenica 18 a martedi 20 settembre. Leggo sui quotidiani che 450 capi
religiosi si trovano nella città di San Francesco per promuovere la pace.
Iniziativa ormai alla trentesima edizione, visto che fu istituita da Giovanni
Paolo II nel 1986, raccoglie molti consensi e contraddice chi afferma che sono
le religioni a scatenare le guerre. E’ vero che nel passato vi sono state
guerre combattute per motivi religiosi ma il fondamento è sempre la ricerca del
potere e del prevalere gli uni sugli altri in un pensiero dominante dualistico
che divide l’umanità in amici e nemici. Questo non succedeva solo per le
religioni ma altresi per le patrie intese come qualcosa di assoluto che
alimentava la competizione fra gli esseri umani. In verità le guerre vengono
scatenate dalla volontà di potenza. Giustamente François Mauriac affermava che Nietzche
è il filosofo del senso comune infatti le nostre abitudini fomentano la volontà
di potenza. Vogliamo essere i migliori, i più bravi i più più di tutto e non ci
sentiamo mai appagati, creando cosi il conflitto in noi e con gli altri. Nella
psicologia buddista si afferma che in noi coabitano i semi di tutto, della
gioia e della solidarietà come della paura e della rabbia, queste sementi sono
a livello conscio o inconscio, sotterraneo, bisogna alimentare i semi positivi
della creatività, della concordia e della felicità anzicchè quelli negativi
dell’odio e della paura. L’iniziativa di Assisi va vista in quest’ottica perchè
purtroppo noi viviamo in un mondo che innaffia continuamente sentimenti
negativi attraverso la continua competizione e la continua esaltazione di
bisogni fittizi che ingigantiscono il sentimento
della mancanza. Il consumismo è alla base della nostra economia e ci rende
perennemente scontenti, la sobrietà invece puo’ essere felice in quanto non
alimenta continue mancanze ma si soddisfa del poco. Se mettiamo insieme volontà
di potenza e sentimento della mancanza abbiamo l’esplosivo che scatena le
guerre. Del resto una econonomia che si sostiene anche con la produzione di ordigni
bellici non puo’ essere cosi ipocrita da pretendere la pace. Ho già scritto di
Kant che diceva essere presupposti per una pace perpetua un organismo
internazionale riconosciuto per dirimere le contese fra stati e l’abolizione
degli eserciti permanenti. Queste sono due condizioni utopiche ancora lontane
da essere raggiunte nonostante l’Onu. E’ comunque bene che i capi religiosi si
riuniscano nel nome della pace ad Assisi, città bellissima e patria del Santo
più amato, per i motivi che dicevamo e perchè la vicinanza della bellezza puo’
essere un antidoto alla guerra, Venere disarma Marte ma bisogna passare dalla
filosofia dualistica dell’essere e del non essere a quella unificante dell’interessere.
Francesco infatti cantava:”Dolce è sentire che non sei più solo ma che fai
parte di una immensa vita”.
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sabato 6 agosto 2016
Guerra di religione?
Grimaldi, confine italo-francese, acquarello su carta.
Oggi il Corriere
della Sera riporta un articolo di Antonio Polito dove si afferma che gli atti
terroristici dei fondamentalisti dell’Isis sono una guerra di religione
contrariamente a quanto afferma Papa Franncesco che dice essere una guerra a
episodi ma non di religione. Personalmente ritengo che abbia ragione il
Pontefice. Bisogna infatti analizzare il significato di religioso e di
religione. I vocaboli derivano da religo che in latino significa legare
insieme, unificare, ho affermato in altro contesto l’uomo essere animale
religioso, cioè sempre alla ricerca di unità e trascendenza, religione è
l’insieme delle pratiche e dei riti per soddisfare questi bisogni. Le
religioni, a volte, legandosi con il potere strumentalizzano cio’ ai fini del
dominare. Questo giustificherebbe
l’affermazione di Marx che la religione è l’oppio dei popoli ma esiste un
fondamentale sentimento dell’animo umano anche per chi si dichiara laico o
ateo. Non necessariamente si è religiosi perchè si aderisce a una fede o a un
credo. L’uomo religioso è l’uomo profondo, quello che va aldilà delle
contingenze del mondo. “Vi do la pace, la mia pace, non come la da il mondo” è
un’affermazione evangelica che traduce bene il senso di tutto questo. L’uomo
religioso, che aderisca o no a una religione, non puo’ essere un uomo di
guerra. Dunque ne consegue che la guerra non è di religione. La guerra è una
folle conseguenza del desiderio di potere, non puo’ essere di religione ma puo’
essere uno scontro tra due Fedi, quando queste sono superficialmente prese come giustificazione al
nostro dualismo e dicotomia di pensiero e alla nostra esigenza di dominio. Dio
allora è una proiezione del nostro odio e desiderio di vendetta verso chi
abbiamo scelto come nemico perchè si oppone alla nostra mania di grandezza e di
potenza. Hillman giustamente osservava che dopo Auschwitz il Dio dell’Antico
testamento era morto. Ora pare che sia risorto con l’Isis
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